FATTO
Le signore Sabina Artelli e Consuelo Artelli hanno impugnato, per quanto d’interesse, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, pur dopo aver annullato il decreto di esproprio emesso dalla società Ferrovie dello Stato S.p.a. su suoli di loro proprietà, ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo la domanda risarcitoria dalle stesse formulata in relazione all’illegittima occupazione e irreversibile trasformazione dei predetti suoli.
A sostegno dell’impugnazione, le appellanti hanno dedotto l’erroneità della decisione appellata nella parte in cui i giudici di primo grado hanno denegato la propria giurisdizione in ordine alla domanda risarcitoria spiegata in relazione all’annullamento degli atti espropriativi.
Pertanto, esse hanno chiesto riformarsi la sentenza gravata, accertandosi il proprio diritto al risarcimento del danno subito, da quantificare attraverso un’apposita consulenza tecnica d’ufficio.
Resistono il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Udine nonché l’Impresa Pizzarotti & C. S.p.a. (designata esecutrice delle opere cui era funzionale l’esproprio), chiedendo la reiezione dell’appello e l’integrale conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 6 ottobre 2009, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
Viene nuovamente all’attenzione di questo Consesso la vicenda espropriativa interessante il terreno sito in Cervignano del Friuli di proprietà delle odierne appellanti, signore Sabina Artelli e Consuelo Artelli, ai fini della realizzazione di un nuovo scalo ferroviario da parte della società Ferrovie dello Stato S.p.a.
Gli atti della procedura espropriativa “de qua” sono stati già una volta annullati in sede giurisdizionale, nel giudizio conclusosi con la decisione dell’Adunanza Plenaria nr. 14 del 7 giugno 1999; tuttavia, l’Amministrazione ha proseguito il procedimento notificando alle signore Artelli un decreto di esproprio, come se nulla fosse accaduto.
A seguito di nuovo ricorso delle interessate, il T.A.R. del Lazio ha annullato anche il predetto decreto di esproprio, per illegittimità derivata, dichiarando però il proprio difetto di giurisdizione in ordine all’ulteriore istanza con la quale le ricorrenti avevano chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno: è limitatamente a questa statuizione che le signore Artelli hanno impugnato la sentenza del T.A.R., chiedendone l’annullamento ovvero la riforma.
Tanto premesso, l’appello è fondato nella parte in cui si lamenta l’erroneità della declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria.
Ed invero, il primo giudice ha ritenuto che, una volta annullati gli atti del procedimento espropriativo, il danno cagionato dall’occupazione e dalla irreversibile trasformazione del suolo illegittimamente espropriato sarebbe riconducibile a mera attività materiale, e quindi esulerebbe dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
Tale affermazione non può essere condivisa.
Infatti, è ormai consolidato, anche dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale nr. 204 del 6 luglio 2004, l’orientamento secondo cui rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente a oggetto la domanda risarcitoria conseguente a una occupazione avente il proprio originario fondamento in un titolo poi annullato, trattandosi in questo caso di danno riconducibile non a mero comportamento materiale, ma all’esercizio, ancorché scorretto o illegittimo, di pubblici poteri (cfr. “ex multis” Cons. Stato, Ad. Pl., 22 ottobre 2007, nr. 12; Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2009, nr. 3509; id., 3 settembre 2008, nr. 4112).
Le considerazioni che precedono, contrariamente all’avviso di parte appellante, non consentono tuttavia a questa Sezione di affrontare il merito dell’istanza risarcitoria, imponendo invece una pronuncia di annullamento con rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 35 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034.
Pertanto, è in tale sede che dovranno essere affrontati gli aspetti relativi alla quantificazione del danno risarcibile, e prima ancora i profili inerenti alla sussistenza stessa dei presupposti per l’accoglimento della domanda attorea (in particolare, quanto alla colpa dell’Amministrazione, tenuto conto dei vizi di legittimità a suo tempo ravvisati negli atti della procedura espropriativa e dell’epoca in cui questi si sono verificati).
Ne discende, ancora, che resta riservata al definitivo anche ogni determinazione in ordine alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione Quarta, accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado.
Riserva al definitivo le determinazioni in ordine alle spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2009 con l’intervento dei Signori:
(omissis)