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Cassazione penale, sez. II, 12 aprile 2016, n. 23163

Redazionedi Redazione27 Ottobre 2016Aggiornato il:27 Ottobre 2016
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Fatto
1.Ha proposto ricorso per Cassazione, O.G., per mezzo dei propri difensori, avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari del 16.12.2004, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Trani per i reati falso e di truffa tentata continuata (così unitariamente riqualificati i fatti di cui al capo A) dell’imputazione, alcuni dei quali originariamente contestati nella forma consumata), ritenne la forma consumata per tutti i reati, confermando la pena inflitta al ricorrente dal giudice di primo grado.
2.Secondo l’accusa, il ricorrente aveva indebitamente ottenuto dall’AGEA, dal 17.11.2000 fino al 24.7.2003, contributi comunitari per complessivi Euro 46655,60, per la trasformazione a seminativi di alcuni terreni siti in località (omissis) nonostante che si trattasse di terreni destinati, fino ad epoca successiva al 31.12.1991, limite temporale per l’ammissione al cd Regime PAC seminativi, a pascolo permanente; e aveva cercato di ottenere nel 2003, un ulteriore contributo di Euro 10067,16, senza riuscirvi perché i controlli effettuati avrebbero svelato la frode.
2. L’ O., oltre ai terreni di (omissis), possedeva altri fondi in (omissis), anch’essi investiti delle domande di contributi, sui quali non era stato effettuato alcun accertamento per verificare la corrispondenza della situazione rappresentata dal ricorrente con quella richiesta per l’accesso ai contributi.
2.1. Il giudice di primo grado aveva ritenuto che tale situazione inducesse incertezza riguardo ai fondi per i quali il ricorrente aveva effettivamente percepito i contributi, sicché, in base la principio del favor rei per le domande relative ai terreni di (omissis) sarebbe stato configurabile il semplice tentativo di truffa.
3. La Corte di merito ripercorre analiticamente i fatti di causa con riferimento alle singole richieste di contributo (pag. 7 e ss) e a sostegno delle configurabilità di una condotta truffaldina sottolinea, oltre all’esito degli accertamenti sullo scostamento tra dichiarazioni e verifiche rispetto alle effettive vocazioni produttive dei fondi agricoli di proprietà dell’imputato, anche le attività di trasformazione dei terreni poste in essere dall’ O. in violazione dei vincoli paesaggistici (pag. 9).
3.1. Sulla natura consumata o tentata delle truffe, i giudici di appello osservano poi che le domande dì ammissione ai contributi erano state presentate per le intere annualità agricole e con indistinto riferimento tanto al fondo di (omissis) che al fondo di (omissis), dovendo quindi ritenersi pacifico che il ricorrente avesse percepito i contributi anche per il primo fondo. Non rileverebbe comunque, per i giudici di appello, che il fondo di (omissis) non fosse stato oggetto di accertamenti, dal momento che anche la soltanto parziale infedeltà al vero delle richieste di contributo avrebbe comportato l’automatica decadenza dell’imputato anche dai contributi teoricamente ammissibili.
4. Nel ricorso a firma dell’avv. Paolo Iorio si deduce, con un primo motivo, il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione, in relazione all’omesso esame delle doglianze formulate con l’atto i appello. La Corte avrebbe trascurato di accertare quali terreni non fossero eleggibili alla data del 31.12.1991; per quali fossero stati percepiti i contributi; quale condotta fraudolenta avesse posto in essere l’imputato.
