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Penale Procedura Penale Sentenze

Cassazione penale, sez. III, 23 luglio 2008, n. 30851

Redazionedi Redazione23 Giugno 2009
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza emessa il 22.7.05 il Tribunale di Brindisi assolveva C.C. dal delitto di cui all’art. 609 bis c.p. (“perché, all’interno della discoteca “(OMISSIS)”, mentre ballava, in tre occasioni si avvicinava a M.P. e strofinava le proprie parti intime al fondoschiena di quest’ultima, la quale, apertamente, manifestava il proprio dissenso all’approccio”) con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, non ritenendo provato, con assoluta certezza, che gli approcci dell’imputato verso la p.o., certamente sussistenti, fossero stati commessi “per soddisfare la libido” del prevenuto, o, comunque, con l’intenzione di “invadere la sfera di libertà sessuale della ragazza”. 2. Avverso tale sentenza ha prodotto appello il PM., chiedendone la riforma, dal momento che – a suo dire – l’istruttoria dibattimentale aveva dimostrato la sussistenza del reato a lui ascritto. Osservava il P.M. appellante che era risultato provato che il C. strofinò le sue “parti intime” contro il fondoschiena della ragazza e che, nonostante lo sguardo duro (“pieno di rabbia”) di costei, egli reiterò per più volte tale condotta, sino ad una specie di “sceneggiata” posta in essere presso il bancone del bar, allorquando, fingendo di cadere, finì con l’appoggiarsi alla p.o., abbracciandola. Rilevava altresì che il successivo “forte litigio” (con vie di fatto) fra il C. ed il ragazzo della M. ( F.U.) che ne seguì, si spiegavano proprio alla luce di “episodi antecedenti di una certa gravità”, ossia i “ripetuti toccamenti lascivi posti in essere dal C. nei confronti della p.o.”;
3. La sentenza era stata gravata d’appello anche dalla parte civile con argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle del P.M., nelle quali veniva ribadita la non occasionalità degli “strofinamenti” e la connotazione “sessuale” degli stessi.
4. Con sentenza del 16 aprile – 27 luglio 2007 la Corte d’appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi in data 22.3.2005, appellata dal P.M. e, agli effetti civili, dalla parte civile, dichiarava C. Cosimo colpevole del reato a lui ascritto e, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 e riconosciute le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
Condannava inoltre il C. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, liquidati equitativamente in Euro 3.000,00 oltre spese di costituzione e rappresentanza in favore della parte civile, liquidate, per entrambi i gradi del giudizio in Euro 2.000,00, al netto degli accessori di legge.
Osservava la Corte come il Tribunale, pur assolvendo il C., avesse tuttavia accordato credibilità alla persona offesa, ritenendo sussistente l’episodio dalla stessa nella sua materialità; tuttavia, il tribunale non ha ravvisato con certezza la valenza sessuale (quale manifestazione della volontà dell’imputato di soddisfare la propria “libido”).
Invece secondo la Corte territoriale la condotta del C. aveva valenza “sessuale” e ciò risultava: a) dalla precisa e puntuale deposizione resa dalla p.o., la quale ha chiaramente evidenziato come il C., dopo che un altro ragazzo aveva vanamente cercato un approccio con la M., prese a ballare e a strofinare ripetutamente le sue parti intime sul fondoschiena della ragazza, nonostante il chiaro rifiuto che gli veniva opposto; b) dalla violenta reazione del ragazzo della M., F.U., il quale esasperato dal comportamento del C., lo aggredì dapprima verbalmente e poi lo colpì in testa con una bottiglia: una reazione particolarmente decisa e violenta che si spiegava solo con episodi antecedenti di una certa gravità, ossia i reiterati approcci di natura sessuale posti in essere dal C. nei confronti della M..
5. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per Cassazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, pur non articolato in distinti motivi, contiene una duplice censura all’impugnata sentenza.
Da una parte il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine alla ricognizione nella condotta contestata di veri e propri atti sessuali sanzionati dall’art. 609 bis c.p..
D’altra parte il ricorrente si duole della mancata concessione in dispositivo del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Il primo profilo della censura è inammissibile.
