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Sentenze

Consiglio di Stato, sez. III, 16 gennaio 2015, n. 109

Redazionedi Redazione24 Gennaio 2015
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FATTO e DIRITTO
1. – La signora M. S., avendo lavorato come assistente sociale per la Unità Sanitaria Locale RM/19 sulla base di una convenzione triennale prorogata ed essendo stata, successivamente, inquadrata nei ruoli dell’Amministrazione sanitaria, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 207/1985, aveva impugnato insieme ad altri colleghi, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, la delibera di inquadramento, richiedendo che la decorrenza fosse quella dell’entrata in vigore della legge e non quella dell’atto di inquadramento e in subordine aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 207/85, per il mancato riconoscimento del servizio precedentemente prestato, che presentava tutte le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato.

2. – Il Tar adito ha respinto il ricorso sulla base del disposto dell’art. 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207, che prevede l’inquadramento straordinario in ruolo del personale con rapporto convenzionato “con la posizione funzionale iniziale, con esclusione di ogni riconoscimento di anzianità”, a differenza di quanto previsto dal precedente art. 1 della stessa legge 207/85 per il personale incaricato, in quanto per quest’ultimo esistevano corrispondenti posti in organico, mentre l’assunzione del personale convenzionato richiedeva la necessaria previa istituzione dei relativi posti in organico. Per queste evidenti e oggettive ragioni, la sentenza ha giudicato manifestamente infondata anche la questione di costituzionalità – per disparità di trattamento ai sensi degli artt. 3 e 36 Cost. – in ordine alla medesima norma, che non poteva disporre diversamente, data la diversità sostanziale e non meramente formale dei rapporti pregressi.
Quanto alla riformulazione delle domande introdotte con il ricorso principale operata con la memoria conclusionale, la sentenza osserva che essa è ammissibile solo nei limiti di compatibilità con il contenuto sostanziale del gravame, che i ricorrenti non hanno formalmente introdotto azione per l’accertamento della spettanza di eventuali differenze retributive per il pregresso periodo non di ruolo, e che in ogni caso non risulta provato in atti che il rapporto di lavoro svolto dai medesimi dissimulasse, nella sostanza, un rapporto di lavoro subordinato, di fatto assimilabile a quello di pubblico impiego.

3. – L’ appellante, nell’atto di appello e successivamente con memoria difensiva e successiva memoria di replica, sottolinea che l’art. 3 della legge n. 207/1985, quale che sia la sua formulazione, non preclude al giudice di accertare se il rapporto precedente avesse natura di rapporto subordinato almeno agli effetti retributivi e previdenziali, come ha riconosciuto il Consiglio di Stato con la sentenza 09.10.2003, n.6030, e la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3011 del 26.06.1989. Nel caso dell’appellante, la natura di rapporto di lavoro subordinato è stata accertata dall’INPS e dalla stessa USL con il versamento dei contributi previdenziali. La sentenza è pertanto contraddittoria e illogica in quanto dopo avere rilevato queste stesse circostanze afferma che non è stata provata la natura subordinata del rapporto.

4. – L’Amministrazione appellata non si è costituita in appello.

5. – La causa è stata chiamata ed è passata in decisione alla udienza pubblica del 30 ottobre 2014.

