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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Amministrativo Enti locali
Amministrativo Enti locali Sentenze

Consiglio di Stato, sez. V, 4 agosto 2010, n. 5214

Redazionedi Redazione4 Agosto 2010
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

FATTO

Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dal dott. M.P. per l’annullamento degli atti relativi alla procedura ad evidenza pubblica bandita dal Comune di B. per l’individuazione del socio privato della società mista “Farmacia comunale di B. srl”, costituita dallo stesso Comune per la gestione di una farmacia comunale di nuova apertura, alla quale la ricorrente aveva partecipato, e che s’era conclusa con l’aggiudicazione alla controinteressata Farma.Co srl, quale migliore offerente. È stata conseguentemente respinta la domanda di risarcimento del danno.

Il TAR ha ritenuto infondate le censure dedotte dal ricorrente, secondo cui l’aggiudicazione sarebbe illegittima: a) per violazione dell’art. 113, VI comma del D.Lgs. n. 267/00 che non consente la partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici delle società e/o enti che – come quella risultata aggiudicataria – già gestiscano servizi pubblici ottenuti in affidamento diretto; b) per violazione delle prescrizioni del bando di gara che escludono la partecipazione alla gara delle società “il cui oggetto sociale non prevede espressamente…la possibilità di effettuare attività extra-territoriale rispetto al proprio comune”; c) per inidoneità della persona fisica che avrebbe assunto le funzioni di direttore della farmacia.

Il dott. M.P. ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza e l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Il Comune di B. e la Farma.Co. s.r.l. si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame.
Tutte le partii hanno depositato memorie.
Alla pubblica udienza del 4 maggio 2010 la causa è stata rimessa in decisione.

DIRITTO

1. L’appello, nel riproporre le censure già avanzate in primo grado, esordisce con la denuncia della violazione dell’art. 6, I comma, lett. d) del bando, che non consentiva la partecipazione alla gara delle società che si trovassero”nelle condizioni di cui al comma 6 dell’art. 113 del D.Lgs. n. 267/00”, e cioè che gestissero “a qualunque titolo farmacie in virtù di un affidamento diretto”.
La tesi dell’appellante è che la Farma.Co. s.r.l., odierna controinteressata, in quanto società a capitale misto costituita dal vicino Comune di San Giovanni Lupatoto per la gestione della farmacia di quel Comune, doveva considerarsi affidataria diretta del detto servizio, e pertanto non poteva essere ammessa alla gara bandita dal Comune di B. per la scelta del soggetto cui cedere una quota della società “Farmacia Comunale di B.” titolare della gestione della farmacia in questo Comune.
Secondo l’assunto, la circostanza che il Comune di San Giovanni Lupatoto abbia individuato il socio privato della Farma.Co. mediante procedura ad evidenza pubblica non impedirebbe di qualificare come affidamento diretto quello disposto in favore della società appositamente costituita per la gestione della farmacia. Si cita – a sostegno della tesi – un indirizzo giurisprudenziale (C.G.A. 27 ottobre 2006 n. 589) che ritiene non sovrapponibili la procedura per la scelta del socio privato a quella destinata all’affidamento del servizio, in quanto le due gare sono preordinate a finalità distinte.
In altri termini, si sostiene che l’affidamento del servizio relativo alla gestione della farmacia comunale a società mista, nonostante che la scelta del socio privato di minoranza sia stata effettuata mediante procedura ad evidenza pubblica, pur differenziandosi dall’ in house providing, e pur in sé legittima, costituisce ipotesi di affidamento diretto .

2. Va tenuto presente che, all’epoca dei fatti di causa (gennaio – luglio 2008), non era ancora entrato in vigore l’art. 15, comma 1, lett. b), del d.l. 25 settembre 2009 n. 135, convertito nella legge 20 novembre 2009 n. 166, che, sostituendo integralmente i commi 2, 3 e 4 dell’art. 23-bis del d.l. n. 122 del 2008, convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133, ha qualificato formalmente come procedimento ad evidenza pubblica l’affidamento di un servizio pubblico “a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.”.

