SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B.L. ha impugnato l’avviso di accertamento emesso ai fini IRPEF e ILOR con il quale è stato rettificato il reddito di impresa relativo all’anno 1990 sulla base di un processo verbale di constatazione dal quale risultava che il contribuente aveva acquistato dalla ditta TOGNINI Giuliano merce non fatturata.
È stato altresì impugnato l’avviso di rettifica che l’ufficio IVA aveva notificato sulla base dello stesso verbale.
La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i ricorsi, li ha respinti.
La Commissione Tributaria Regionale ha per contro accolto l’appello del contribuente contestando che la prova degli acquisti senza fattura potesse desumersi, come invece era stato fatto, dalle dichiarazioni rese da dipendenti della ditta Tognini in un giudizio civile vertente tra la medesima e il B..
Ricorre per cassazione l’Amministrazione deducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, e D.P.R. n. 632 del 1973, art. 54, nonchè difetto di motivazione, per avere la Commissione Tributaria Regionale disconosciuto qualunque valore probatorio in ambito tributario alle testimonianze rese in un processo civile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso con cui l’Amministrazione censura l’errore in diritto compiuto dalla Commissione Tributaria Regionale laddove nega qualunque rilevanza alle prove testimoniali raccolte in un procedimento civile è fondato.
È giurisprudenza costante della Corte quella secondo cui se è vero che nel giudizio tributario la prova testimoniale non è ammessa deve comunque ritenersi non precluso l’utilizzo di dichiarazioni rese ai verbalizzanti come elemento indiziario utilizzabile nella misura in cui trovi conferma in ulteriori elementi di prova. Di ciò si trova riscontro nelle enunciazioni secondo cui “In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, (così come nel precedente D.P.R. n. 636 del 1972, art. 35, comma 5, nei testo introdotto dal D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 23), non può essere utilizzata prova testimoniale (per testimonianza intendendosi la narrazione di fatti della controversia compiuta da un terzo innanzi ad un giudice, nel contraddittorio delle parti). È viceversa consentito – come accaduto nella specie desumere elementi di prova (anche) dalle dichiarazioni confessorie rese da un terzo, richiamate nel rapporto della Guardia di finanza prodotto in giudizio e, quindi, liberamente valutabili dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento, non sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente e non illogicamente motivato” (Cassazione civile, sez. trib., 02 novembre 2005, n. 21268) e “In tema di contenzioso tributario, le dichiarazioni di terzi raccolte dai verificatori ed inserite nel processo verbale di constatazione non hanno natura di prova testimoniale, bensì di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative, che possono essere utilizzate quando abbiano trovato ulteriore riscontro nelle risultanze dell’accesso diretto dei verbalizzanti e non siano specificamente smentite dalla controparte. Nè è con ciò violato il principio della cosiddetta “parità delle armi”, di cui all’art. 111 Cost., atteso che in forza di quanto affermato dalla Corte cost. con sentenza n. 18 del 2000 – anche il contribuente può produrre documenti contenenti dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, con il medesimo valore probatorio” (Cassazione civile, sez. trib., 29 luglio 2005, n. 16032; conforme: Cassazione civile, sez. trib., 15 aprile 2003, n. 5957).
Tale orientamento emergeva già, peraltro, dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale che aveva chiarito che la possibilità di acquisire dichiarazioni di terzi non contrasta con il principio di eguaglianza “perchè il valore probatorio di dichiarazioni siffatte è solamente quello proprio degli elementi indiziari, che, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione” (Corte costituzionale, 21 gennaio 2000, n. 18).
Ma se le dichiarazioni rese all’ufficio o alla Guardia di Finanza hanno un valore quantomeno indiziario non può certo negarsi almeno un pari valore alle testimonianze rese in un processo civile che vengono assunte con le garanzie del contraddittorio (ed è irrilevante sotto questo profilo che il contribuente sia parte del giudizio, come pure è avvenuto nella fattispecie) e la cui attendibilità è presidiata da idonee sanzioni.
Se pure, dunque, alle prove testimoniali in tal modo assunte non può attribuirsi lo stesso valore nel giudizio tributario, a ciò ostando il chiaro dettato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, alle dichiarazioni in tal modo rese deve tuttavia attribuirsi un rilevante valore indiziario che se deve trovare conferma in altri elementi di giudizio non può neppure essere liquidato come irrilevante sulla base della sola contestazione del contribuente.
Poichè nella fattispecie esisteva un materiale probatorio costituito da buoni di consegna che l’ufficio assumeva essere quelli relativi alla merce acquistata senza fattura e le dichiarazioni testimoniali confermavano la circostanza sarebbe stato onere della Commissione Tributaria Regionale affrontare la questione e valutare l’attendibilità delle dichiarazioni alla luce del materiale probatorio in atti.
Poichè invece il giudice a quo ha escluso in radice ogni rilevanza alle dichiarazioni per il solo fatto di essere state raccolte in un giudizio civile in cui non era parte l’Amministrazione e vertente su domanda attinente a questioni non si rilevanza pubblicistica circostanze queste del tutto irrilevanti, la motivazione risulta viziata e la sentenza deve di conseguenza essere cassata con rinvio della causa, anche per le spese, ad altra sezione della stessa Commissione Tributaria Regionale per il giudizio di merito di competenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana.