Fatto
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di colpevolezza di P.C. e D.P. in ordine al reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 110 c.p., D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, artt. 100 e 101, D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 90, L. 10 dicembre 1993, n. 515, art. 15, ad essi ascritto per avere, in concorso tra loro e di altre persone, turbato con violenza il regolare svolgimento delle operazioni elettorali presso la scuola media statale (OMISSIS), relative alle elezioni per il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e l’Amministrazione comunale di Napoli (capo b) ed il P. per avere tenuto analoga condotta anche in un plesso scolastico elementare (capo d), alterando in entrambi i casi il risultato del voto.
Si rileva in punto di fatto nella sentenza impugnata che, in occasione delle elezioni politiche ed amministrative del 13.5.2001, la Prefettura di Napoli aveva disposto che potevano essere ammessi al voto gli elettori presenti nei locali del seggio alle ore 22, nonchè quelli che erano in fila, senza soluzione di continuità, in attesa di esercitare il diritto di voto all’interno e anche all’esterno dei singoli plessi scolastici.
Alle ore 22 gli organi di polizia addetti alla vigilanza avevano chiusi i cancelli di accesso sia della scuola media (OMISSIS) che del plesso scolastico elementare, dopo avere rilevato che non vi erano persone in fila in attesa di essere ammesse a votare.
Subito dopo si era formato un assembramento di persone dinanzi ai cancelli della scuola media (OMISSIS), tra le quali il P. ed il D., che chiedevano di entrare per esercitare il diritto di voto, asserendo che la Prefettura aveva prorogato l’orario di apertura dei seggi fino alle ore 24.
In tali circostanze il P. ed il D. avevano aizzato la folla, affermando falsamente che era stata emessa dalla Prefettura un’apposita circolare, con la quale era stata disposta la prosecuzione delle operazioni di voto fino alle ore 24, avevano inveito contro gli agenti ed esercitato, in concorso con altri, un’azione violenta, sicchè erano riusciti a forzare i cancelli e ad accedere illegittimamente ai seggi, turbando il regolare svolgimento delle elezioni ed alterando il risultato del voto; che il P. aveva partecipato ad un’analoga manifestazione dinanzi al plesso scolastico elementare ed in tale occasione aveva anche spintonato personalmente uno degli addetti alla vigilanza.
La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali entrambi gli imputati avevano contestato la sussistenza della fattispecie criminosa, deducendo di non aver mai posto in essere una condotta violenta o ingiuriosa, la mancata verificazione dell’evento, dimostrata dal fatto che le elezioni non furono invalidate, la carenza dell’elemento psicologico del reato e chiesto, in subordine, il D. la riapertura dell’istruzione dibattimentale per dimostrare che presso altri seggi gli elettori erano stati ammessi al voto fino alle ore 23 ed il P. la declaratoria di prescrizione del reato.
La Corte territoriale, ha però, accolto la subordinata richiesta del P. di riduzione della pena inflitta, rideteminandola nella misura precisata in epigrafe.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi il difensore del P. ed il D., che la denunciano per violazione di legge e vizi della motivazione.
Diritto
Con il primo mezzo di annullamento la difesa del P., dopo avere riportato i rilievi formulati nell’atto di appello in ordine alla valutazione delle risultanze processuali, denuncia la sentenza per carenza di motivazione.
Si deduce in proposito che l’accertamento dell’assenza di persone aventi diritto al voto, fuori degli istituti scolastici al momento della chiusura dei cancelli, è stata fondata dai giudici di merito sulla deposizione degli agenti T., A. e O.; che, però, le affermazioni dei predetti agenti erano state smentite dalle deposizioni degli agenti A.A. e T. G., i quali avevano riferito che alle ore 22 vi erano ancora molte persone presenti fuori gli istituti scolastici, che chiedevano di esercitare il diritto di voto; che, peraltro, T., A. ed O. erano portatori di un interesse a sostenere la legittimità del loro operato.
Si deduce, quindi, che la sentenza ha totalmente omesso di esaminare il motivo di appello sul punto e di indicare le ragioni per le quali i giudici di merito hanno ritenuto attendibile la deposizione solo di alcuni degli agenti operanti.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la carenza di motivazione della sentenza con riferimento ai rilievi formulati nell’atto di appello in ordine all’elemento psicologico del reato.
Si deduce sul punto che la Corte territoriale ha omesso di valutare adeguatamente quanto dedotto dall’appellante a proposito della circostanza che egli sopraggiunse allorchè si era già formato un assembramento di persone dinanzi all’istituto scolastico ed agi nel convincimento che a costoro fosse stato illegittimamente inibito l’esercizio del diritto di voto.
Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la illogicità della motivazione della sentenza ed il travisamento delle risultanze istruttorie con riferimento alla attribuzione all’imputato di una condotta violenta.
