SENTENZA
sul ricorso presentato da [ricorrente] nato a [omissis] il [omissis] del Foro di
Lecce (C.F. [omissis] pec [omissis]) con la difesa dell’avv. [omissis] (pec [omissis]) domiciliato in [omissis], avverso la decisione n. 40/2022 del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Lecce Brindisi Taranto dep. il 20.10.2022, notificata a
mezzo pec in data 26.10.2022, con la quale è stata comminata la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due.
1Assente il ricorrente, regolarmente citato.
Assente il difensore avv. [omissis], regolarmente citato.
Assente il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce, regolarmente citato.
Udita la relazione della Consigliera avv. Paola Carello.
Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTO
L’avv. [ricorrente] del Foro di Lecce è stato sottoposto a procedimento disciplinare per rispondere delle condotte di cui al seguente capo di incolpazione:
“per aver deliberatamente assunto la difesa della sig.ra [AAA], prima del biennio, nel
giudizio di volontaria giurisdizione per sostituzione della nomina di amministratore di
sostegno presentata dai fratelli [BBB] e [CCC] dopo aver difeso gli stessi nel giudizio di
volontaria giurisdizione per la nomina di amministratore di sostegno in tal modo violando gli artt. 3, III comma, 51, I comma, e 53 L. n. 31/12/12 n.247 con riferimento agli artt.
4, 9, 12, 68 I - II - III comma del Codice Deontologico Forense, ponendo in essere una
condotta contraria ai doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza, al dovere di
svolgere l’attività con coscienza e diligenza, venendo meno ai doveri di salvaguardia
della propria reputazione e dell’immagine della professione forense che venivano compromessi”.
Il procedimento ha tratto origine da un esposto inviato in data 29.9.2016 al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Lecce (COA) dai fratelli [CCC] ed [BBB] che lamentavano
che l’avv. [ricorrente], dopo averli rappresentati e difesi in un procedimento di volontaria giurisdizione e prima che fosse trascorso un biennio dal termine del mandato,
aveva assunto la difesa della loro sorella e controparte [AAA] in successivo procedimento, relativo come il precedente sempre all’amministrazione di sostegno del comune genitore.
Avviato il procedimento disciplinare innanzi il CDD, l’avv. [ricorrente] si difendeva
depositando memorie inviate in date 28.10.2016 e13.12.2017, in cui deduceva di essersi interessato alla vicenda soltanto quale amico comune delle parti ed a titolo gratuito, di essere comparso in tale veste all’udienza dinanzi il Giudice Tutelare in data
14.7.2016 e di avere determinato con il proprio intervento il raggiungimento di un’intesa
tra le parti in lite.
L’avv. [ricorrente] chiedeva di essere ascoltato dal C.I. e in data 19.02.2018 precisava al C.I. di aver avuto mandato dai fratelli [BBB], [AAA] e [CCC] di agire per chiedere la nomina di un amministratore di sostegno del loro genitore [DDD]; depositava su richie2sta del C.I. la copia del verbale dell’udienza tenutasi il giorno 14.7.2016 innanzi il Giudice Tutelare del Tribunale di Lecce e la memoria difensiva depositata alla stessa udienza da [AAA].
In data 09.11.2021 la Sezione deliberava il rinvio a giudizio dell’iscritto, con successiva citazione a giudizio per il giorno 5 ottobre 2022.
All’udienza dibattimentale la Sezione procedeva all’esame dell’incolpato; all’esito, riteneva provato l’addebito e valutava di dover quantificare la sanzione in misura attenuata, irrogando la sospensione dall’esercizio della professione per mesi due.
A sostegno della decisione erano poste le risultanze istruttorie e soprattutto i documenti acquisiti (verbale di udienza e memoria difensiva della assistita [AAA]), che facevano
emergere un’attività posta in conflitto di interessi, per avere l’iscritto accettato un mandato contro ex-clienti prima che fosse trascorso un biennio dal termine del precedente
incarico e nonostante che il successivo procedimento fosse, come il precedente, relativo all’amministrazione di sostegno del genitore delle parti in lite.
