SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8266 del 2004, proposto dal Comune di Bovalino, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Vadalà, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Domenico Femia in Roma, viale Giulio Cesare, n. 151;
contro
Munizza Vincenzo in proprio e nella qualità di rappresentante del raggruppamento temporaneo tra professionisti composto dagli ingegneri Giovanni di Marco, Vincenzo Trassari e Giuseppe Ferlito in proprio e nella qualità di legale rappresentante del raggruppamento provvisorio tra professionisti composto dal professore ingegnere Alessandro Togna, dal dottor Natale Antonio Ferlito e dall’ingegnere Paolo Tripodi;
Paolo Tripodi in proprio e nella qualità di rappresentante del raggruppamento provvisorio di professionisti costituito dagli ingegneri Giuseppe Abbate, Ezio Tripodi e Antonio Morabito, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Antonino Battiati, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, via Madonna del Riposo, n. 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Calabria – Sede distaccata di Reggio Calabria n. 413/2004, resa tra le parti, concernente azione risarcitoria a seguito di annullamento giurisdizionale della procedura ad evidenza pubblica di affidamento di un incarico di progettazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei raggruppamenti di professionisti indicati in epigrafe;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2015 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti l’avvocato Pietro Adami su delega dell’avvocato Domenico Vadalà e l’avvocato Edoardo Giardino su delega dell’avvocato Antonino Battiati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I – Oggetto del giudizio è il diritto al risarcimento dei danni del partecipante ad una procedura selettiva per l’affidamento di un incarico di progettazione, nel caso di annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione per vizi del procedimento selettivo.
II – I professionisti indicati in epigrafe, avendo partecipato in forma associata alla procedura selettiva per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva – esecutiva delle opere di miglioramento del sistema di distribuzione delle risorse idriche, indetta dal Comune di Bovalino, impugnavano con ricorso al TAR Calabria, sede distaccata di Reggio Calabria, la delibera di giunta del Comune di Bovalino con la quale l’incarico veniva affidato all’ingegnere Sollazzo (delibera G.M. n. 3487 del 1997).
I ricorrenti deducevano il difetto di motivazione con riferimento alla scelta della giunta comunale di affidare l’incarico ad un professionista che dalla commissione valutatrice era stato valutato con un punteggio fra i più bassi e inferiore a quello di tutti i ricorrenti che avevano ottenuto la massima valutazione ed il vizio della composizione della commissione valutatrice per essere priva di idonee professionalità.
II.- Il TAR Calabria, sede distaccata di Reggio Calabria, con la sentenza n. 379 del 27 marzo 1998 confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato n. 4673 del 15 maggio 2001, accoglieva il ricorso e annullava la delibera di giunta del Comune di Bovalino n. 3487 del 1997, con la quale era stato aggiudicato all’ingegnere Sollazzo il suddetto incarico, che nelle more del giudizio era stato interamente espletato.
III- I suddetti professionisti, in forza della sentenza n. 379 del 1998 con ricorso al TAR Calabria, sede distaccata di Reggio Calabria rubricato al n. 1783 del 2002, chiedevano:
a) in via principale, il risarcimento dei danni e, per l’effetto, la condanna del Comune di Bovalino al pagamento in loro favore di una somma pari alla parcella che avrebbero conseguito ove fossero stati affidatari dell’incarico, oltre il danno curriculare da quantificarsi in via equitativa;
b) in via subordinata, la corresponsione delle medesime somme a titolo di danni per la lesione degli interessi legittimi all’aggiudicazione;
c) in via ancora più gradata, la condanna del Comune di Bovalino al pagamento a titolo di risarcimento danni di una somma determinata secondo equità.
IV- Il TAR della Calabria, sede staccata di Reggio Calabria, con la sentenza n. 413 del 5 maggio 2004 accoglieva il ricorso e condannava il Comune di Bovalino al risarcimento dei danni da determinarsi in applicazione dell’articolo 35, comma 2 del d. lgs. n. 80 del 1998 come sostituito dall’articolo 7 della l. n. 205 del 2000, in base ai seguenti criteri:
quanto al danno emergente:
a) le spese o i costi sostenuti per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione;
b) il 3% del prezzo offerto in gara quale danno curriculare determinato in via equitativa;
c) la rivalutazione monetaria sulle somme liquidate per le causali di cui alle lettere a) e b) da computarsi nella misura degli indici ISTAT dalla data della stipula del contratto da parte dell’aggiudicataria e fino alla data del deposito della sentenza;
quanto al lucro cessante, il 5% dell’offerta determinato in via equitativa.
Sulle somme così determinate, progressivamente e via via rivalutate, gli interessi nella misura legale secondo il tasso vigente alla data della stipulazione del contratto, oltre gli interessi legali dal deposito della sentenza fino all’effettivo soddisfo.
