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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Amministrativo Enti locali
Amministrativo Enti locali Sentenze

Consiglio di Stato, sez. III, 18 luglio 2011, n. 4354

Redazionedi Redazione18 Luglio 2011
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

FATTO e DIRITTO
1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso principale proposto dalla società Tesan s.p.a. (di seguito “Tesan”), attuale appellante, per l’annullamento della deliberazione n. 98 del 4 febbraio 2010, con cui il Direttore della Azienda Unità Sanitaria Locale n. 8 di Asolo aveva aggiudicato al Consorzio Stabile Cento Orizzonti Soc. Coop. a r.l. il servizio di gestione integrata delle attività di front end in ambito aziendale.
La pronuncia ha poi dichiarato improcedibile il ricorso incidentale articolato dalla parte controinteressata.
L’appellante ripropone le censure dedotte in primo grado.
La controinteressata resiste al gravame e propone anche un appello incidentale, con il quale riproduce tutti i motivi del ricorso incidentale non esaminati dal TAR.
L’amministrazione si è costituita, contrastando tanto l’appello principale quanto l’appello incidentale.
2. L’appellante incidentale deduce preliminarmente che il TAR ha errato nella parte in cui ha analiticamente esaminato i motivi dedotti con il ricorso principale, respingendoli nel merito, anziché vagliare, prioritariamente, il ricorso incidentale di primo grado.
La tesi è pienamente condivisibile, perché risulta coerente con il principio di diritto espresso dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011.
Contrariamente a quanto dedotto dall’appellante principale, la priorità dell’esame del ricorso incidentale resta ferma anche nei casi in cui il ricorso principale riguardi censure dirette alla integrale caducazione della gara.
3. Nel caso di specie, Tesan prospetta l’illegittimità delle regole della lex specialis riguardanti la determinazione dei punteggi per l’elemento del prezzo, la cui applicazione concreta avrebbe determinato, a suo dire, una irragionevole sottovalutazione dell’ingentissimo ribasso del prezzo proposto rispetto a quello offerto dall’aggiudicataria.
L’accoglimento di tale censura determinerebbe l’obbligo dell’amministrazione di rinnovare la gara, predisponendo più adeguati criteri di attribuzione del punteggio all’elemento prezzo dell’offerta.
È evidente, però, che, secondo le coordinate interpretative espresse dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011, l’allegazione dell’interesse “strumentale” alla rinnovazione della gara non è sufficiente a superare il difetto di legittimazione della parte priva dei requisiti per partecipare alla gara contestata, derivante dall’accoglimento del ricorso incidentale.
Le eccezioni alla regola della priorità dell’esame del ricorso incidentale possono ipotizzarsi solo in altre circoscritte ipotesi, fra cui rientra, fra le altre, quella della contestazione di una clausola “escludente” del bando di gara.
Ma, nella vicenda per cui è causa, non sussiste alcuna delle fattispecie ipotizzate, dal momento che l’asserita irragionevolezza della clausola non preclude affatto la formulazione dell’offerta.
Pertanto, è necessario vagliare, preliminarmente, i motivi formulati con il ricorso incidentale e riproposti con l’appello incidentale.
4. Il collegio ritiene che abbia carattere assorbente e decisivo il quinto motivo dell’appello incidentale.
Al riguardo, secondo la prospettazione in fatto dell’appellante incidentale, non contestata da Tesan, una delle società mandanti del raggruppamento capeggiato da Tesan (Castel Del Monte società cooperativa) ha omesso di indicare i nominativi e l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’articolo 38, comma 1, lettera c), in ordine ai soggetti dotati di potere di rappresentanza di due società dalle quali ha rispettivamente acquistato (T.G.C. s.r.l., in data 26 maggio 2008, atto n. 34720/17219) e affittato (società Global Service s.r.l., in data 18 febbraio 2008, atto n. 34047/16738) le aziende.
In tal modo, a dire dell’appellante incidentale, risultano violate le prescrizioni degli articoli 38 e 75 del codice dei contratti pubblici.