L’iscritto ha inoltrato tempestiva impugnazione avverso la decisione, chiedendone
l’annullamento ovvero, in subordine, l’applicazione della sanzione dell’avvertimento
ovvero ancora - in ulteriore subordine - l’irrogazione della sanzione della censura.
Questi i motivi di ricorso: insussistenza del conflitto di interessi, sia in astratto (per attinenza degli incarichi alla sfera della giurisdizione volontaria), sia in concreto (per intervenuta composizione dei dissapori familiari); vizio di motivazione, per erronea valutazione dei fatti; non corrispondenza tra addebito contestato e fatto accertato o ritenuto,
in quanto i fatti contestati nel capo di incolpazione atterrebbero unicamente alla violazione di cui all’art. 68, co.1, c.d.f., mentre nella decisione è stata addebitata la violazione del secondo comma dell’articolo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Per ragioni di ordine logico va prioritariamente esaminato il motivo con il quale il ricorrente lamenta la non corrispondenza tra addebito contestato e fatto accertato o ritenuto, in quanto i fatti contestati nel capo di incolpazione atterrebbero unicamente alla
violazione di cui all’art. 68, co.1, c.d.f., laddove nella decisione è addebitata la violazione dell’articolo 68, co. 2, c.d.f.
Sussiste violazione del principio di correlazione tra fatti contestati e quelli assunti a
base della decisione, quando vi sia una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, del fatto concreto, tale da determinare un’incertezza sull’oggetto dell’addebito
da cui scaturisca una reale violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della
difesa.
“Ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non
va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente formale tra contestazione e
sentenza, perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto
insussistente quando l’incolpato, attraverso l’iter del processo, abbia avuto conoscenza dell’accusa e sia stato messo in condizione di difendersi e discolparsi” (Consiglio
Nazionale Forense, sentenza n. 8 del 9 febbraio 2023).
Va esclusa la fondatezza della doglianza, a fronte della chiara e dettagliata descrizione del fatto contestato nel capo di incolpazione, in cui vi è indicazione non solo del limite temporale biennale, ma della natura dei procedimenti in cui era stata prestata l’attività professionale, entrambi di volontaria giurisdizione e relativi alla nomina e successiva sostituzione di amministratore di sostegno della stessa persona.
Le caratteristiche della contestazione hanno consentito al ricorrente di potersi concretamente difendere dagli addebiti, senza alcuna violazione del diritto di difesa, come testimonia l’iter del procedimento innanzi al CDD e le attività in esso svolte, attraverso il
deposito di più note difensive e le audizioni innanzi il Consigliere Istruttore e la Sezione
giudicante in cui sono state rese lunghe dichiarazioni sui fatti accaduti, come da verbali in atti.
Difetta, pertanto, la dedotta nullità della contestazione disciplinare che è ravvisabile solamente ove vi sia assoluta incertezza sui fatti oggetto di contestazione, circostanza
non verificatasi nella vicenda in esame.
2. Con il primo motivo di ricorso l’avv. [ricorrente] deduce l’insussistenza di alcun
concreto conflitto di interessi, sia per la precedente intervenuta composizione dei dissapori familiari a base del procedimento indicato nell’esposto, sia per l’attinenza alla
sfera della giurisdizione volontaria degli incarichi conferiti all’avvocato
Nella decisione impugnata al ricorrente è stato contestato di avere dapprima assistito i
fratelli [BBB], [AAA] e [CCC] nel procedimento attivato per la nomina di un amministratore di sostegno del genitore [DDD], conclusosi nel gennaio 2015 con la nomina della
figlia [AAA]; quindi, di avere assistito la stessa [AAA] nell’ulteriore procedimento incardinato sempre nell’anno 2015 (n. [omissis]/15 V.G. Trib. Lecce) dai fratelli [CCC] ed
[BBB] per contestarle l’operato quale amministratrice di sostegno del padre.