V – Il Comune di Bovalino con il ricorso in esame ha impugnato la suddetta sentenza, chiedendone l’annullamento o la riforma in quanto essa sarebbe basata sull’errato presupposto che il raggruppamento ricorrente sarebbe risultato automaticamente aggiudicatario in assenza dei vizi rilevati nella sentenza di annullamento dell’aggiudicazione, laddove le motivazioni dell’annullamento, incentrate sul difetto di motivazione della scelta dell’affidataria e sulla illegittima composizione della commissione di gara, viziando tutte le operazioni compiute dalla commissione di gara, compreso il risultato finale, non consentirebbero un tale giudizio prognostico e non consentirebbero di dare ingresso all’azione risarcitoria per mancata aggiudicazione.
Si sono costituiti in giudizio i raggruppamenti ricorrenti in primo grado che hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello e ne hanno dedotto l’infondatezza nel merito.
Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza dell’11 giugno 2015, il giudizio è stato assunto in decisione.
VI- Va respinta la eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalle parti resistenti.
Esse assumono che il Comune appellante non avrebbe articolato specifiche censure contro i capi della sentenza impugnata, da cui l’inammissibilità dell’appello.
L’eccezione è priva di pregio.
Il Comune appellante contesta che nel caso sussistano i presupposti dell’azione risarcitoria, assumendo che non è sufficiente ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria la sola illegittimità dell’aggiudicazione in favore di terzi, tanto più ove tale illegittimità consegua all’accertamento del vizio della composizione della commissione di gara o al difetto di motivazione della scelta.
Tale censura proprio perché riguarda il presupposto su cui è fondata la sentenza di accoglimento esaurisce ogni altra possibile censura e qualifica come ammissibile l’appello.
VII- Nel merito l’appello è fondato e va accolto.
La domanda di risarcimento danni presuppone la sussistenza non solo dell’illegittimità del comportamento dell’amministrazione, ma il danno ingiusto e, quindi la lesione del bene della vita effettivamente leso dal comportamento illegittimo della pubblica amministrazione.
La sentenza impugnata ha costruito l’azione risarcitoria sul presupposto che, ove la procedura fosse stata legittimamente svolta, di essa sarebbe risultata aggiudicataria la parte ricorrente.
Tale assunto non trova rispondenza nella realtà dei fatti e non è desumibile dalla sentenza che ha accertato l’illegittimità dell’affidamento dell’incarico di progettazione come disposto dal Comune di Bovalino.
Invero, con la sentenza n. 379 del 27 marzo 1998 il TAR annullava la delibera di aggiudicazione dell’incarico di progettazione per due motivi: a) perché la scelta del Comune non era suffragata da idonea motivazione; b) perché era illegittima la composizione della commissione esaminatrice.
La sentenza veniva confermata in appello (sentenza n. 4673 del 15 maggio 2001 del Consiglio di Stato).
Nella sentenza n. 379 del 1998, in particolare, si affermava che «Il fatto che il bando precisasse che “l’Amministrazione Comunale nell’ambito degli idonei sceglierà l’affidamento dell’incarico a suo insindacabile giudizio” non stava a significare che non dovessero comunque essere forniti elementi atti a far comprendere i presupposti logici della scelta operata», rammentando all’uopo che «La procedura selettiva di cui all’art. 17, comma 12, della legge n. 109 del 1994, introdotto dalla legge n. 216 del 1995, relativa agli incarichi di progettazione d’importo stimato inferiore alla soglia comunitaria, deve, comunque soddisfare, tra le altre, talune esigenze minime di concorsualità e di trasparenza e assicurare, quindi, che le scelte operate non facciano seguito ad un semplice esame formale dei fascicoli, ma, sulla base di appositi criteri selettivi, tengano comparativamente e motivatamente conto, anche se in modo sintetico, dei loro contenuti e delle ragioni della scelta» e che la valutazione dei concorrenti dovrà avere riguardo prioritariamente alle caratteristiche qualitative dei progetti presentati e che «per la valutazione dei curriculum le Amministrazioni dovranno attenersi a criteri fissati preventivamente nel bando».
Aggiungeva che lo stesso avviso pubblico concorrenziale prevedeva esplicitamente una valutazione comparativa non finalizzata alla sola determinazione – mediante l’assegnazione di appositi punteggi – dei soggetti idonei, ma anche alla concreta scelta del soggetto al quale conferire l’incarico.
Nella specie, invece, la Commissione valutatrice avrebbe stilato una graduatoria degli idonei, mentre la scelta tra gli stessi sarebbe stata operata direttamente dalla Giunta municipale, senza, peraltro, che almeno essa avesse avvertito l’esigenza di tenere espressamente conto, sul piano comparativo (ai fini, appunto, “del conferimento dell’incarico) di quanto emerso nella precedente fase valutativa; ché solo in tal modo sarebbe stato possibile per la stessa soddisfare la esigenza motiva e di rispetto dei principi di logicità, trasparenza e parità di trattamento tra i candidati.