5. La Sezione è consapevole che, al riguardo, sussistono contrapposti indirizzi interpretativi, ma ritiene di aderire all’orientamento più rigoroso.
Secondo la tesi espressa dalla Quinta Sezione (fra le ultime Sentenza 10 settembre 2010 n. 6550), manca nel codice appalti una norma, con effetto preclusivo, che preveda in caso di cessione d’azienda antecedente alla partecipazione alla gara un obbligo specifico di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi della cedente riferita sia agli amministratori e direttori tecnici in quanto l’art. 38 richiede il possesso e la dimostrazione dei requisiti generali di partecipazione solo in capo al soggetto concorrente. Ne discende che in assenza di tale norma e siccome la cessione di azienda comporta non una successione a titolo universale del cessionario al cedente bensì una successione nelle posizioni attive e passive relative all’azienda tra soggetti che conservano distinta personalità giuridica, non può essere esclusa l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente.
Secondo l’opposto e preferibile indirizzo interpretativo (seguito, fra l’altro, dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana 5 gennaio 2011 n. 8, 6 settembre 2010 n. 1153, 6 maggio 2008 n. 389) deve essere esclusa dalla gara l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni ex art. 75 D.P.R. n. 554/1999 in ordine alla persona dell’amministratore unico e direttore tecnico della cedente. Con la cessione del ramo d’azienda, infatti, si realizza una successione di alcuni elementi soggettivi presenti nel singolo ramo. A nulla rileva che, insieme al ramo d’azienda, non vi sia stato alcun transito di personale con poteri di gestione e o di rappresentanza da un’organizzazione imprenditoriale all’altra, giacché l’ipotetica influenza negativa di un soggetto condannato ben potrebbe riverberarsi sul solo ramo e non sull’intera azienda.
6. Secondo tale indirizzo, “l’articolo 75 del d.p.r. n. 554 del 1999 elenca i così detti requisiti soggettivi dei quali deve essere in possesso l’impresa che intenda partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione di un contratto pubblico.
Tra questi, quello indicato dal comma 1, lettera c), si riferisce alla circostanza che l’imprenditore partecipante non abbia ricevuto condanne penali per reati che incidono sulla affidabilità morale e professionale e che l’impresa partecipante non utilizzi, né abbia utilizzato nei tre anni precedenti, personale tecnico e non sia stata amministrata da soggetti attinti da tali condanne penali.
La prescrizione posta dall’articolo 75 è soddisfatta mediante il rilascio, da parte dell’imprenditore o del rappresentante legale della impresa, di autocertificazioni ad hoc. Queste hanno il duplice scopo di certificare il possesso del requisito soggettivo negativo e di porre la Stazione appaltante nelle condizioni di valutare, in caso di positività, l’incidenza delle condanne sulla moralità ed affidabilità anche verificandone la veridicità della dichiarazione.
Il problema giuridico da affrontare in questa sede è quello se le dichiarazioni rese dalla impresa debbano essere espressamente riferite anche agli amministratori e direttori tecnici di un’impresa estranea alla gara, dalla quale la partecipante abbia acquisito un ramo di azienda prima della scadenza dei termini di partecipazione alla gara stessa.
In altri termini, si pone la questione se i requisiti soggettivi (negativi) propri della impresa cedente si trasmettano alla impresa cessionaria, atteso che le dichiarazioni richieste dal bando non sono che lo strumento per attestare la sussistenza dei requisiti stessi. La risposta è positiva.
In effetti, la finalità dell’articolo 75 è quella di escludere dalle procedure ad evidenza pubblica imprenditori ed imprese per i quali si possa presumere una gestione non corretta della azienda attraverso la verifica di parametri diversi, tra cui quello relativo alla personalità penale di amministratori e direttori. Ciò si deduce agevolmente dall’ultimo inciso della norma, secondo cui l’impresa è ammessa non ostante la presenza di condanne qualora dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata.