Come rilevato dal CDD, l’avv. [ricorrente] compariva all’udienza del 14 luglio 2016
innanzi il Giudice Tutelare del Tribunale di Lecce dott.ssa [omissis] con la Sig.ra
[AAA], come risulta dal verbale di udienza di quel giorno che riporta: “Sono presenti i
Sigg.ri [AAA], in qualità di amministratrice di sostegno del Sig. [DDD], con l’avv. [ricorrente], nonche…” .
Sempre nel verbale è indicata la circostanza del deposito all’udienza di note scritte difensive da parte della Sig.ra [AAA], note che sono state acquisite dal CDD e che, sep4pur sottoscritte in calce dalla parte, riportano sulla prima pagina l’intestazione dello studio legale dell’avv. [ricorrente] (con indirizzo, recapiti telefonici, indirizzi mail e
pec), nonché l’elezione di domicilio presso lo studio dell’avv. [ricorrente] e di domicilio digitale presso la pec dello stesso avvocato, con la formula “dal quale è assistita e difesa nel presente procedimento”.
In sede di procedimento disciplinare innanzi il CDD, è lo stesso avv. [ricorrente]
che ammette, all’udienza dibattimentale del 5.10.2022, di avere redatto le predette
note per la Sig.ra [AAA] “solo per sostenerla moralmente, …. a scopo pacificativo tre le
parti e per di più senza ricevere compenso”, giustificando la richiesta articolata nell’atto
di condanna della controparte alle spese come un “errore materiale derivante da copiaincolla di modelli del formulario”.
A fronte di tali nette risultanze documentali e confessorie, non può che condividersi la
decisione del CDD di Lecce, che ha ritenuto accertata la responsabilità dell’avv. [ricorrente] per avere violato i doveri di cui all’art. 68 c.d.f., disposizione volta a tutelare, nell’esercizio dell’attività professionale, i valori della correttezza e della lealtà nei
rapporti con i terzi, nonché l’affidamento della collettività e della clientela.
Infatti, l’avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale (comma 1), ma anche dopo tale termine deve comunque astenersi
dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3). Il divieto
di assumere incarichi cui al primo comma non è soggetto ad alcun limite temporale se
l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2) (conf. Corte di Cassazione SS.UU, sentenza n. 14933 del 29 maggio 2023).
Come ritenuto correttamente dal CDD, l’avv. [ricorrente] ha violando il precetto
deontologico non solo per aver accettato un incarico contro un ex-cliente a distanza di
pochi mesi dal termine del precedente mandato, ma soprattutto per aver assunto contro l’ex-cliente un successivo incarico che non era estraneo a quello espletato in precedenza (piuttosto ne rappresentava la derivazione).
Non sono condivisibili i rilevi del ricorrente sulla carenza di un conflitto di interessi, atteso che nei rapporti tra avvocato e cliente la nozione di conflitto di interessi comprende
tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga in antitesi con il proprio
assistito; ciò è certamente accaduto nel caso che occupa, avendo l’avv, [ricorrente] dapprima patrocinato i fratelli [AAA] nella richiesta di nomina di amministratore di
sostegno del padre e poi rappresentato uno solo di essi nel successivo procedimento
intrapreso dai fratelli per chiederne la revoca quale amministratore del padre.
Lo scopo perseguito dall’art. 68, che costituisce applicazione del principio di cui all’art.
24 c.d.f., è quello di prevenire un conflitto di interessi anche solo potenziale e non necessariamente effettivo e reale; l’importanza dei valori professionali e collettivi tutelati
rende irrilevante anche la natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata contro o
a favore dell’ex cliente, essendo sufficiente una prestazione professionale nella più
ampia definizione di assistenza (conf, C.N.F. sentenza n.123 del 16 ottobre 2018).
