Fatto e Diritto
P.P. veniva tratto a giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Scandiano per rispondere del reato di cui all’art. 590 c.p. in danno di F.L., commesso, secondo la contestazione, con violazione delle norme sulla circolazione stradale.
All’udienza dell’11 gennaio 2007 il P.M. produceva quietanza attestante l’avvenuto risarcimento del danno a favore della parte lesa; il difensore di quest’ultima affermava che la stessa aveva rimesso la querela in quanto risarcita dalla compagnia di assicurazione. Il giudicante pronunciava quindi declaratoria di improcedibilità perchè estinto il reato, ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35, stante l’avvenuto risarcimento.
Ricorre per cassazione il P., tramite il difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo della asserita illegittimità della statuizione del Giudice di Pace posto che l’imputato aveva dichiarato di non accettare la remissione della querela sollecitando la prosecuzione del procedimento a suo carico;
il ricorrente denuncia altresì irritualità formali che avrebbero caratterizzato la procedura seguita dal giudicante nonchè vizio di motivazione.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Ritiene il Collegio che l’applicazione dell’art. 35, legge istitutiva della competenza del Giudice di Pace non può trovare applicazione allorquando, come nel caso di specie, il risarcimento sia conseguenza della sola volontà della compagnia presso la quale l’imputato è assicurato per la responsabilità civile, in presenza dell’opposizione dell’imputato stesso: ed invero la compagnia di assicurazione con la sua condotta risarcitoria realizza l’adempimento di un obbligo contrattuale, e tale comportamento non può essere unilateralmente impedito dall’assicurato, trattandosi di una libera scelta di convenienza all’esito delle opportune valutazioni – su un piano esclusivamente civilistico – circa la opportunità di affrontare un giudizio che comporterebbe rischio di soccombenza con conseguente aggravio di spese. Tale condotta della compagnia di assicurazione non può riflettersi sul giudizio penale al punto da neutralizzare la volontà dell’imputato, ove espressamente manifestata, di affrontare il procedimento penale nel merito al fine di poter dimostrare la propria innocenza (peraltro correndo anche il rischio della condanna): nella concreta fattispecie tale volontà risultava assolutamente inequivoca posto che l’imputato aveva rifiutato di accettare la remissione della querela, in tal modo rendendo anche impossibile una declaratoria di estinzione del reato per remissione della querela: e di ciò ha dato atto lo stesso giudicante nell’impugnata sentenza.
La tesi interpretativa privilegiata dal Collegio trova un significativo riscontro nella disposizione generale di cui all’art. 469 c.p.p. laddove il proscioglimento dell’imputato, prima del dibattimento, anche per cause di estinzione del reato (e quella prevista e disciplinata dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 è una causa di estinzione del reato: “estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie), è possibile, oltre che previa audizione del pubblico ministero e dell’imputato, solo a condizione che questi non si oppongano.
L’accoglimento della prima doglianza assorbe, rendendone superfluo l’esame, le ulteriori censure relative ad asserite irregolarità formali della pronuncia del Giudice di Pace ed ai denunciati vizi motivazionali.
La sentenza impugnata deve essere quindi annullata, con rinvio al Giudice di Pace di Scandiano che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di Pace di Scandiano.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2008