Ciò significa che l’impresa è stata piuttosto la vittima che il complice della condotta penalmente rilevante e che ha posto in essere gli opportuni accorgimenti per dissociare la propria gestione da quella che sarebbe stata indotta dalla condotta sanzionata. Per altro, la gestione di cui si tratta non deve necessariamente riguardare tutta l’azienda, ma può anche essere relativa ad una parte di essa, ovvero il ramo, senza che venga meno quella connessione tra la gestione e la personalità penalmente colpevole.
Basti pensare che l’influenza negativa di un soggetto condannato ben può riverberarsi sul solo ramo e non sull’intera azienda, come nel caso dell’elemento dell’avviamento, nella specie, espressamente facente parte della cessione del ramo d’azienda di data 11 novembre 2005.
Deve quindi ritenersi che anche nella cessione di un ramo di azienda, oltre che ovviamente nella cessione della intera azienda, si realizzi una successione di alcuni elementi soggettivi pur presenti nel singolo ramo, tanto che l’eventuale inquinamento della gestione causato da un amministratore o direttore tecnico (il quale in ipotesi non sia stato trasferito alla cessionaria insieme al ramo di azienda) tuttavia riverberi la sua influenza negativa.
Una contraria tesi comporterebbe una facile elusione dei divieti di partecipazione, in violazione della disposizione contenuta nel citato art. 75 D.P.R. 554/1999, secondo cui “In ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara …”. Infatti, nell’ipotesi di cessione di ramo di azienda, sussiste il rischio del permanere dell’influenza di eventuali cedenti privi dei requisiti di affidabilità, con violazione del divieto nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara.”
7. A nulla rileva infatti che, insieme al ramo di azienda, non vi sia stato anche un transito di personale da un’organizzazione imprenditoriale all’altra, giacché l’ipotetica influenza negativa di un soggetto condannato ben potrebbe riverberarsi sul solo ramo e non sull’intera azienda, come nel caso dell’elemento dell’avviamento, che, normalmente, fa sempre parte della cessione.
8. L’esigenza di riferire le dichiarazioni anche agli amministratori dell’impresa dalla quale la concorrente ha ottenuto la disponibilità dell’azienda è ancora più evidente nel caso in cui si tratti di affitto e non di cessione dell’azienda, dal momento che l’influenza della impresa locatrice è destinata a restare intatta per tutto lo svolgimento del rapporto e ben potrebbe costituire un agevole mezzo per aggirare gli obblighi sanciti dal codice degli appalti.
Ciò che rileva, infatti, non è la natura reale o personale del diritto attribuito alla concorrente sull’azienda di un altro soggetto, ma la circostanza obiettiva che questa intende utilizzare, ai fini della partecipazione alla gara.
La necessità di verificare la sussistenza dei prescritti requisiti soggettivi in capo agli amministratori cessati, poi, permane identica tanto nel caso in cui si sia verificato un avvicendamento nelle cariche sociali dello stesso soggetto giuridico, quanto nelle ipotesi in cui l’azienda, mantenendo l’identica consistenza oggettiva, viene trasferita, in tutto o in parte, ad un diverso soggetto imprenditoriale.
9. Ed è appena il caso di aggiungere che il rischio di elusione delle prescrizioni di cui agli articoli 38 e 75 del codice dei contratti pubblici risulta particolarmente accentuato in tutte le ipotesi in cui la cessione o l’affitto di azienda è seguito, a breve distanza di tempo, dallo scioglimento della società cedente o locatrice (come è avvenuto nel caso di specie), poiché l’impresa dante causa della concorrente finisce per confluire, in sostanza, nella struttura aziendale della cessionaria.
10. In conclusione, l’appello incidentale deve essere accolto.
Ne consegue, quindi, l’inammissibilità del ricorso principale proposto in primo grado e l’improcedibilità dell’appello principale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello incidentale e dichiara improcedibile l’appello principale.
Per l’effetto, in accoglimento del ricorso incidentale proposto dinanzi al TAR, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati: (omissis)

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