Si osserva sul punto che tutti gli agenti, tra i quali anche l’ O., hanno escluso che il P. avesse posto in essere alcun atto violento nei loro confronti, avendo affermato che questi si limitò a dichiarare ai presenti che avevano diritto a votare, poichè l’orario di apertura dei seggi era stato prorogato fino a mezzanotte.
Con il quarto mezzo di annullamento si denunciano vizi della motivazione e violazione di legge con riferimento alla sussistenza dei reati di cui al D.P.R. n. 361 del 1957, artt. 100 e 101 e D.P.R. n. 570 del 1960, art. 90, deducendosi che la condotta posta in essere dall’imputato non aveva determinato alcuna alterazione del risultato elettorale, come provato dal fatto che i risultati delle lezioni non furono invalidati; che la sentenza impugnata è carente di motivazione sul punto.
Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la violazione del D.P.R. n. 570 del 1960, artt. 90 e 100.
Si deduce che la seconda delle disposizioni citate fissa in due anni il termine di prescrizione del reato, mentre la sentenza impugnata si è limitata ad affermare, in modo del tutto generico, che non sono trascorsi i termini della prescrizione.
Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia, infine, la carenza di motivazione della sentenza con riferimento alla richiesta di concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 c.p., nn. 1 e 3, formulata nell’atto di appello.
A sua volta il D. denuncia la sentenza per violazione di legge e vizi della motivazione, deducendo:
1) nullità della sentenza di primo grado e di quella di appello per omessa specificazione del capo di l’imputazione, tra i vari contestati all’imputato, per il quale è stato dichiarato colpevole;
2) carenza di motivazione della sentenza con riferimento alla richiesta, contenuta nell’atto di appello, di contestualizzazione del fatto e, cioè, – si riporta in sintesi – che venisse valutato il particolare clima nel quale si erano svolte le elezioni, caratterizzato dalla complessità delle operazioni di voto, concentrate in un’unica giornata ed afferenti ad una pluralità di organi politici statali e dell’amministrazione locale, da una conseguente situazione di caos e di esasperazione degli animi;
elementi dei quali si era chiesto ai giudici di merito di tener conto nella valutazione del valore e significato da attribuire a manifestazioni aventi carattere meramente verbale;
3) carenza di motivazione della sentenza con riferimento alle risultanze processuali, dalle quali era emerso che presso alcuni seggi ubicati in altri edifici scolastici era stato consentito agli elettori di votare fino a mezzanotte ed al significato ambiguo delle disposizioni emanate dalla Prefettura in proposito;
4) violazione di legge e vizi della motivazione con riferimento alla insussistenza della condotta materiale prevista dalla fattispecie criminosa e dell’evento del reato.
Sul punto si osserva che il presidente e gli addetti ai seggi elettorali, escussi in dibattimento, hanno escluso che si fossero verificati disordini all’interno del seggio, nè successivamente è emersa alcuna circostanza che abbia determinato l’annullamento del risultato delle elezioni; che inoltre non è stata accertata la commissione da parte dell’imputato di alcun atto di violenza o minaccia; che, secondo le dichiarazioni rese dall’agente del locale Commissariato di PS, T., al momento della chiusura dei cancelli vi erano ancora numerose persone fuori dall’istituto scolastico in attesa di poter votare;
5) vizi della motivazione con riferimento all’esistenza dell’elemento psicologico del reato.
Si osserva che la condotta dell’imputato non era diretta al fine specifico di turbare o alterare il risultato della competizione elettorale, bensì ad ottenere che cittadini aventi diritto al voto potessero esercitarlo; che, ai fini della valutazione dell’elemento psicologico del reato, i giudici di merito avrebbero dovuto tener conto del carattere eccezionale della situazione che si era verificata, della circostanza che presso i seggi ubicati in altri edifici scolastici i funzionali della Prefettura intervenuti sul posto avevano consentito che venissero ammessi al voto coloro che si trovavano fuori dall’istituto, della equivocità della terminologia adoperata nella disposizione emanata dalla Prefettura “in fila, senza soluzione di continuità”, alla quale poteva essere attribuito da persone non dotate di un elevato grado di cultura un significato diverso da quello proprio;
6) omessa valutazione dell’esimente dell’errore di fatto, ai sensi dell’art. 47 c.p., indotto dalla citata disposizione della Prefettura circa la proroga delle operazioni elettorali;
7) carenza di motivazione con riferimento ai rilievi contenuti nell’atto di appello in ordine alla assenza di prove della commissione da parte dell’imputato di atti riconducigli alla condotta prevista dalla legge come reato, non avendo egli proferito alcuna espressione minacciosa, nè posto in essere alcuna azione violenta;
8) violazione dell’art. 194 c.p.p., comma 3, nella valutazione delle risultanze probatorie.
