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Sentenze Assicurazioni Responsabilità civile

Cassazione civile, sez. VI, 15 settembre 2020, n. 19101

Redazionedi Redazione21 Settembre 2020
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Cassazione civile, sez. VI, 15 settembre 2020, n.19101

FATTI DI CAUSA

P.M. ha agito in giudizio nei confronti della Regione Abruzzo per ottenere il risarcimento dei danni riportati dalla propria autovettura a seguito della collisione con un cinghiale avvenuta su una strada statale in territorio di (omissis), località (omissis).
La Regione ha contestato la propria legittimazione passiva e l’attore è stato autorizzato a chiamare in causa l’Amministrazione Provinciale di (omissis).
La domanda è stata accolta dal Giudice di Pace di Pratola Peligna nei soli confronti della Regione.
Il Tribunale di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre la Regione Abruzzo, sulla base di un unico motivo. Resistono con distinti controricorsi il P. e l’Amministrazione Provinciale di (omissis).
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.
È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Il controricorrente P. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): Violazione e falsa applicazione delle previsioni di cui alla L. 11 Febbraio 1992, n. 157, artt. 1 e 9, e dell’art. 2043 c.c.. Erronea imputazione della responsabilità per i danni cagionati dalla fauna selvatica alla Regione ricorrente”.
Il ricorso è manifestamente infondato.
La regione ricorrente censura la decisione impugnata in relazione alla propria individuazione come ente passivamente legittimato, sul piano sostanziale, a rispondere dei danni riportati dall’autovettura dell’attore, senza svolgere in realtà censure in ordine all’affermazione della sussistenza di una condotta colposa, causalmente rilevante in relazione ai suddetti danni, addebitabile in concreto proprio al soggetto pubblico titolare delle funzioni di controllo e gestione della fauna selvatica nell’area in cui è avvenuto l’incidente.
Viene esclusivamente posta, in altri termini, la discussa questione della individuazione del soggetto, pubblico o privato, tenuto a rispondere dei danni causati dagli animali selvatici (in particolare, ma non solo, alla circolazione su strade pubbliche).
Orbene, sul punto, nell’individuare la Regione Abruzzo quale legittimata passiva sul piano sostanziale, la decisione impugnata è conforme all’indirizzo di questa Corte, di recente puntualizzato in alcune pronunzie della Terza Sezione Civile (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, Rv. 657572 - 01-02-03; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 8384 del 29/04/2020; Sez. 3, Sentenza n. 8385 del 29/04/2020), ed al quale intende darsi continuità, in cui sono stati affermati i seguenti principi di diritto:
“i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992, rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema”;
“nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c., la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte - per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari - da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”;
“in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure - concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema - di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi”.
Come si è premesso, nella specie non vi sono censure specifiche in ordine all’affermazione, operata dai giudici di merito, della sussistenza di una condotta colposa, causalmente rilevante in relazione ai danni subiti dall’attore, addebitabile in concreto proprio al soggetto pubblico titolare delle funzioni di controllo e gestione della fauna selvatica nell’area in cui è avvenuto l’incidente, onde, a fortiori, deve ritenersi senz’altro dimostrato il nesso causale tra la condotta dell’animale selvatico oggetto di proprietà pubblica e i suddetti danni.
L’azione risulta del resto proposta proprio contro la Regione Abruzzo, quindi nei confronti dell’ente legittimato passivo sul piano sostanziale per la responsabilità nei confronti dei terzi, ai sensi dell’art. 2052 c.c., secondo la ricostruzione sistematica contenuta nei precedenti di legittimità sopra indicati, e la Regione convenuta si è limitata a contestare la propria legittimazione (sempre sul piano sostanziale), indicando la Provincia come ente a suo avviso effettivamente responsabile, ma non ha provveduto ad esercitare alcuna azione di rivalsa nei confronti di detto ente.
Sulla base di quanto sin qui esposto, dunque, la decisione impugnata va certamente confermata, essendo corretto il dispositivo finale, con le precisazioni e/o correzioni della sua motivazione riconducibili all’applicazione dei principi di diritto in precedenza richiamati.
2. Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione dell’oggettiva incertezza interpretativa sussistente in ordine alle questioni giuridiche esaminate.

P.Q.M.

La Corte:
- rigetta il ricorso;
- dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020

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