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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Diritti fondamentali della persona
Diritti fondamentali della persona Sentenze

Cassazione civile, sez. VI, 5 marzo 2015, n. 4522

Redazionedi Redazione15 Marzo 2015
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FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. T.A., cittadino liberiano, ha impugnato il provvedimento della Commissione Territoriale di Caserta del 29 aprile 2011 con il quale è stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale o di qualsiasi protezione sussidiaria.

2. Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 23 gennaio 2013, ha respinto l’impugnazione rilevando che: una precedente domanda di protezione internazionale era stata presentata dal T. e respinta nel 2009; con la nuova domanda veniva prospettata, per la prima volta, dal richiedente la sua condizione di omosessuale e la circostanza che l’omosessualità è oggetto in Liberia di sanzioni penali; la relazione psicologica allegata dal richiedente non attesta alcuna situazione che comporti il diritto alla protezione internazionale risultando da essa una generica situazione problematica attinente alla sfera psico-sessuale. Il Tribunale ha pertanto ritenuto che l’argomento della omosessualità, non denunciata in un primo tempo per pudore, è stato introdotto surrettiziamente, e intempestivamente, per giustificare la riproposizione della domanda di protezione, già respinta sulla base della deduzione di altri presupposti, e senza peraltro dimostrare tale condizione e le persecuzioni che essa provocherebbe nel paese di provenienza.

3. La Corte di appello di Napoli ha confermato il provvedimento di rigetto dell’opposizione rilevando che con la seconda domanda di protezione è stata prospettata una condizione preesistente alla prima domanda di protezione e che ciò rende inammissibile la nuova domanda, comunque infondata per le considerazioni già svolte nella motivazione del provvedimento di rigetto emesso dal Tribunale.


4. Ricorre per cassazione T.A. affidandosi a tre motivi di impugnazione illustrati con memoria difensiva.
5. Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e mancata applicazione dell’art. 3, comma 1, 2, 3, 4 e 5; degli art. 6, comma 2; art. 7, comma 2, lett. b); art. 8, comma 1, lett. d); D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14. Violazione e mancata applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 8, comma 3; art. 11; art. 29, comma 1, lett. b), come modificato dal D.Lgs. n. 158 del 2009 nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c) e art. 19, comma 2, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e mancata applicazione dell’art. 3, comma 1, 2, 3, 4 e 5; del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 7 e 14. Violazione e mancata applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3; art. 11; art. 29, comma 1, lett. b), come modificato dal D.Lgs. n. 158 del 2009 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

8. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’omessa, o quantomeno insufficiente, e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Ritenuto che:


9. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente essendo connessi logicamente e giuridicamente in relazione alle censure mosse alla decisione della Corte di appello. In particolare essi concernono la mancata valutazione, secondo i parametri normativi e della giurisprudenza di legittimità, dell’ attendibilità delle dichiarazioni del ricorrente sulla propria omosessualità; il mancato accertamento della situazione di persecuzione e grave restrizione della libertà personale esistente in Liberia a carico delle persone omosessuali; la mancata attivazione dei poteri istruttori spettanti al giudice di merito nei procedimenti aventi ad oggetto le richieste di protezione internazionale; la pregiudiziale valutazione negativa delle dichiarazioni del ricorrente secondo cui egli non si è sentito di esporre la propria condizione personale nella prima richiesta presentata in Italia a causa della sua fede religiosa e del senso di disagio introiettato negli anni a causa della ostilità familiare e sociale all’omosessualità.

10. Il ricorso è fondato. La disposizione di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 29, lett. b) (“la Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all’esame, nei seguenti casi:… b) il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine”) va interpretata nel senso di riconoscere l’ammissibilità della domanda quando vengono prospettati nuovi elementi, anche se esistenti già al momento della precedente richiesta, ma che il ricorrente non ha potuto prospettare perché non ha potuto, senza sua colpa, produrne le prove, in precedenza, innanzi alla commissione in sede amministrativa, Né davanti al giudice, introducendo il procedimento giurisdizionale, (cfr. Cass. civ. sez. 6-1 ord. n. 5089 del 28 febbraio 2013). Ciò comporta anche che se il ricorrente non ha reiterato una identica domanda, come deve ritenersi sia avvenuto nel caso in esame, ma ha portato alla valutazione della Commissione, con la nuova istanza, nuovi presupposti per l’accoglimento della sua richiesta, si devono valutare le ragioni per cui una tale prospettazione non sia avvenuta contestualmente alla precedente e considerare la domanda ammissibile quando tali ragioni appaiono plausibili e non siano ascrivibili a colpa del richiedente.

11. Nella specie non è stato valutato l’impedimento, dedotto dal ricorrente, alla prospettazione, sin dalla prima richiesta di protezione internazionale, della sua condizione personale in relazione alla situazione giuridico-sociale del proprio paese di provenienza. Sebbene tale impedimento consista in fattori di ordine psicologico e morale non si può affatto escludere a priori che essi non abbiano potuto determinare un ostacolo oggettivo e decisivo alla prospettazione dell’omosessualità come presupposto per la concessione della protezione internazionale.

12. Il ricorso va pertanto accolto e conseguentemente va cassata l’ordinanza della Corte di appello di Napoli, cui la causa va rimessa per la valutazione delle predette ragioni che, appaiono almeno astrattamente, idonee a rendere ammissibile la domanda di protezione internazionale. All’esito di tale valutazione la domanda di protezione internazionale dovrà essere eventualmente esaminata secondo il principio affermato nella giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sezione 6-1 n. 15981 del 20 settembre 2012) secondo cui, ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza per cui l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza è rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione richiesta.

13. La Corte di appello dovrà quindi acquisire le prove necessario al fine di accertare o meno la circostanza della omosessualità del richiedente, la condizione dei cittadini omosessuali nella società liberiana e lo stato della relativa legislazione, nel rispetto del criterio direttivo della normativa comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale (Cass. civ. S.U. n. 27310 del 17 novembre 2008 secondo cui l’autorità amministrativa esaminante ed il giudice devono svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria e Cass. civ. sezione 6-1 ordinanza n. 10202 del 10 maggio 2011, secondo cui il giudice di merito non può poggiare la propria valutazione sulla esclusiva base della credibilità soggettiva del richiedente, essendo tenuto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, ad un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, peraltro derivanti anche dall’adozione del rito camerale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente che la Commissione Nazionale, ai sensi del comma 3 dell’art. 8 sopra citato, fornisce agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative).
14. La Corte di appello, quale giudice del rinvio in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.




P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2015

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