4.1. Il secondo motivo è incentrato sulla deduzione del difetto di motivazione e del travisamento della prova in ordine alla stessa sussistenza dei fatti di reato. Il ricorso (pagg. 7 e ss.), indugia sulle varie verifiche effettuate sulle aree di (omissis), alla stregua di un’analitica ricostruzione nella quale anche la Corte di merito avrebbe dovuto impegnarsi, per rilevare, conclusivamente, che, in realtà, tutti i terreni interessati dalle domande di contributo dovevano ritenersi eleggibili; peraltro la maggior parte delle aree interessate erano in territorio di (omissis), e di conseguenza eleggibili. Alle pagg. 9 e ss. del ricorso viene confutato l’argomento di prova dello spietramento e trasformazione di superfici pascolative, che secondo l’accusa costituirebbe un aspetto della condotta fraudolenta dell’imputato. Approfondite considerazioni (pagg. 10 e ss.) sono dedicate alla normativa comunitaria, tra l’altro per contestare le valutazioni della Corte di merito sul regime sanzionatorio per dichiarazioni infedeli sulla la reale vocazione agricola dei fondi. Le valutazioni difensive investono, in particolare, gli artt. 71 e 72 reg. CE 1122/2009, inferendo, dall’esegesi normativa, conclusione che in realtà il regolamento non prevedrebbe mai la revoca integrale dei contributi. Anche le valutazioni della Corte sulle deduzioni difensive relative agli aspetti urbanistico ambientali della questione sarebbero errate (vedi pagg. 17 e ss. del ricorso), come errate sarebbero le valutazioni sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di truffa. Il ricorrente, in sostanza, avrebbe presentato le domande di contributo rimettendosi alle successive verifiche dell’Agea, senza in alcun modo manifestare intenti fraudolenti. Nel motivo in esame è riproposta inoltre la questione del rapporto tra l’art. 640 bis c.p. e l’art. 316 ter c.p., anche sotto questo profilo deducendosi l’erroneità in diritto delle valutazioni della Corte di merito.
4.2. Con il terzo motivo, infine, la difesa eccepisce il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lett. B) in relazione all’art. 521 c.p.p. e all’art. 6 CEDU, riguardo alla più grave qualificazione del fatto operata nella sentenza di appello rispetto alle valutazioni del giudice di primo grado. Il motivo è assistito da ampi riferimenti alla giurisprudenza CEDU. 5. Nel ricorso a firma dell’avv. Mascolo, si sottolinea essenzialmente che il quadro di incertezza, riconosciuto dagli stessi giudici di merito, sulla circostanza dell’effettivo riferimento o meno delle domande di contributo a fondi non eleggibili, avrebbe dovuto portare all’assoluzione dell’imputato. La valutazione dell’indifferenza, ai fin dell’accusa, della distinzione tra i fondi di (omissis) e di (omissis) sarebbe quindi del tutto erronea. E alla luce della corretta lettura delle risultanze processuali, anche il delitto di falso avrebbe dovuto essere ritenuto insussistente, quanto meno sotto il profilo psicologico.
Diritto

Il ricorso è infondato.
1. Si deve partire dalla considerazione che la falsa rappresentazione della vocazione agricola del fondo di (omissis) è stata affermata dalla Corte di merito sulla base di indicazioni di prova vanamente confutate dalla difesa, alla stregua di un’alternativa ricostruzione dei fatti incompatibile con i limiti del giudizio di legittimità e comunque fondata in larga parte su deduzioni meramente assertive, o basate su incontrollabili valutazioni di parte sulla possibile variabilità delle vocazioni agricole e sulla inaffidabilità dei pur puntuali accertamenti eseguiti anche fisicamente sulla situazione dei luoghi. A pag. 8 del ricorso a firma dell’avv. Iorio si legge, ad es., che tutti i terreni agricoli sono eleggibili affermazione che nella sua generalizzazione risulta peraltro addirittura incomprensibile, come del tutto apodittico è il rilievo che nessuno dei contributi erogati si riferiva a terreni non eleggibili.
Assertiva e almeno in parte contraddittoria è anche l’affermazione secondo cui la maggior parte dei terreni interessati dalle domande di contributo si trovavano in agro di (omissis) ed erano di conseguenza eleggibili.
1.1. L’assertività delle deduzioni difensive sull’incerta valenza probatoria delle risultanze istruttorie analizzate dalla Corte di merito è evidente soprattutto con riguardo alla presunta incertezza dei rilievi areofotogrammetrici. I giudici di merito rilevato esattamente l’opposto con articolate argomentazioni (pag. 11 e 12 della sentenza impugnata), dovendosi aggiungere che per alcune delle superfici indicate come eleggibili nelle domande di contributo, risultò una destinazione arborea, ben difficilmente controvertibile o equivocabile per l’ovvia evidenza delle specifiche risultanze fotografiche e dell’incompatibilità della presenza di un soprassuolo arboreo con la destinazione dei terreni a seminativo (vedi a pag. 7 della sentenza impugnata, l’indicazione delle superfici risultate coltivate a pascolo-mandorleto; per alcune porzioni del fondo, in particolare con riferimento alla pila 3, i giudici di merito – pagg. 12 e ss. – rilevano poi un progressivo incremento, esattamente determinato, delle aree indicate nelle domande annuali di contributo come istruite a seminativo).