Ai fini della valutazione della censura, tuttavia, il Collegio deve osservare che, già prima della ricordata “novella”, il problema posto dall’appellante aveva ricevuto una approfondita elaborazione in sede scientifica e giurisprudenziale.

Al parere del Consiglio di Stato, Seconda Sezione n. 456 del 2007, che aveva prefigurato la soluzione poi accolta dal legislatore del 2009, ha fatto seguito la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2008, che, pur non assumendo una posizione definitiva sul tema, non ha ritenuto di escludere la compatibilità dell’affidamento del servizio a società il cui partner privato sia scelto con procedura ad evidenza pubblica con i principi del diritto comunitario, allorché l’oggetto della società, statutariamente previsto, sia la gestione di un servizio pubblico determinato, e la stessa sia affidata al socio prescelto.

La successiva giurisprudenza del Consiglio di Stato si è decisamente orientata nel senso della equiparazione dell’affidamento a società mista appositamente costituita con un socio privato operativo, scelto mediante procedura ad evidenza pubblica, all’affidamento mediante gara (Sez. VI, 23 settembre 2008 n. 4603; Sez. V, 13 febbraio 2009 n. 824), ulteriormente specificando le ragioni di tale assimilazione.

Dalle decisioni citate, infatti, si evince che le due procedure garantiscono in egual misura il rispetto dei principi comunitari in tema di libero mercato, perché attraverso la prima, finalizzata alla scelta del socio, non si realizza un affidamento diretto alla società, ma piuttosto un affidamento con procedura di evidenza pubblica dell’attività operativa della società mista al partner privato, tramite la stessa gara volta all’individuazione di quest’ultimo. Il modello, in altre parole, trae la propria peculiarità dalla circostanza che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato abbia ad oggetto, al tempo stesso, l’attribuzione dei compiti operativi e quella della qualità di socio.

La scelta del socio, quindi, non avviene al fine della costituzione di una società “generalista”, alla quale affidare l’esecuzione di servizi non ancora identificati al momento della scelta stessa, ma per l’individuazione, mediante gara, del soggetto che dovrà svolgere una specifica e definita attività.

In questo caso, l’affidatario del servizio non è un soggetto precostituito unilateralmente dall’Amministrazione, come avviene nell’in house providing, ma è il vincitore di una libera competizione tra operatori del settore: l’affidamento non è diretto perché la scelta del beneficiario è mediata, essendo subordinata all’esito della gara.

Nella specie, lo stesso appellante non contesta che la gestione della farmacia comunale di San Giovanni Lupatoto sia stata affidata con una procedura sostanzialmente corrispondente al modello sopra descritto, e ciò consente di escludere che fosse operante a carico della Farma.Co. la preclusione di cui all’art. 6, I comma, lett. d) del bando adottato dal Comune di B..

3. L’appellante, peraltro, invoca a favore della propria tesi la decisione della Sezione n. 3845 del 2009, con la quale è stato respinto l’appello proposto dalla odierna contro interessata Farma.Co. per contestare la propria esclusione dalla gara per l’assunzione della farmacia comunale di Santa Maria di Zevio.

Il precedente, ad avviso del Collegio, non è idoneo a contrastare la conclusione raggiunta in precedenza, posto che nella detta decisione ha assunto rilievo dirimente la circostanza che, come si vedrà più avanti, lo statuto della Società non era stato ancora modificato nel senso di consentire anche la gestione di farmacie diverse da quella di San Giovanni Lupatoto, unica attività contemplata all’atto della costituzione.

Inoltre, neppure appropriato si rivela il richiamo al passaggio della motivazione, in cui si soggiunge che il “limite territoriale, lungi dall’essere il mero portato delle volontà contrattuale, si armonizza con i limiti posti dalla legge all’attività extraterritoriale delle società deputate alla gestione dei servizi pubblici locali, segnatamente in caso di conseguimento di pregressi affidamenti diretti.”.