Deve considerarsi che già il tribunale aveva ritenuto la piena credibilità della parte offesa e la Corte d’appello ha confermato questa valutazione.
Ha quindi ritenuto provato che ci sia stato il ripetuto strofinamento delle parti intime dell’imputato sul fondo schiena della parte offesa.
La Corte d’appello poi, a differenza del tribunale, ha valorizzato specifici elementi di fatto che rendevano univoca l’interpretazione di tale comportamento (atti sessuali e non già semplici movenze, seppur ardite, del ballo): l’iniziale brusca reazione della ragazza che alla prima “avance” dell’imputato lo guardò bruscamente e subito si spostò altrove nella sala da ballo unitamente al suo ragazzo con cui stava ballando; la ripetizione del comportamento da parte dell’imputato due o tre volte; il maldestro approccio di quest’ultimo alla parte offesa anche quando quest’ultima abbandonava il ballo recandosi al bar sempre con il suo ragazzo e si lasciava cadere sulla stessa, che percepiva il carattere simulato della caduta, mettendole le mani sul seno.
La Corte d’appello non ha omesso di considerare poi anche la successiva rissa insorta che vedeva coinvolti l’imputato e il ragazzo che accompagnava la p.o., rissa che – secondo la Corte territoriale – si spiegava con la conclamata natura di avances sessuali dei ripetuti comportamenti dell’imputato.
Quanto poi alla nozione di “atti sessuali” va ribadito quanto già precisato da questa Corte (Cass., sez. 3, 13 dicembre 2006, L.F.R.) secondo cui il concetto di atti sessuali è la somma dei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine, riguardando quindi tutti gli atti che coinvolgono la disponibilità della sfera sessuale della vittima; pertanto la condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. ricomprende – se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica – oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, ancorchè fugace ed estemporaneo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato e normalmente idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale; pertanto anche i palpeggiamenti ed i toccamenti possono costituire una indebita intrusione nella sfera sessuale ed il riferimento al sesso non deve limitarsi alle zone genitali, ma comprende pure quelle ritenute “erogene” (stimolanti dell’istinto sessuale) dalla scienza medica, psicologica ed antropologica-sociologica. Cfr. anche Cass., sez. 3, 3 dicembre 2004, Pillini, secondo cui rientrano nella nozione di cui all’art. 609 bis c.p. tutti gli atti sessuali indirizzati verso quelle zone del corpo che la scienza medica, psicologica ed antropologico-sociologica indica come erogene, idonei a compromettere la libertà di scelta in materia sessuale del soggetto passivo e connotati dalla costrizione, abuso dell’inferiorità psico-fisica, anche nel caso in cui essi siano di breve durata e non determinino la soddisfazione erotica del soggetto attivo; pertanto, costituisce violenza sessuale il palpeggiamento repentino ed imprevedibile dei glutei di una persona impegnata in una telefonata all’interno di una cabina telefonica sita in una pubblica piazza e, quindi, non in grado di impedire il contatto corporeo indesiderato.
Si è anche ritenuto che il carattere subdolo e repentino dell’aggressione sessuale può sostituire la violenza. Ha affermato questa Corte (Cass., sez. 3, 27 gennaio 2004, Manta) che in tema di violenza sessuale, l’elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso.
3. Fondato è invece il secondo profilo di censura.
Nell’impugnata sentenza si legge che “gli ottimi trascorsi penali consentono la concessione all’imputato del beneficio della sospensione condizionale, apparendo fondata la prognosi di sua futura incensuratezza”.
La Corte territoriale ha quindi ritenuto l’imputato meritevole del beneficio della sospensione condizionale della pena, che contraddittoriamente non ha trascritto nel dispositivo.
Talchè in questa parte il motivo va accolto e va annullata senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui, nel dispositivo, implicitamente rigetta la richiesta del beneficio della sospensione condizionale della pena; beneficio che può disporsi ex art. 620 c.p.p., lett. f), che prevede l’annullamento senza rinvio in ogni altro caso in cui la Corte ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui non ha disposto la sospensione condizionale della pena, sospensione che dispone; rigetta il ricorso nel resto.

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