Si osserva che i testi escussi, pur avendo escluso la commissione di azioni violente, hanno riferito che gli imputati avevano aizzato gli elettori, senza peraltro indicare alcuna condotta concreta.
Si deduce, quindi, che tale espressione, valorizzata dai giudici di merito, costituisce una definizione o un apprezzamento del teste, sicchè la stessa non poteva essere utilizzata ai sensi della disposizione citata. Si osserva inoltre che sulla base delle medesime risultanze probatorie il G.U.P. aveva prosciolto gli imputati dai reati loro ascritti;
9) carenza ed illogicità della motivazione con riferimento alla richiesta di riapertura dell’istruzione dibattimentale in appello per esaminare i funzionari della Prefettura che avevano consentito la protrazione delle operazioni elettorali presso un altro edificio scolastico; approfondimento istruttorio che si palesava necessario per valutare le difficoltà interpretative derivanti dalla citata circolare della Prefettura ed il carattere eccezionale della situazione che si era verificata.
È esclusivamente fondato il penultimo motivo di ricorso del P. afferente alla intervenuta prescrizione, prima della sentenza di appello, del reato di cui alla D.P.R. n. 570 del 1960, art. 90.
L’art. 100 del T.U. che disciplina le elezioni comunali (il citato D.P.R. n. 570 del 1960) prevede un termine abbreviato di prescrizione, che è fissata in due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni, e può essere prolungato, per effetto di atti interruttivi, per una durata non eccedente la metà di quello stabilito.
Tale termine abbreviato si riferisce alle sole elezioni comunali disciplinate dal relativo testo unico, sicché il termine di prescrizione dei reati previsti dal D.P.R. n. 361 del 1957 (T.U. delle leggi relative all’elezione della Camera dei deputati) è quello ordinario, e non quello breve previsto dal D.P.R. n. 570 del 1960. (cfr. sez. 3, 199801035, Colucci ed altro, RV 209508).
Orbene, nel caso in esame, poiché il termine della prescrizione dei reati ascritti agli imputati ha iniziato a decorrere dal 13.5.2001, in data 13.5.2004 si è verificata la prescrizione del reato di cui al citato D.P.R. n. 570 del 1960, art. 90; prescrizione che deve essere rilevata anche con riferimento alla posizione del D., sia in applicazione del disposto di cui all’art. 587 c.p.p., comma 1, sia ai sensi dell’art. 129 c.p.p..
Il reato di cui al D.P.R. n. 361 del 1957, art. 100, invece, tuttora non risulta prescritto.
Tanto precisato, si deve rilevare che nei capi di imputazione sono state contestate ai ricorrenti, singolarmente o in concorso tra loro, una pluralità di violazioni, in quanto le condotte illecite sono state afferenti a tutte le votazioni tenutesi contestualmente (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Consiglio comunale), legate dal vincolo del concorso formale.
Ai fini della determinazione della pena inflitta agli imputati, però, i giudici di merito, secondo quanto emerge dalla sentenza di primo grado, confermata sul punto in appello, non hanno tenuto conto delle prescrizioni di cui all’art. 81 c.p., comma 1, non avendo applicato alcun aumento sulla pena base per il concorso formale interno a ciascun capo di imputazione, ma esclusivamente l’aumento di pena nei confronti del P. per il concorso materiale dei reati di cui ai capi b) e d).
La declaratoria di prescrizione del predetto reato cui al D.P.R. n. 570 del 1960, art. 90, alla quale gli imputati hanno comunque interesse, non può, perciò, produrre effetti con riferimento al trattamento sanzionatorio, non essendo stato applicato alcun aumento di pena per il predetto reato.
Nel resto i motivi di ricorso, che sono al limite dell’ammissibilità, implicando nella quasi totalità una richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie, sono infondati.