È agevolmente comprensibile che la detta notazione si riferisce al disposto dell’art. 23-bis, comma 9, del d.l. n. 112 del 2008, già citato, nel testo non ancora modificato dall’art. 15 del d.l. n. 135 del 2009, pure citato, recante la preclusione ad “acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare”. Ma va chiarito che il divieto, all’epoca dei fatti di causa, era posto a carico dei soli “soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante le procedure competitive di cui al comma 2, nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attività di erogazione dei servizi.”.

Non a caso la decisione menziona il “caso di conseguimento di pregressi affidamenti diretti”; ma si è già visto che l’affidamento a società mista con socio operativo selezionato mediante gara non può ritenersi un affidamento diretto .

È solo con il ricordato d.l. n. 135 del 2009, il cui art. 15 ha modificato il detto comma 9, che il divieto di assumere servizi per altri enti e in ambiti territoriali diversi viene esteso alle “società a partecipazione mista pubblica e privata,” in cui “la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica”. Ma la norma non è applicabile, ratione temporis, alla presente controversia.

4. Il secondo mezzo di gravame concerne la pretesa violazione del bando nella parte in cui richiedeva che l’oggetto sociale della società partecipante alla gara prevedesse espressamente la possibilità di effettuare attività extra territoriale rispetto al proprio comune.

È pacifico, in punto di fatto, che l’art. 4 dello statuto originario della Farma.Co., venne modificato comprendendo nell’oggetto sociale, oltre la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune di San Giovanni Lupatoto, anche “le altre farmacie di cui acquisirà la titolarità e/o la gestione”.

Secondo l’appellante, sebbene sia noto che lo statuto venne modificato nel senso suddetto proprio per consentire alla Farma.Co. di partecipare alla gara bandita dal Comune di B., così sanando la lacuna che aveva condotto alla esclusione dalla gara per la farmacia di Santa Maria di Zevio, la locuzione introdotta non soddisferebbe ancora la condizione richiesta dal bando, difettando la espressa menzione della possibile collocazione della farmacia in comune diverso da quello di San Giovanni Lupatoto. La modifica autorizzerebbe bensì la gestione di altre farmacie, ma solo se site all’interno di quel territorio comunale.

Oltre l’argomento basato sul dato letterale, l’appellante invoca l’indirizzo giurisprudenziale che valorizza il vincolo del capitale sociale in mano pubblica alla esigenze della collettività di riferimento, quale ostacolo all’impegno di risorse di un comune in ambito territoriale proprio di un comune diverso.

Si richiama, in fine, l’art. 3, comma 27, della legge finanziaria 2008 (24 dicembre 2007 n. 244) che, nell’imporre un generale divieto alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 di costituire società aventi per oggetto la produzione di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, implicherebbe anche una limitazione di ordine territoriale.

5. 1.Il Collegio non condivide le suddette argomentazioni.

Con riguardo alla clausola del bando che richiede la previsione espressa in sede statutaria della attività extraterritoriale, la stessa tende evidentemente ad evitare che la eventuale aggiudicazione risulti illegittima per l’impossibilità della società prescelta di operare al di fuori del comune in cui è costituita. Ma tale eventualità non potrebbe che derivare da un divieto espresso in sede di determinazione dell’oggetto sociale, in mancanza del quale la naturale capacità espansiva dell’iniziativa economica induce a ritenere che l’attività societaria possa essere svolta in qualunque ambito territoriale.

Ne consegue che quando, come nella fattispecie, l’oggetto sociale sia espresso in termini tali da poter escludere l’esistenza di anomale limitazioni di ordine territoriale, l’interesse dell’Amministrazione alla legittimità della procedura può ritenersi adeguatamente tutelato, sicché ad una lettura della clausola, esclusivamente ancorata ai termini usati, ma non rispondente ad un interesse sostanziale, va preferita quella che soddisfa il principio più generale del favor partecipationis.