6. – L’appello è infondato.
6.1. – Deve essere preliminarmente precisato che le domande avanzate in appello ripropongono in forma solo sintetica e per rinvio quelle formulate in primo grado e, quanto ai motivi esposti più diffusamente nell’atto di appello, sono ammissibili nei limiti di cui alle domande e ai motivi avanzati nel ricorso di primo grado, non essendo stati proposti motivi aggiunti.
6.2. – Al riguardo deve essere rilevato che:
a) la prima domanda nel ricorso di primo grado concerne l’annullamento della deliberazione n. 865 in data 13/09/1985 della USL RM19 in attuazione dell’art. 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207, in quanto non prevede la decorrenza dall’entrata in vigore della legge;
b) la seconda è relativa alla incostituzionalità della stessa norma per la disparità di trattamento che essa determina nei confronti della appellante in ordine al mancato riconoscimento del carattere sostanzialmente subordinato del rapporto di lavoro nel periodo precedente alla sua assunzione.
6.3. – Sotto entrambi i profili considerati, devono essere confermate le conclusioni della sentenza del TAR in applicazione delle precise disposizioni della legge che escludono “ogni riconoscimento di anzianità”. Tale normativa è conforme ai principi generali anche di ordine costituzionale ed ai criteri di ragionevolezza che presiedono alle valutazioni di eguaglianza di trattamento, in quanto la costituzione di un rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione presuppone la previa istituzione del posto in organico, che è avvenuta con l’adeguamento delle piante organiche prevista dalla stessa legge e che ha preceduto le assunzioni in questione.
6.4. – Nell’atto di appello si chiede di accertare che il rapporto precedente aveva natura di rapporto subordinato almeno agli effetti retributivi e previdenziali per il periodo dal 1° febbraio 1981, data di inizio del rapporto convenzionale, al 1° settembre 1985, data di assunzione ai sensi del citato art. 3 della legge n. 207/1985, con la richiesta per lo stesso periodo delle differenze retributive, essendo già stati riconosciuti gli effetti previdenziali dall’INPS e dalla stessa USL con il versamento dei relativi contributi.
6.5. – Al riguardo si osserva che la domanda formulata in appello è almeno in parte inammissibile con riferimento all’intero periodo che decorre dalla data di costituzione del rapporto di lavoro convenzionale (mentre è ammissibile dalla data di entrata in vigore della legge n. 207 già citata), dato che la stessa sentenza di primo grado osserva che “i ricorrenti non hanno formalmente introdotto l’azione per l’accertamento della spettanza di eventuali differenze retributive per il pregresso periodo non di ruolo”. In ogni caso la richiesta è infondata alla luce della giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato ed in particolare di quella più recente di questa Sezione (Cfr.: Consiglio di Stato, Sez. III, 30 ottobre 2013, n. 5238; 11 dicembre 2012, n. 6339; 10 dicembre 2012, n. 6282; 14 settembre 2012 n. 4898; 09 luglio 2012, n. 3976; e si veda anche, per la giurisprudenza più risalente: Cons. St., sez. V, 17 ottobre 2000 n. 5575).
6.6. – La giurisprudenza appena richiamata ha più volte affermato che, con riferimento a questo tipo di rapporti convenzionali nell’ambito di organi del Servizio Sanitario Nazionale, non emergono gli elementi necessari e sufficienti per la loro qualificazione come rapporto di lavoro di natura subordinata. Tale affermazione è basata sulle seguenti considerazioni:
– la riconduzione delle prestazioni rese nei fini istituzionali dell’ente non altera la natura del rapporto, trasformandolo per ciò stesso in un rapporto di pubblico impiego, poiché per il perseguimento di detti obiettivi l’Amministrazione può anche valersi di professionalità in posizione di autonomia nell’ ambito di una collaborazione prolungata nel tempo;
– la stessa continuità dell’opus nel tempo non è, inoltre, elemento qualificante il solo rapporto di lavoro subordinato, ma è peculiare anche a prestazioni d’opera di tipo professionale che, per la loro natura ed il fine cui sono dirette, comportano un’esecuzione frazionata e reiterata nel tempo;
– manca l’obbligo di esclusività della prestazione, né vi è il vincolo di subordinazione, inteso come vincolo personale che assoggetta il lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro, trattandosi invece di predeterminazione delle modalità delle prestazioni, funzionale – come detto – all’assetto organizzativo dell’USL;
– la presenza di alcuni tratti caratterizzanti propri del lavoro subordinato non è sufficiente a trasformare il rapporto convenzionale in rapporto di pubblico impiego, giacché, in ragione della complessità del predeterminato assetto organizzativo del sistema sanitario, nella parasubordinazione è implicita la presenza di alcune delle caratteristiche che connotano il rapporto di lavoro subordinato, come l’inserimento funzionale nell’organizzazione dell’ente, l’osservanza di vincoli di orario e la predeterminazione delle modalità di svolgimento delle prestazioni, trattandosi di elementi strettamente funzionali al detto assetto organizzativo;
6.7. – Per quanto riguarda in particolare le questioni relative al caso di specie la stessa giurisprudenza sopracitata afferma che l’inquadramento ex art. 3 della legge 20 maggio 1985, n. 207, si atteggia alla stregua di un vero e proprio provvedimento di costituzione del rapporto di impiego, anteriormente al quale è configurabile unicamente un rapporto convenzionale, la cui esistenza costituisce proprio il presupposto ineludibile di quell’inquadramento. Pertanto nel caso dell’inquadramento ai sensi dell’articolo 3 della legge 20 maggio 1985 n. 207, deve ritenersi inammissibile la successiva domanda tendente ad ottenere il riconoscimento del rapporto di pubblico impiego per un periodo anteriore al predetto inquadramento.
6.8. – Alla luce della specifiche disposizioni di legge, come interpretate da una giurisprudenza consolidata, il fatto che, nel caso di specie, vi sia stato il riconoscimento del periodo pregresso agli effetti previdenziali da parte dell’ INPS e della stessa USL con il versamento dei contributi previdenziali non può essere considerato fatto di per sé probante, dato che in altri identici casi risulta non essere avvenuto, come dimostra la esistenza di proposte di legge tendenti proprio alla modifica del più volte citato art. 3 della legge n. 207/1985 per il riconoscimento degli effetti retributivi e previdenziali e recanti proprio una specifica regolamentazione per questi ultimi (Cfr. XVII Legislatura Atto Senato n. 823).

7. – L’appello deve essere pertanto respinto (per la parte che non risulta inammissibile per quanto detto al punto 6.1.) e la sentenza del TAR confermata anche nelle sue motivazioni con le integrazioni rese necessarie dalla considerazione dei motivi di appello.

8. – In considerazione della materia oggetto dell’appello e del comportamento non del tutto coerente delle Amministrazioni pubbliche nella vicenda, le spese devono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
dichiara in parte inammissibile e in parte respinge l’appello.
Spese compensate per il presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)

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