Dall’esame della sentenza di primo grado, la cui motivazione integra quella della pronuncia di appello per la uniformità della decisione, emerge univocamente in punto di fatto, attraverso un esame assolutamente esaustivo di tutte le risultanze probatorie citate dai ricorrenti, la ricostruzione della vicenda come riportata in narrativa e, cioè, che l’orario di chiusura dei seggi elettorali era fissato per le ore 22 e a tale ora potevano esercitare il diritto di voto solo gli elettori che erano ancora in fila in attesa di essere ammessi ai seggi; che per tale motivo i cancelli di accesso ai due edifici scolastici erano stati chiusi alle ore 22, dopo che gli addetti alla vigilanza avevano accertato l’assenza di altre persone aventi diritto ad essere ammesse al voto sulla base dei criteri precisati dalla citata disposizione della Prefettura, peraltro conforme alle norme che regolano rigorosamente la materia; che il P. ed il D. giunsero dopo tale orario dinanzi ai cancelli dei due complessi scolastici, unitamente ad un gruppo di trenta o quaranta persone, e che entrambi gli imputati aizzavano i presenti ad entrare, asserendo falsamente di essere in possesso di un fax della Prefettura che aveva disposto la proroga della durata delle operazioni elettorali; che in tali circostanze prima il P., spintonando l’agente della polizia municipale O., era riuscito ad introdurre alcune persone attraverso un cancello piccolo che veniva utilizzato per far uscire gli elettori che avevano esercitato il diritto di voto, e successivamente tutto il gruppo di persone, delle quali facevano parte i predetti P. e D., nonché altri imputati assolti o non appellanti, era riuscito ad aprire con la forza il cancello automatico di chiusura del piazzale antistante gli edifici scolastici, facendolo uscire dai binari, e tutti gli astanti erano riusciti a recarsi a votare.
Orbene, emergono indubbi da tale ricostruzione dei fatti, che – si ribadisce – attraverso l’integrazione delle pronunce di merito risulta fondata su una motivazione assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici, gli estremi della fattispecie criminosa ascritta ai ricorrenti in entrambi i capi di imputazione.
Vi è stato, infatti, l’esercizio di un’azione violenta, che, si rileva con particolare riferimento alla posizione del D., non deve necessariamente avere come destinatane le persone, ma anche le cose, nonché la turbativa del regolare svolgimento dell’adunanza elettorale e l’alterazione del risultato delle elezioni, essendo state ammesse al voto persone non aventi più diritto ad esercitarlo per essersi presentate ai seggi dopo l’orario di chiusura.
Sul punto la circostanza che i risultati elettorali di quei seggi non sono stati annullati è del tutto irrilevante ai fini della prova del reato, dipendendo l’eventuale annullamento da altre circostanze (denuncia di elettori, percezione da parte dei membri del seggio dell’ingresso di persone non aventi più diritto al voto).
Anche in ordine all’elemento psicologico del reato la decisione dei giudici di merito risulta fondata su un apparato motivazionale adeguato, emergendo dalle sentenze di primo e secondo grado che si è desunta la consapevolezza della illiceità della condotta posta in essere dagli imputati dalla valutazione della carica istituzionale da essi rivestita (consigliere comunale il D. ed entrambi candidati alle elezioni) e dalla falsità dell’assunto con il quale avevano aizzato i presenti.
Per completezza di esame deve essere, ancora, rilevato, con riferimento al ricorso del P., che la censura afferente alla mancata valutazione dei motivi di gravame con i quali erano state chieste le attenuanti di cui all’art. 62 c.p., nn. 1 e 3, si palesa manifestamente infondata.
La sentenza impugnata, invero, ha implicitamente escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione delle predette attenuanti mediante il riferimento alla consapevolezza da parte del P. dell’inesistenza di una disposizione che consentisse la prosecuzione delle votazioni ed essendo stato indicato quale uno di coloro che aizzavano la folla, condotta incompatibile con l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 3.
Con riferimento al ricorso del D. si rileva che la prima doglianza è del tutto destituita di fondamento, in quanto la sentenza riporta regolarmente il capo di imputazione (b) per il quale vi è stata l’affermazione della colpevolezza dell’imputato.
L’esistenza di un errore di fatto, tale da integrare l’esimente di cui all’art. 47 c.p., non risulta neppure essere stata dedotta dinanzi ai giudici di merito e, peraltro, è stata implicitamente disattesa dai rilievi afferenti alla valutazione dell’elemento psicologico del reato.
In ordine alla denunciata violazione dell’art. 194 c.p.p., comma 3, si osserva che le affermazioni dei testi, secondo i quali gli imputati aizzavano i presenti, non hanno affatto carattere valutativo, costituendo la descrizione di una condotta concreta, coincidente con il fatto che i predetti imputati sostenevano falsamente che i presenti avevano diritto a votare per essere stato differito l’orario di chiusura dei seggi.
il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale risulta adeguatamente motivato, avendo i giudici di merito ritenuto inconferente l’accertamento di quanto verificatosi presso altri seggi elettorali; valutazione che si palesa assolutamente corretta in punto di diritto.
Nel resto, come già rilevato, le deduzioni dei ricorrenti afferenti a vizi di motivazione sono di merito o hanno carattere valutativo delle risultanze probatorie e risultano, perciò, inammissibili. Per effetto di quanto precisato la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 570 del 1960, art. 90, ed i ricorsi vanno rigettati nel resto.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 570 del 1960, art. 90 per essere detto reato estinto per prescrizione.
Rigetta i ricorsi nel resto.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 18 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2008