Pertanto, ogni valutazione di controparte sulla natura del procedimento in cui si è inserita l’attività dell’avvocato appare inefficace oltre che fallace, tanto più ove si consideri
che nel procedimento di amministrazione di sostegno – quale quello che ha coinvolto
l’odierno ricorrente – non si valutano “ostacoli di natura fisica o burocratica” ma diritti di
soggetti fragili e si impone, pertanto, anche una maggiore responsabilità dell’avvocato
nel rispetto dei valori della professione.
Parimenti infondata la critica all’art. 68 cit. per contrasto con la Carta dei Principi Fondamentali dell’Avvocato Europeo che non prevede il limite temporale del biennio e non
esclude la rilevanza del consenso del cliente.
Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, l’art. 68 c.d.f. rappresenta l’applicazione in
sede nazionale dei principi affermati in sede europea nella “Carta dei Principi Fondamentali dell’Avvocato Europeo” che, adottata dal CCBE il 25 novembre 2006, contiene
un elenco di dieci principi fondamentali comuni a tutti gli avvocati europei.
Tra essi, il rispetto della prevenzione dei conflitti d’interesse tra clienti o tra il cliente e
l’avvocato, come indicato nel principio c): “Per esercitare in maniera ineccepibile la
professione, l’avvocato deve evitare i conflitti d’interesse. Pertanto, un avvocato non
potrà rappresentare due clienti nella stessa controversia qualora fra i loro interessi vi
sia un conflitto, effettivo o potenziale. Parimenti, l’avvocato non potrà rappresentare un
nuovo cliente qualora egli sia in possesso di informazioni riservate ottenute da un altro
cliente o da un ex cliente. Inoltre, l’avvocato non potrà accettare un cliente qualora esista con lo stesso un conflitto d’interessi e qualora detto conflitto si verifichi nel corso
dell’incarico, l’avvocato dovrà abbandonarlo”.
Il disposto dell’art. 68 c.d.f. è conforme anche ai principi ispiratori del Codice Deontologico degli Avvocati Europei, che sul conflitto di interessi (3.2. Conflitto di interessi)
stabilisce:
“3.2.1. L’avvocato non può fornire consulenza, rappresentare o difendere più di un
cliente per la medesima controversia qualora vi sia un conflitto, o il serio rischio di un
conflitto, tra gli interessi di tali clienti.
3.2.2. L’avvocato non può occuparsi degli affari di due o di tutti i clienti coinvolti qualora intervenga tra loro un conflitto di interessi o vi sia il rischio di violazione del segreto professionale o di compromissione della propria indipendenza.
3.2.3. L’avvocato non può accettare un incarico da un nuovo cliente qualora vi sia il rischio di violazione del segreto sulle informazioni comunicate da un precedente cliente
o se la conoscenza degli affari del precedente cliente da parte dell’avvocato fornirebbe al nuovocliente un ingiusto vantaggio.”
Consegue l’inconferenza dei rilievi del ricorrente in tema di termine biennale e di consenso del cliente a cui le norme europee non fanno alcun richiamo, considerato che
l’avv. [ricorrente] è stato sanzionato per l’assunzione di un incarico professionale
contro un ex assistito con oggetto non estraneo ad altro mandato accettato in precedenza, condotta foriera di conflitto di interessi e contraria ai principi fondamentali degli
avvocati europei di cui alle fonti di rango secondario richiamate.
3. Con il secondo motivo il ricorrente contesta il vizio di motivazione per erronea valutazione dei fatti, ma la doglianza va disattesa.
Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati il giudice non ha l’obbligo di confutare esplicitamente le tesi non accolte né di effettuare una particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, essendo sufficiente a soddisfare l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente,
non di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sé sole e idonee e sufficienti a giustificarlo; in altri termini non si richiede al
giudice di merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove dedotte o
comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata della adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (conf. Consiglio Nazionale Forense sentenza n. 268 del 31 dicembre 2021).
