FATTO
Con atto notificato il 12 luglio 2008 e depositato il 31 seguente l’Azienda Sanitaria Locale di Bari ha appellato la sentenza 28 maggio 2008 n. 1316 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, sezione seconda, con la quale è stato accolto il ricorso ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971 della dott.ssa Concettina Sturdà, dirigente medico proveniente dall’ex AUSL BA/3 (incorporata nell’ASL BA), inteso a censurare l’assunto silenzio dell’Azienda stessa sulla proposta di nomina quale responsabile di una unità organizzativa semplice formulata in favore della medesima dal direttore del competente dipartimento.
A sostegno dell’appello ha sostenuto il difetto di giurisdizione amministrativa, giacché sono di competenza del giudice ordinario le controversie in materia di incarichi dirigenziali e, di qui, quelle sul silenzio in materia.
L’appellata si è costituita in giudizio e con successiva memoria ha confutato l’appello sostenendo, in estrema sintesi, che la vicenda in esame non coinvolge atti paritetici ma la condotta inerziale dell’Azienda a fronte dell’obbligo di concludere un procedimento amministrativo che, in quanto volto a definire l’intera organizzazione e gli assetti del Dipartimento interessato, rientra nell’esercizio di un potere pubblicistico.
All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione.
DIRITTO
Com’è accennato nella narrativa che precede, forma oggetto dell’appello in esame la sentenza 28 maggio 2008 n. 1316 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, sezione seconda, con la quale è stato accolto il ricorso ai sensi dell’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 della dott.ssa Concettina Sturdà, dirigente medico dell’appellante Azienda sanitaria locale di Bari, proveniente dall’ex AUSL BA/3, proposta per l’incarico di responsabile dell’unità organizzativa semplice “problematiche alcol-droga correlate” dal direttore del dipartimento delle dipendenze patologiche della stessa AUSL, avverso il silenzio serbato dall’Azienda su tale proposta.
L’unico motivo di appello, di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, deve ritenersi fondato.
E’ ormai noto che lo speciale ricorso previsto dal cit. art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, introdotto dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000 n. 205, non determina una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva o per materia del giudice amministrativo, bensì costituisce un particolare strumento processuale volto a rendere più efficace la tutela dell’interessato nei confronti del comportamento inerte dell’amministrazione. Pertanto, tale specifica forma di tutela può realizzarsi solo nell’ambito delle controversie che già rientrano nel perimetro della giurisdizione amministrativa. In altri termini, il rimedio del silenzio-rifiuto, regolato dal ridetto art. 21 bis della legge TAR, non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto sostanziale. L’istituto del silenzio va infatti configurato come strumento diretto a superare l’inerzia dell’amministrazione pubblica nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al privato. Né potrebbe ammettersi un’autonoma tutela dell’interesse procedimentale mediante la censura del silenzio rifiuto presso il giudice amministrativo, anche per i casi in cui difetta di giurisdizione, dal momento che l’interesse al giusto procedimento è assorbito dalla posizione sostanziale. Conseguentemente, per le controversie relative ai rapporti di lavoro privatizzato non ha più senso una giurisdizione del giudice amministrativo sul silenzio-rifiuto dell’amministrazione, posto che il giudice ordinario può decidere direttamente la questione, avvalendosi dei poteri istruttori che gli competono ed a prescindere dagli atti adottati dall’amministrazione, quindi anche nel caso in cui non sia stato emanato alcun atto nonostante il decorso dei termini prescritti per la conclusione del relativo procedimento. Inoltre, siffatta conclusione non muta a seguito delle modifiche legislative del rito avverso il silenzio, introdotte dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15 e dal decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005 n. 80, atteso che il potere di conoscere della fondatezza dell’istanza proposta dal ricorrente, sebbene ampli i poteri decisori del giudice amministrativo, tuttavia non gli consente di esorbitare dai limiti della propria giurisdizione (cfr., per tutte, Cons. St., questa Sez. V, 9 ottobre 2006 n. 6003).
Nella specie, diversamente da quanto argomentato dalla difesa dell’appellata, si controverte proprio in tema di rapporto di lavoro. Non viene difatti in evidenza alcun procedimento di macro-organizzazione a carattere autoritativo, dal momento che l’articolazione in cinque unità operative del dipartimento in parola è definita dalla legge (art. 6 della L.R. n. 27 del 1999 e ss.mm.ii.) e le stesse unità operative risultano in concreto individuate (vedasi la determinazione 31 maggio 2007 n. 29 del direttore del dipartimento, contenente anche la proposta di cui si discute), tanto che, come esposto dall’attuale appellata nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, sono stati nominati i responsabili di due unità ed una terza è stata avocata al direttore. Dunque, il contestato silenzio coinvolge non l’assetto strutturale ed organizzativo del dipartimento, ma unicamente la posizione della dott.ssa Sturdà quale parte del rapporto di lavoro, ossia al silenzio dell’Azienda sanitaria si contrappone la pretesa dell’interessata al conferimento dell’incarico dirigenziale, la cui cognizione, in quanto qualificabile come posizione connessa al rapporto suindicato, è devoluta al giudice civile in funzione di giudice del lavoro dal sistema di riparto della giurisdizione ora delineato dall’art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.
Come preannunciato, l’appello va quindi accolto, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza appellata. Tuttavia, si ravvisano ragioni affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, annulla senza rinvio la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 novembre 2008 con l’intervento dei magistrati: