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Cassazione penale, sez. III, 2 luglio 2008, n. 26518

Redazionedi Redazione2 Luglio 2008
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

IN FATTO

Con sentenza del 5 aprile del 2007, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Genova applicava nei confronti di D.G. e F.D. la pena nella misura che era stata concordata ex art. 444 c.p.p. e la dichiarava interamente condonata.
I predetti erano imputati dei seguenti reati:
del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.Lgs. n. 178 del 1991, artt. 8 e 23, per avere messo in commercio senza l’autorizzazione del Ministero specialità medicinali analiticamente indicate nel capo d’imputazione contenenti efedrina;
del reato di cui all’art. 110 c.p. e alla L. n. 376 del 2000, art. 9, comma 7 per avere posto in commercio prodotti contenenti efedrina;
del reato ci cui agli artt. 110 e 444 c.p., per avere detenuto per il commercio e posto in commercio le sostanze elencate nel capo d’imputazione classificabili come integratori alimentari pericolosi per la salute.
Fatti accertati il 7 novembre del 2003.
Ricorrono per cassazione i due imputati con separati ricorsi ma con motivi comuni con cui deducono la violazione delle norme incriminatici nonché dell’art. 15 c.p. e del D.Lgs. n. 219 del 2006, art. 147, comma 2. I ricorrenti, dopo avere premesso che anche nel patteggiamento la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità delle parti sostengono che contrariamente a quanto affermato dal giudice le ipotizzate condotte illecite dovevano essere sussunte nel reato di cui al D.Lgs. n. 219 del 2006, art. 147, comma 2; che il reato di cui all’art. 444 c.p. doveva essere assorbito in quello di cui alla L. n. 376 del 2000, art. 9, comma 7.

IN DIRITTO

Il ricorso va respinto perché infondato con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Il D.Lgs. n. 219 del 2006 è entrato in vigore dopo i fatti per cui si procede e comunque all’art. 147, comma 2 contiene una clausola di riserva per cui trova applicazione se il fatto non costituisce un più grave reato. L’anzidetto decreto legislativo, pur abrogando quello del 1991, ha recepito le condotte e le sanzioni ivi previste. In particolare per quanto riguarda il reato di messa in commercio di specialità medicinali la condotta prevista dal D.Lgs. n. 178 del 1991, art. 8 e art. 23, comma 3 è ora prevista dal D.Lgs. n. 219 del 2006, art. 147, comma 2, il quale ha confermato la pena detentiva ma ha ampliato quella pecuniaria. Quindi tra il fatto previsto dal D.Lgs. n. 178 del 1991, art. 23, comma 3 e quello previsto dal D.Lgs. n. 219 del 2006, art. 147, comma 2 v’è continuità normativa. Gli altri due reati contestati concorrono tra loro non essendo applicabile il principio di specialità di cui all’art. 15 c.p. trattandosi di reati riferibili a “materie diverse”. Invero la L. n. 376 del 2000, art. 9 (disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping) al comma settimo punisce chiunque commercia farmaci e le sostanze farmacologicamente attive ricompresse nelle classi di cui all’art. 2,comma 1, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico,dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico o dalle altre strutture che detengono tarmaci direttamente, destinati all’utilizzazione sul paziente.
La norma mira quindi a vietare il commercio di sostanze farmacologicamente attive al di fuori dei canali istituzionali, a prescindere dal fatto che possano essere in concreto dannose per la salute e mira a tutelare la lealtà, correttezza e probità della prestazione sportiva.
L’art. 444 c.p. vieta la messa in circolazione di sostanze alimentari nocive non contraffatte né adulterate. La norma tutela in modo specifico la salute pubblica e si riferisce alle sole sostanze destinate all’alimentazione umana in concreto pericolose per la salute pubblica. Sono quindi escluse dalla previsione della norma le sostanze medicinali, mentre si devono ritenere compresi nella previsione normativa di cui all’art. 444 c.p. i cosiddetti integratori alimentari.
Da ciò consegue che, se si pongono in commercio sostanze alimentari nocive per la salute contenenti anche sostanze dopanti, si offendono due beni giuridici diversi: la salute pubblica e la correttezza della prestazione sportiva, di conseguenza i due reati concorrono tra di loro. Invero, secondo la prevalente giurisprudenza di questa corte, il principio di specialità di cui all’art. 15 cod. pen. trova applicazione allorché le due condotte offendono lo stesso bene giuridico (Sezioni unite 21 aprile 1995, La Spina),per cui il rapporto di specialità sussiste solo tra norme imperniate sulla medesima oggettività giuridica.
Nella fattispecie la sostanza dopante (efedrina), ritenuta pericolosa per la salute , era contenuta in un prodotto posto in commercio come integratore alimentare. Pertanto legittimamente è stato ritenuto il concorso tra i due reati.
La sentenza delle Sezioni unite n. 3087 del 2006, citata dal ricorrente, non è applicabile alla fattispecie perché riguarda una situazione diversa da quella in esame, in quanto si riferisce al rapporto tra la L. n. 376 del 2000, art. 9, comma 7 e l’art. 445 c.p. che vieta non la semplice messa in commercio , ma la somministrazione di sostanze medicinali in specie, qualità o quantità non corrispondenti alle ordinazioni mediche odi versa da quella dichiarata o pattuita.

P.Q.M.
LA CORTE

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2008

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