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Sentenze

Cassazione penale, sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 15487

Redazionedi Redazione26 Agosto 2017
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RITENUTO IN FATTO

-1- G.M. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, del 30 gennaio 2013, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi, del 26 novembre 2010, che lo ha ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 40 c.p., comma 2 e art. 423 bis cod. pen. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di dieci mesi di reclusione.
Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito, l’imputato, quale responsabile della Unità Infrastrutture di Bari delle Ferrovie dello Stato, ha causato un incendio in località (OMISSIS), in agro di Brindisi, per colpa dovuta a negligenza ed inosservanza di norme di settore, in particolare, del Decreto Presidente Regione Puglia 21 maggio 2007, n. 412, art. 3, non avendo provveduto alla manutenzione ed alla pulizia delle banchine, cunette e scarpate attigue alla strada ferrata; cioè, per non avere disposto la rimozione di sterpi, erba secca, residui di vegetazione ed altro materiale infiammabile presente lungo le banchine delle ferrovie.
La corte territoriale ha ritenuto che dagli elementi probatori acquisiti, in particolare, dalle dichiarazioni rese dai testi B. e R. e dal verbale di accertamento dello stato dei luoghi redatto dal personale forestale, era emerso, da un lato, che l’incendio si era sviluppato dalla sterpaglia che costeggia i binari delle Ferrovie dello Stato e che le fiamme, superata la strada poderale contigua al bosco ed ai binari, aveva raggiunto lo stesso bosco; dall’altro, che la manutenzione della zona d’innesco dell’incendio spettava all’imputato, in quanto dirigente della predetta unità infrastrutturale.
-2- Avverso detta decisione ricorre, dunque, l’imputato, che deduce:
A) Vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di omessa prova positiva del contributo causale del fatto, apodittica individuazione del contenuto concreto dell’asserita omissione colposa per l’assente accertamento del fattore scaturente l’evento.
Premette il ricorrente che il dato normativo di riferimento è rappresentato dal Decreto Presidente Regione Puglia 21 maggio 2007, n. 412, art. 3, che attribuisce alle Ferrovie dello Stato il compito di provvedere alla pulizia di banchine, cunette e scarpate nei tratti di attraversamento, da parte della strada ferrata, delle aree boscate della Regione Puglia (stesso compito attribuisce detta disposizione all’Anas, alle Province, ai Comuni, ai Consorzi di Bonifica, alle Comunità Montane con riguardo alle strade di competenza). Nel caso di specie, poiché il luogo ove si è innescato l’incendio è stato individuato nella strada poderale che confina con l’area boscata, il compito di manutenzione spettava alla società “Ferser”, del gruppo delle Ferrovie dello Stato, alla quale era tuttavia del tutto estraneo l’imputato, dipendente RFI (Rete Ferroviaria italiana), che cura la manutenzione dei beni strumentali.
I siti oggetto di bonifica, inoltre, sarebbero rappresentati, secondo la previsione regionale, dalle banchine, in relazione alle quali non sarebbe stata neanche fornita, secondo il ricorrente, la prova della sussistenza del nesso di causa tra la contesta omessa pulizia di dette zone e l’incendio; non sarebbe stata, cioè, fornita dall’accusa la prova che il rispetto delle prescrizioni regionali in punto di pulizia della banchina avrebbe realmente impedito l’insorgere ed il successivo espandersi dell’incendio. Allo stato, anzi, si soggiunge nel ricorso, non si conoscerebbe dove e come le fiamme si sarebbero originate e propagate. A tal fine, non sarebbe sufficiente il richiamo agli accertamenti eseguiti da personale del Corpo forestale, condensati nel verbale del 9.7.07, al quale ha fatto preciso riferimento la corte territoriale, ritenuto nei suoi contenuti, dal ricorrente, illogico e generico in quanto espressione di semplici congetture, non di idonei e scientifici accertamenti, dunque inutilizzabile ai fini della decisione. Né sarebbe sufficiente la testimonianza dell’autore del contestato verbale, né la presunta conferma della stessa da parte del teste B., le cui dichiarazioni sarebbero state anche equivocate dai giudici;
B) Erronea applicazione dell’art. 40 c.p., comma 2 e art. 423 bis c.p., comma 2, in combinato disposto con il Decreto Presidente Regione Puglia 21 maggio 2007, n. 412, art. 3.
Si sostiene nel ricorso che il giudice ha attribuito all’imputato la violazione della norma di settore sopra richiamata, e cioè la mancata adozione delle cautele colà previste, riferendosi, tuttavia, ad un contegno omissivo che il G. avrebbe tenuto in luogo diverso da quello rispetto al quale avrebbe potuto rinvenirsi una posizione di garanzia, cioè sulla strada poderale della cui manutenzione egli non era responsabile.
Diritto

Il ricorso è infondato.
-1- Certamente infondate sono le censure concernenti i vizi motivazionali dedotti.
In realtà, alla stregua di quanto dispone l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non riguarda la ricostruzione dei fatti Né l’apprezzamento del giudice del merito, essendo esso limitato alla verifica che il testo del provvedimento impugnato, da un lato, contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato, dall’altro, che lo stesso non presenti illogicità evidenti ed immediatamente percepibili.
È stato quindi affermato da questa Corte che esula dai poteri del giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione impugnata, il cui apprezzamento è riservato, in via esclusiva, al giudice del merito, e che non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione degli elementi probatori acquisiti, allorchè la decisione sia confortata da adeguata e logica motivazione.
In sostanza, il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede di legittimità, sussiste allorchè il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l’iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. Il vizio è altresì presente nell’ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.
Orbene, nel caso di specie le censure mosse dal ricorrente, che in parte ripropongono questioni già poste all’attenzione dei giudici del merito, si rivelano del tutto infondate, posto che la sentenza impugnata presenta una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico ed in perfetta sintonia con le emergenze probatorie in atti.
Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria decisione, la corte territoriale ha ampiamente esaminato ogni questione sottoposta al suo giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, ha adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed osservazioni difensive.
I giudici del gravame hanno dunque ribadito la responsabilità dell’imputato, radicata su un’organica e corretta valutazione degli elementi probatori acquisiti, in relazione ai quali le osservazioni del ricorrente si presentano prive di fondamento.
Quei giudici, invero, richiamati gli esiti degli accertamenti eseguiti nell’immediatezza da agenti del Corpo Forestale dello Stato e dalle testimonianze rese da R.M., B.P. e L.C.C., hanno accertato:
– che l’incendio si era innescato tra la sterpaglia presente nella banchina/scarpata che costeggia i binari e che il fuoco, dopo avere superato la limitrofa strada poderale, aveva raggiunto la vegetazione boschiva;
– che l’incendio era stato causato dalla mancata manutenzione della banchina/scarpata adiacente i binari, in violazione di quanto prescritto nel Decreto Presidente Giunta Regionale Pugliese n. 412 del 2007;
– che, secondo quanto prevede lo stesso decreto, la manutenzione delle zone adiacenti la linea ferrata era di competenza esclusiva delle Ferrovie dello Stato;
– che, nello specifico, poiché le banchine e le scarpate che costeggiano i binari sono qualificati quali “beni strumentali e funzionali delle Ferrovie dello Stato”, la loro manutenzione, relativamente al luogo ove si è innescato l’incendio, è affidata all’”Unità di Produzione di Bari”;
– che al tempo dei fatti responsabile di detta Unità era l’odierno imputato.
È, dunque, alla stregua di tali emergenze probatorie che i giudici del merito hanno legittimamente e coerentemente affermato la responsabilità del G..
Non hanno, peraltro, omesso gli stessi giudici di considerare la tesi difensiva secondo la quale l’incendio si era sviluppato sulla strada poderale che costeggia la scarpata adiacente i binari – che rientra tra i beni “non strumentali”, la cui manutenzione è di competenza della “Ferser”, alla quale l’imputato è estraneo – ed hanno rilevato come la stessa fosse del tutto priva di riscontri, alla luce dei precisi riferimenti offerti dal personale specializzato del Corpo forestale, che ha individuato nella sterpaglia esistente nella scarpata il punto d’innesco dell’incendio, che solo in un secondo momento ha interessato la strada poderale e quindi la zona boschiva.
D’altra parte, a prescindere dai precisi accertamenti eseguiti dal personale di PG intervenuto sul posto e dalla loro specifica competenza in materia, non sembra logicamente possibile sostenere che il fuoco si sia sviluppato su una strada poderale che, proprio per essere un luogo di transito di persone e mezzi, non poteva certo essere invasa da sterpaglie, di cui era viceversa ben ricca l’adiacente scarpata.
Per il resto, le ulteriori obiezioni svolte, sul punto, dal ricorrente si presentano prive di rilievo ai fini che qui interessano, ovvero non proponibili nella sede di legittimità in quanto contenenti considerazioni in fatto.
-2- Ugualmente infondato è il secondo motivo di ricorso, con il quale l’esponente denuncia il vizio di violazione di legge, laddove la corte territoriale ha ritenuto di attribuirgli una posizione di garanzia, in realtà, a suo giudizio, inesistente. La censura richiama, ancora una volta, la tesi secondo cui l’incendio si sarebbe sviluppato partendo dalla strada poderale, la cui manutenzione non gli competeva. Tesi rivelatasi, alla stregua delle richiamate emergenze probatorie, del tutto infondata, essendo stato accertato che il fuoco è partito dalle sterpaglie presenti nella scarpata della linea ferrata e solo in un secondo momento si è estesa alla strada poderale e quindi, al bosco.
Correttamente, quindi, è stata attribuita al G. la responsabilità dell’incendio, causato dalla presenza di sterpaglia e vegetazione dovuta alla mancata manutenzione dei luoghi della cui pulizia egli, quale dirigente dell’Unità sopra indicata, era responsabile.
Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2014

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