1.2. La base fotografica degli accertamenti, l’esatta indicazione delle superfici interessate dalle false dichiarazioni del ricorrente, e la specifica focalizzazione dei sopralluoghi dei verbalizzanti sul fondo di (omissis), fugano quindi ogni dubbio sulla esatta corrispondenza della determinazioni di revoca dei contributi alle aree risultate non eleggibili. La specifica questione sulla p. 11 a nr. 3 del fondo di (omissis), proposta in ricorso, non trova poi riscontro nell’atto di appello, ma, in ogni caso, è ampiamente affrontata, come si è appena detto, nella sentenza impugnata e risolta con argomentazioni che appaiono ineccepibili nel merito, in quanto fondate sulla consulenza tecnica in atti e sulle deposizioni dei testi D. e P..
2. Si può quindi serenamente ritenere che la valutazione dei termini concreti della truffa è stata inutilmente complicata, nelle motivazioni delle due sentenze di merito, dalla sopravvalutazione della unitarietà delle domande di contributi presentate negli anni dal ricorrente, in quanto cumulativamente riferibili ad entrambi i fondi di (omissis) e di (omissis). Il tribunale aveva ritenuto non identificabili i fondi effettivamente interessati dalla revoca dei contributi, optando per la soluzione, per vero alquanto problematica, della generale riqualificazione della truffa nei termini di un semplice tentativo, pur a fronte della effettiva percezione dei contributi da parte del ricorrente; la Corte di merito opina altrettanto problematicamente una decadenza automatica dai contributi per il fondo di (omissis) (gli artt. 71 e 72 dello specifico regolamento comunitario non si prestano in effetti ad una simile lettura; la decadenza dovrebbe essere stata decisa autonomamente con distinti provvedimenti di cui non vi è alcuna traccia nelle motivazioni delle sentenze di merito; infine, altro sarebbe la decadenza altro la falsa dichiarazione di eleggibilità dei fondi interessati, comunque da escludere in presenza dei presupposti per l’accesso ai contributi).
2.1. Ma, sia pure un pò ambiguamente, la Corte territoriale afferma, in principaliter, che i contributi revocati erano stati erogati anche (?) per il fondo di (omissis), e al netto del discutibile avverbio anche l’affermazione è del tutto condivisibile. Non si comprende del resto quale confusione avrebbe potuto ingenerare la circostanza che il ricorrente avesse presentato un’unica domanda di contributo per entrambi i fondi di (omissis) e (omissis), dal momento che è pacifico che solo il fondo di (omissis) fu oggetto di accertamenti e solo per lo stesso fondo i verbalizzanti riscontrarono una divergenza tra la vocazione agricola effettiva e quella rappresentata nelle domande di contributo, mentre per quel che risulta dagli atti processuali richiamati dalle sentenze di merito, la revoca dei contributi fu disposta esclusivamente in proporzione delle superfici dello stesso fondo risultate non eleggibili. Rovesciando il ragionamento della difesa, sarebbe quindi semmai tutto da dimostrare, nella totale assenza di specifiche risultanze processuali, che accertata la falsa rappresentazione della vocazione agricola del fondo di (omissis), sarebbe stato poi coinvolto nella revoca dei contributi anche il fondo di (omissis), non avendo la difesa fornito alcuna concreta indicazione al riguardo.
3. Per quel che riguarda la questione della qualificazione giudica dei fatti, è anzitutto corretto il riferimento all’ipotesi di cui all’art. 640 bis c.p., non essendo applicabile nella specie, la residuale ipotesi di reato prevista dall’art. 316 ter c.p.. Ed invero, in tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, la produzione all’ente erogatore di una falsa autocertificazione finalizzata a conseguire indebitamente contributi finanziari integra il reato di cui all’art. 316-ter c.p., anziché quello di truffa aggravata, qualora l’ente non venga indotto in errore, in quanto chiamato solo a prendere atto dell’esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 49642 del 17 ottobre 2014 Ud.(dep. 28 novembre 2014) Rv. 261000, Ragusa).
3.1. Nel caso in esame, va rilevato anzitutto che le domande di contributo sono regolate dalla normativa comunitaria non certo sulla base di semplici dichiarazioni autocertificate, dovendo il richiedente fornire tutti gli elementi utili all’apprezzamento dell’ammissibilità dell’aiuto comunitario (si legge nelle premesse del regolamento CE 1122/2009, che Nella domanda unica, il richiedente deve dichiarare non solo la superficie adibita ad uso agricolo ma anche i propri diritti all’aiuto e deve essere inoltre fornita ogni informazione necessaria al fine di accertare l’ammissibilità all’aiuto.. ; ma deve anche aggiungersi, che lo stesso regolamento prevede articolati controlli anche preventivi da parte dell’autorità competente per l’accertamento dell’ammissibilità dei contribuiti (vedi, ancora le premesse del reg. CE 1122/2009: Per una corretta esecuzione del regime di pagamento unico di cui al titolo 3 del regolamento (CE) n. 73/2009, gli Stati membri devono istituire un sistema di identificazione e di registrazione che consenta di conservare una traccia dei diritti all’aiuto e di effettuare, tra l’altro, verifiche incrociate tra le superfici dichiarate ai fini del pagamento unico e i diritti di cui dispone ciascun agricoltore, nonché tra i diversi diritti all’aiuto in quanto tali E ancora: Per sorvegliare l’adempimento degli obblighi di condizionalità è necessario istituire un sistema di controllo e predisporre adeguate riduzioni. A questo scopo, le varie autorità competenti degli Stati membri devono comunicare informazioni sulle domande di aiuto, i campioni di controllo, i risultati dei controlli in loco, ecc. Occorre stabilire le condizioni per l’esecuzione dei controlli in loco mediante telerilevamento, prevedendo che, qualora la fotointerpretazione non fornisca risultati abbastanza chiari, si debba comunque ricorrere al controllo fisico. A causa ad esempio delle condizioni meteorologiche, potrebbero esserci casi in cui non sia più possibile realizzare mediante telerilevamento i controlli supplementari richiesti a seguito di un aumento della percentuale di controlli in loco. In tal caso, tali controlli devono essere effettuati con mezzi tradizionali Nella parte dispositiva del regolamento (parte 2 e parte 3), è poi regolato sistematicamente un sistema di gestione e di controlli sulle domande di contributo. Sono previsti, anzi, anche controlli a sorpresa (vedi punto 32 delle premesse del regolamento: il preavviso sui controlli in loco relativi all’ammissibilità o alla condizionalità deve essere consentito unicamente qualora esso non rischi di compromettere i controlli e, in ogni caso, occorre fissare termini adeguati. Inoltre, qualora disposizioni settoriali specifiche per gli atti o le norme relativi alla condizionalità prevedano che i controlli in loco vengano effettuati senza preavviso, tali disposizioni devono essere rispettate. È chiaro quindi l’obbligo del richiedente di interagire con l’ente erogatore con una condotta leale e trasparente, e, per converso, la posizione attiva dell’ente richiesto rispetto alla formulazione della domanda di aiuto.
3.2. In secondo luogo, la Corte di merito rileva che nelle valutazioni del caso interferisce anche la trasformazione dei terreni operata dal ricorrente con le condotte contestate al capo B). È ovvio che tali valutazioni prescindano dall’esito del giudizio sulla specifica imputazione, mentre le prospettazioni difensive al riguardo si risolvono in un’alternativa ricostruzione di merito rispetto alle argomentazioni dei giudici di appello, che non illogicamente traggono il proprio convincimento dalla sovrapponibilità delle aree oggetto di trasformazione con quelle oggetto delle domande di contributo; e correttamente precisano, in diritto, che in quanto significative dell’intento del ricorrente di occultare la prova delle false dichiarazioni (vedi pag. 9 della sentenza), tali condotte, ulteriori rispetto alla semplice presentazione delle domande di contributo, aggiungono un elemento di frode ai fatti esulante dalla limitata area di applicazione dell’art. 316 ter c.p..
4. Quanto alla presunta violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza e della corrispondente violazione del principio del contraddittorio anche in riferimento alla giurisprudenza della CEDU citata in ricorso, si deve premettere che l’accusa fa riferimento, nell’unico capo di imputazione relativo alle truffe, alla effettiva percezione, da parte dell’imputato, di indebiti contributi comunitari a partire dal 27.11.2000 sino al 24.7.2003 per complessivi Euro 46.655, 60; e al tentativo di ottenere, per l’anno 2003, un ulteriore contributo di Euro 10.067,16.
La Corte di merito ha riqualificato il fatto (rectius: i fatti) ai sensi dell’art. 640 bis c.p. includendo nella diversa qualificazione, anche il reato di truffa originariamente contestato nella forma tentata.