Come ha correttamente ritenuto il CDD di Lecce, con motivazione adeguata e coerente, l’assunzione da parte del ricorrente di incarico contro una parte già assistita in altro
procedimento non estraneo al precedente, anzi conseguenza di quello, è confermata
non solo da un verbale di udienza - avente valore di atto pubblico - e da note depositate dall’assistita, ma dallo stesso ricorrente che, sia nelle proprie memorie difensive che
nelle dichiarazioni rese nel corso del procedimento, ha esplicitamente ammesso lo
svolgimento di attività di assistenza in favore della sola Sig.ra [AAA], pur se connotata
da finalità transattive e da carattere gratuito.
Va parimenti condivisa la valutazione del CDD sulle dedotte caratteristiche della prestazione resa, ossia la finalità transattiva e la gratuità, ritenute circostanze non idonee
a elidere l’illiceità deontologica della condotta, ma ponderabili nella determinazione
della sanzione ai sensi di quanto disposto nell’art.21 c.d.f..
4. Il ricorrente contesta la decisione perché il CDD ha ritenuto assorbita la violazione di
cui al primo comma dell’art.68 c.d.f. in quella di cui al secondo comma, così l’applicando una sanzione più afflittiva.
La doglianza prima che infondata, appare carente di interesse, dal momento che il ritenuto carattere assorbente della violazione di cui al secondo comma, ha consentito al
CDD di escludere la sussistenza di più violazioni e così applicare all’iscritto la sanzione in forma attenuata.
Oltre che nella sussunzione della condotta, la decisione impugnata è correttamente
motivata anche nell’applicazione di una sanzione attenuata, in considerazione della
natura del procedimento, delle attività prestate dall’avv. [ricorrente] e finalizzate
alla conciliazione dei contrasti tra le parti, dei comportamenti corretti e leali da questi
tenuti nel corso del procedimento disciplinare.
La sanzione da applicare in concreto deve essere conseguenza della complessiva valutazione dei fatti e dei comportamenti contestati; essa deve “….essere commisurata
alla gravità del fatto, al grado della colpa, alla eventuale sussistenza del dolo ed alla
sua intensità, al comportamento dell’incolpato, precedente e successivo al fatto, avuto
riguardo alle circostanze, soggettive ed oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione “ (art. 21 III co, c.d.f.), nonché agli altri parametri di cui al successivo IV co..
Oltre agli artt. 9 e 12 c.d.f. che attengono ai principi generali della professione, all’avv.
[ricorrente] è stata contestata la violazione dell’articolo 68, co II, c.d.f. punita con
la sanzione edittale della sospensione dalla professione da uno a tre anni, in considerazione del netto disvalore attribuito alla particolare condotta che lede la correttezza
dei comportamenti nei confronti degli ex-clienti e l’obbligo di evitare i conflitti di interessi, anche solo potenziali; sanzione edittale che, ai sensi dell’art. 22, co.3, CDF, può essere attenuata fino alla sospensione di due mesi e aggravata nella radiazione.
Nei confronti dell’odierno ricorrente il CDD ha giudicato sussistenti le condizioni oggettive e soggettive per ritenere la condotta meno grave e così applicare la precisata sanzione attenuata, per le descritte particolari circostanze della vicenda.
Pertanto, con la decisione impugnata all’avv. [ricorrente] è già stata applicata la
sanzione minima prevista per la violazione di cui egli si è reso responsabile, che non
può essere ulteriormente mitigata in misura meno afflittiva, in considerazione della
specifica sanzione edittale indicata nell’art. 68 c.d.f. e dei limiti di commisurazione al
caso concreto fissati nell’art. 22, co.3, c.d.f..
P.Q.M.
visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
Il Consiglio Nazionale Forense respinge il ricorso.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per
finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di
comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati
identificativi degli interessati riportati in sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 18 ottobre 2023.
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 27 marzo 2024