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Cassazione civile, sez. tributaria, 12 luglio 2018, n. 18392

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano18 Agosto 2018Aggiornato il:18 Agosto 2018
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Cassazione civile, sez. tributaria, 12 luglio 2018, n.18392

Fatto

N.M. proponeva appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale con la quale era stato respinto il ricorso volto ad ottenere l’annullamento della cartella di pagamento con la quale era stata recuperata la metà delle detrazioni di imposta per carichi familiari per l’anno 2004.
Deduceva, in particolare, che sulla base del provvedimento di separazione con la moglie, egli era tenuto a corrispondere in via esclusiva l’assegno a favore del coniuge per il mantenimento dei figli e che, di conseguenza, egli solo aveva diritto alla detrazione prevista dalla legge.
L’Agenzia delle Entrate replicava che la detrazione prevista dalla legge prescindeva dall’ammontare della contribuzione e che anche il coniuge separato dell’appellante aveva chiesto di poter godere della metà della detrazione, considerato che il provvedimento del Tribunale poneva a carico di entrambi i genitori l’obbligo di mantenimento dei figli.
La Commissione tributaria regionale respingeva l’appello, motivando che il provvedimento adottato dal Tribunale, che affidava i figli anche alla moglie, determinava un obbligo di mantenimento dei figli a carico di entrambi i coniugi, anche se la moglie dell’appellante non era tenuta al versamento diretto di un assegno per il semplice fatto che i figli erano con lei conviventi.
Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione N.M.A., con tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..
L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine della eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa.
Diritto

1. Con il primo motivo il ricorrente, premesso di essere consensualmente separato dal coniuge, L.M., a seguito di accordo raggiunto alla udienza del 12.3.97 dinanzi al Tribunale di Verona, censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento agli artt. 1362,1363,1368 e 1371 c.c., nonché per omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Evidenzia che dal tenore letterale dell’accordo di separazione si rileva che:
– l’affidamento dei figli è stato attribuito alla madre, la quale doveva provvedere al loro mantenimento, alla loro educazione ed alla istruzione, d’intesa per le scelte più rilevanti con il padre;
– il padre si è impegnato a versare un importo mensile rivalutabile di Lire 2.800.000, con decorrenza dal marzo 1997, quale “contributo per il mantenimento dei figli”, con la precisazione che “l’assegno è stato determinato essendo la moglie in procinto di impiegarsi con un lavoro retribuito”;
– le spese medico-sanitarie non coperte dal SSN sono state poste a carico del padre, prevedendo che “quelle di particolare entità (odontoiatriche, ospedaliere, specialistiche, ecc.) sarebbero state sostenute “pariteticamente”.
Il ricorrente lamenta che le statuizioni contenute nella sentenza impugnata non rispettano Né il tenore letterale, Né quello logico delle disposizioni dell’accordo di separazione, atteso che, dal punto di vista letterale, l’accordo di separazione poneva solo a carico del padre l’obbligo di versare un assegno mensile per il mantenimento dei figli, escludendo che l’obbligo di mantenimento “economico” facesse carico anche alla madre ai fini del mantenimento ordinario e continuativo dei figli, e faceva, inoltre, riferimento al lavoro della moglie, non come situazione già in essere al momento dell’accordo stesso, ma al solo fine di giustificare la mancata previsione, a carico dello stesso ricorrente, dell’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento in favore della moglie.
La errata interpretazione dell’accordo di separazione, secondo la prospettazione del ricorrente, ha, quindi, determinato anche un vizio di motivazione.
2. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 917 del 1986, art. 12, nel testo vigente nell’anno di imposta 2004, nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia.
Precisa, al riguardo, che dall’esame della sentenza non è possibile evincere quale norma sia stata applicata dalla Commissione regionale, tenuto conto che, in base al testo dell’art. 12 del t.u.i.r. in vigore nel 2004, dall’imposta lorda va detratto per carichi di famiglia, per ciascun figlio, complessivamente l’importo di Lire 408.000 per l’anno 2000, quello di Lire 516.000 per l’anno 2001 e quello di Euro 285,08 a decorrere dal 1 gennaio 2002, “da ripartire tra coloro che hanno diritto alla detrazione in proporzione dell’effettivo onere sostenuto da ciascuno”, mentre per effetto delle successive modifiche della medesima disposizione normativa, divenuta art. 13 t.u.i.r., in vigore dall’anno di imposta 2007, dall’imposta lorda si detraggono per carichi di famiglia Euro 800,00 per ciascun figlio e la detrazione è ripartita, nel caso di affidamento congiunto o condiviso, in mancanza di accordo, nella misura del 50 per cento tra i genitori.
Si duole, quindi, che la Commissione tributaria regionale sia incorsa nella violazione di legge denunciata, sia perché ha dato per certo il lavoro della moglie, pur in assenza di un riscontro in tal senso nell’accordo di separazione, sia perché non ha tenuto conto che la moglie, che non aveva redditi, non era tenuta ad alcun onere per il mantenimento dei figli.
3. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 277 c.p.c., nonché la omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta che la Commissione regionale ha confermato in modo acritico la sentenza di primo grado, aderendo alla tesi difensiva dell’Agenzia delle Entrate, disattendendo totalmente le eccezioni e censure da lui mosse in sede di appello con i motivi di gravame.
3.1. Il terzo motivo è fondato nella parte in cui si contesta il vizio di motivazione.
La Commissione tributaria regionale ha respinto l’appello, ritenendo dimostrato che entrambi i coniugi abbiano partecipato in pari misura a sostenere l’onere economico per il mantenimento dei figli, basandosi esclusivamente sull’accordo contenuto nel verbale di separazione consensuale, che prevede l’affidamento dei figli alla moglie, senza considerare le doglianze del ricorrente, il quale, sia in primo grado che in appello, aveva negato che la moglie avesse contribuito al mantenimento economico dei figli, tanto che aveva richiesto la esibizione di documentazione in possesso dell’Agenzia delle Entrate al fine di verificare la situazione fiscale del coniuge.
Il giudice di appello non ha spiegato le ragioni per le quali non ha tenuto conto delle circostanze di fatto dedotte dal contribuente volte a dimostrare che egli sosteneva in via esclusiva o in misura preponderante l’onere economico relativo al mantenimento della prole e, pertanto, la motivazione risulta insufficiente ed inadeguata laddove non esplicita l’iter logico-giuridico che lo ha condotto ad affermare che la moglie, per il solo fatto di svolgere attività retribuita e di essere affidataria dei figli, abbia in concreto contribuito, nella misura del 50%, al mantenimento dei figli.
L’accoglimento del terzo motivo consente di ritenere assorbiti gli altri motivi.
La sentenza va, dunque, cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, per il riesame in ordine alla censura accolta, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2018

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