4.1. Ebbene, per quel che riguarda i contributi di cui l’accusa aveva ritenuto l’effettiva percezione, contestando la truffa nella forma consumata non si pone alcun problema. Il contraddittorio processuale si è articolato proprio sull’ipotesi consumata, semmai degradata a tentativo dal giudice di primo grado. Il ritorno all’originaria impostazione accusatoria non comporta quindi alcuna conseguenza nemmeno sulle strategie difensive (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 47413 del 17 ottobre 2014 Ud. (dep. 18 novembre 2014) Rv. 260960, secondo cui, qualora il fatto venga diversamente qualificato dal giudice di appello senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio prevista dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 CEDU così come interpretato dalla Corte EDU – può rimanere inosservata nonostante la possibilità di proporre ricorso per cassazione se la nuova qualificazione dell’addebito abbia inciso sulle strategie difensive e sull’esercizio del diritto alla prova da parte dell’imputato).
4.2. La questione potrebbe invece porsi diversamente per il fatto originariamente contestato alla stregua del tentativo, riguardante il contributo di Euro 10.067 per l’anno 2003. In effetti, la Corte di merito fa al riguardo una certa confusione, perché a pag. 7 in fine, rileva, testualmente, che per l’anno 2003 (domanda 16.5.2003 ad Agea n. 3115334273) chiedeva l’ammissione per ha 18, 59 coltivati a grano duro e ha 14 ad altri cereali, percepiva contributo per Euro 10.067 Ma è agevolmente rilevabile l’errore dei giudici di appello sulla presunta percezione, smentita dalla successiva affermazione che per questa annualità O. veniva escluso dalla liquidazione perché la stessa Agea constatava scostamento tra dichiarazioni e verifiche. In altre parole, l’ O. non percepiva contributo, ma veniva ammesso a contributo, senza però che le somme corrispondenti gli venissero effettivamente liquidate. Tanto premesso, la questione può però essere senz’altro risolta con il ritorno alla qualificazione originaria del fatto nei termini del tentativo, soluzione che si impone indipendentemente dal mancato aggravamento della pena, in considerazione dell’interesse dell’imputato di non vedersi addebitare ai fini delle eventuali restituzioni all’Agea, importi mai ricevuti.
5. Rispetto alle a volte macroscopiche divergenze tra la situazione del fondo di (omissis) rappresentata nelle varie domande di contributo, e quella realmente accertate in sede di controllo, nessun problema può poi seriamente porsi con riferimento alle questioni difensive sull’elemento soggettivo dei reati, non solo di truffa, ma anche di falso, contestati al capo A).
Peraltro, le deduzioni difensive al riguardo sono basate in sostanza sul generico e poco conferente rilievo che dovrebbe ritenersi che l’imputato si sarebbe comportato correttamente (addirittura lealmente) essendosi limitato a presentare le domande di sussidio (pag. 3 del ricorso a firma dell’avv. Iorio). Per il resto, basta ricordare la pacifica possibilità del concorso tra i reati di falso e truffa non essendo al contrario configurabile l’assorbimento dell’uno nell’altro (Vedi, con riferimento al rapporto tra il reato di falso in atto pubblico e quello di truffa quando la falsificazione costituisca artificio per commettere la truffa; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21409 del 5 febbraio 2008 Ud. (dep. 28 maggio 2008) Rv.
240081 Franchi e altro, sul rilievo che l’ipotesi del reato complesso deve corrispondere ad un’esplicita previsione normativa, non potendo essere desunta dal concreto atteggiarsi della fattispecie).
Alla stregua delle precedenti considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto relativo al contributo di Euro 10.067, 16 per l’anno 2003, che va (nuovamente) qualificato, ai sensi degli artt. 56 e 640 bis c.p., con il rigetto, nel resto, del ricorso.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto relativo al contributo di Euro 10.067,16 per l’anno 2003, che qualifica ai sensi degli artt. 56 e 640 bis c.p.. Rigetta, nel resto, li ricorso.
Così deciso in Roma, il 12 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2016

Disclaimer: Contenuti a scopo informativo e divulgativo che non sostituiscono il parere legale di un avvocato. Per una consulenza legale personalizzata contatta lo studio dell’avv. Gianluca Lanciano: Clicca e compila il form · WhatsApp 340.1462661 · Chiama 340.1462661 · Scrivi info@miolegale.it
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