5.2. Neppure risulta convincente il richiamo a quella giurisprudenza che ritiene ammissibile l’attività di una società mista oltre i confini del territorio comunale di riferimento, solo in presenza di un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della comunità civica in cui la società si è costituita (Cons. St., Sez. V, 21 giugno 2007 n. 2364), collegamento che nella specie non sarebbe dimostrato.

La giurisprudenza della Sezione, infatti, con una recente pronuncia (12 giugno 2009 n. 3767), ha approfondito tale problematica, pervenendo alla conclusione che la sussistenza di un interesse della società mista alla partecipazione ad una gara in ambito extra territoriale non possa che essere valutata dall’ente esponenziale della comunità di riferimento, ossia il Comune che ha costituito la società.

Ne deriva che, ove il Comune, che detiene la quota maggioritaria del capitale sociale, autorizzi una modificazione statutaria finalizzata a consentire la partecipazione alla gara in questione, non sembra si possa dubitare che abbia ritenuto la gestione di una nuova farmacia come rispondente all’interesse della comunità di riferimento.

5.3. Il richiamo all’art. 3, comma 27 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) non risulta influente nella vicenda in esame.

La norma, che, nella sostanza, riproduce l’art. 13, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006 n. 248, si riferisce, per giurisprudenza costante, alle c.d. società strumentali, ossia che svolgono attività amministrativa per conto dell’ente territoriale, ma per dettato normativo espresso non si applicano alle società che svolgono servizi pubblici.

Meritano di essere richiamate, in proposito, le chiare proposizioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 326 del 2008. “Tali disposizioni sono fondate sulla distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica e attività d’impresa di enti pubblici. L’una e l’altra possono essere svolte attraverso società di capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capitali che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza.

Le disposizioni impugnate mirano a separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione. Non è negata né limitata la libertà di iniziativa economica degli enti territoriali, ma è imposto loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando a una frequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva della concorrenza.”.

6. L’ultimo motivo di appello intende far leva sulla circostanza che la società aggiudicataria, tenuta ad indicare il socio persona fisica che avrebbe assunto la funzione di direttore della farmacia di B., ha designato il dr. Luigi Lequaglie, direttore della farmacia comunale di San Giovanni Lupatoto. Tale designazione sarebbe avvenuta in violazione dell’art. 8, primo comma, della legge n. 362 del 1991, a norma del quale la partecipazione a società che intende gestire una farmacia è incompatibile, fra l’altro, con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia.
Si assume che, erroneamente il primo giudice avrebbe respinto la censura, ritenendo che la detta incompatibilità non abbia comportato l’illegittimità della partecipazione al procedimento concorsuale, ma semplicemente l’obbligo di optare per una delle due attività, e, in mancanza, la decadenza da quella precedentemente conseguita.
Ad avviso del Collegio, la tesi del TAR merita di essere confermata.
È sufficiente osservare che il bando, al punto 6 capoverso, non richiedeva, come sostiene l’appellante, “per la partecipazione gara” che “le società avessero un socio farmacista in grado di assumere la direzione della farmacia”.

Il bando prescrive che “In caso di aggiudicazione da parte di una società la stessa dovrà indicare, prima dell’atto di cessione delle quote, il socio persona fisica, in possesso dei requisiti di cui al precedente punto 4, che assumerà le funzioni di direttore della farmacia.”
Può constatarsi che il detto punto 4 non contiene alcun riferimento alle ragioni di incompatibilità invocate dall’appellante, menzionando esclusivamente l’iscrizione all’albo e l’abilitazione all’esercizio della professione da almeno tre anni, e procedendo poi ad elencare le preclusioni di cui all’art.. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Ma se ne deve anche dedurre che il segmento dell’operazione concernente l’indicazione del direttore della farmacia, non influisce sulla legittima partecipazione della concorrente alla gara.

7. In conclusione l’appello va rigettato.
Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate sussistendone giusti motivi.

P.Q.M.
rigetta l’appello;
spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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