VII.1- La sentenza, dunque, riconosceva in sostanza la facoltà del Comune di scelta nel conferimento dell’incarico, seppure richiedendone la motivazione.
Ne consegue che la posizione prioritaria dei professionisti ricorrenti nella graduatoria formulata dalla commissione valutatrice non era determinante per l’affidamento dell’incarico, venendo di conseguenza a mancare nel giudizio in esame la lesione di una posizione giuridica acquisita che avrebbe potuto dar luogo all’azione risarcitoria.
Infatti, nel caso di annullamento per difetto di motivazione l’unico obbligo che nasce per l’amministrazione è quello di riesaminare e motivare la propria scelta.
Comunque, per quanto qui rileva, all’annullamento per difetto di motivazione non consegue l’accertamento per la parte vittoriosa della spettanza dell’aggiudicazione che potrebbe integrare un elemento della fattispecie risarcitoria per mancata aggiudicazione.
VII.2- Tanto meno tale presupposto ricorre ove si consideri l’altro motivo posto nella sentenza n. 379 del 1998 a base dell’annullamento dell’aggiudicazione, motivo, peraltro, prevalente e assorbente perché attiene alla composizione della commissione di gara.
La sentenza n. 379 del 1998, seguendo l’ordine delle censure articolate dai ricorrenti, da ultimo, esaminava e riteneva fondata la censura relativa alla illegittima composizione della Commissione valutatrice, in quanto priva di componenti sufficientemente qualificati, ritenendo che la valutazione affidata alla commissione involgeva anche apprezzamenti di squisito merito tecnico-professionale, che presupponevano la capacità dei membri della Commissione o, almeno, della loro maggioranza, di formulare giudizi comparativi attendibili in ordine alle “opere analoghe progettate” che costituiva un parametro di valutazione (in particolare si affermava che “la Commissione valutatrice (che, tra l’altro, ha operato l’esame curricolare solo ai fini della verifica di idoneità) risultava composta dal Segretario comunale (che non risulta dotato di laurea – o altro titolo – tecnico-professionale), dal geometra capo dell’area tecnica (unico soggetto dotato di specifiche competenze, anche se di limitata rilevanza tenuto conto del titolo di studio posseduto), da un ragioniere capo dell’area contabile e da un soggetto, capo dell’area amministrativa, il cui titolo di studio neppure era precisato”), concludendo nel senso che una siffatta composizione non appariva in grado di garantire una sufficiente competenza dei membri della Commissione in merito alla valutazione dei numerosi progetti loro sottoposti.
Orbene, l’accertamento di tale vizio non può che comportare la ripetizione della procedura di gara davanti ad altra e diversa commissione
Infatti, l’illegittima composizione della commissione giudicatrice vizia tutte le operazioni da essa compiute ed il risultato finale, rimanendo validi solo gli atti del procedimento concorsuale che essendo precedenti alla nomina della commissione giudicatrice non sono toccati dal vizio rilevato.
Ne consegue che la sentenza n. 379 del 1998, avendo annullato l’aggiudicazione per motivi riguardanti l’illegittima formazione della commissione di gara non comporta l’aggiudicazione a favore dei ricorrenti, con la conseguenza che l’effetto caducante degli atti dell’intera gara non consente di individuare il bene della vita leso nella spettanza dell’aggiudicazione.
Tali conclusioni sono in linea con l’orientamento della giurisprudenza consolidata che esclude che possa trovare accoglimento la domanda risarcitoria in caso di annullamento degli atti di gara perché l’annullamento in questo caso determina solamente l’obbligo della riedizione del potere amministrativo, sicché la lesione dell’interesse sostanziale all’affidamento dell’incarico può conseguire solamente alla riedizione e non già al mero interesse strumentale alla riedizione della procedura.
Invero, la funzione svolta da un organo incompetente, quale è l’ipotesi della commissione di gara composta in modo difettosa, va considerata espressione di poteri non ancora esercitati nell’accezione di cui all’articolo 34 c.p.a., sicché a fronte di essa non è ipotizzabile l’azione risarcitoria, ove il bene della vita che si assume leso sia l’aggiudicazione della gara, potendo in limine ipotizzarsi la violazione della mera chance all’aggiudicazione della gara (Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2014, n. 4514).
A fronte dei detti vizi accertati dal giudice della sentenza n. 379 del 1998 è davvero arduo dare ingresso a un’azione risarcitoria per equivalente che presuppone la regolarità della procedura di gara e l’accertamento della spettanza dell’aggiudicazione alla parte ricorrente.
VIII- Per le ragioni esposte, l’appello del Comune di Bovalino deve essere accolto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati: