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Sentenze Amministrativo Enti locali

Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2006, n. 459

Redazionedi Redazione11 Marzo 2024
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2006, n. 459

FATTO

1) - I signori Vincenzo Lentini e Adelina Scalise Pantuso, entrambi candidati - rispettivamente, alla carica di sindaco e di consigliere comunale - nella lista n. 2 “Quercia - Democratici di Sinistra - Margherita”, nell’ambito della competizione elettorale svoltasi il 12 e 13 giugno 2004 per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Verzino (KR), hanno chiesto, muovendo una pluralità di censure, l’annullamento del verbale di proclamazione degli eletti alla carica di Sindaco e di consigliere comunale, nonché dei verbali delle operazioni elettorali delle sezioni nn. 1, 2 e 4 e di tutte le operazioni elettorali svoltesi nelle date anzidette per l’elezione del Sindaco.
Nell’ordine, i ricorrenti hanno denunciato:
a) - che nella Sezione elettorale n. 4, il presidente dava lettura ad alta voce dell’attribuzione alla lista n. 1 “Torre - Uniti per Verzino” di n. 152 voti, mentre dai verbali risultavano n. 153 voti;
b) - che nella medesima Sezione sarebbe stato illegittimamente attribuito alla lista n. 1 un voto relativamente ad una scheda recante il simbolo sbarrato e, nello spazio delle preferenze ai candidati, il cognome “Spina”, non riconducibile ad alcun candidato di alcuna lista;
c) - che nella Sezione elettorale n. 1 sarebbe stato attribuito alla lista n. 1 un voto relativo ad una scheda che avrebbe presentato, oltre al simbolo sbarrato della lista “Torre - Uniti per Verzino”, un segno di preferenza sul simbolo della lista n. 2;
d) - che nella Sezione elettorale n. 2 un elettore avrebbe fotografato la scheda votata, ma ciononostante il voto sarebbe stato ritenuto valido;
e) - che nelle Sezioni n. 1, 2 e 4 sarebbero stati ammessi al voto assistito elettori con impedimenti non riconducibili a quelli tassativamente previsti dall’art. 41 del T.U. n. 570/60;
f) - che nella Sezione n. 4, un elettore ammesso al voto assistito sarebbe stato accompagnato in cabina da un candidato al consiglio comunale di Verzino.
Si sono costituiti in giudizio sia l’Amministrazione intimata, sia il controinteressato Italo Russo, instando, entrambi, per l’inammissibilità ed il rigetto nel merito del gravame. Quest’ultimo ha proposto, inoltre, ricorso incidentale, denunciando:
a) - la mancata attribuzione, nella Sezione elettorale n. 4, di un voto alla lista n. 1 “Torre - Uniti per Verzino” relativo a scheda che presentava, in luogo del segno di croce, un cerchio apposto sullo spazio accanto al simbolo della lista predetta;
b) - l’erronea attribuzione, nella Sezione elettorale n. 1, di n. 4 voti alla lista n. 2, con riferimento a schede che presentavano sbarrato il simbolo della predetta lista, ma l’indicazione di preferenze per candidati estranei a quest’ultima.
Il TAR, con la sentenza specificata in rubrica, ha dichiarato inammissibili le prime tre censure, per non avere i ricorrenti fornito quantomeno un principio di prova, ha dichiarato infondati gli altri motivi ricorso, che pertanto ha respinto, ed infine ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.
L’appello è stato proposto dai signori Vincenzo Lentini e Adelina Scalise Pantuso, che hanno contestato la decisione del primo giudice sia nella parte in cui dichiara inammissibili le prime tre censure del ricorso, sia nella parte in cui ha respinto le altre censure.
Gli appellanti hanno concluso chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l’espletamento dell’attività istruttoria richiesta, ma pretermessa dal TAR e, quindi, l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Resistono all’appello sia il comune di Verzino che il signor Italo Russo, i quali contestano la fondatezza delle tesi avversarie e concludono per il rigetto dell’appello; il sig. Russo insiste perché, all’occorrenza, si proceda all’esame anche delle censure dal medesimo svolte in via incidentale, con la connessa attività istruttoria.
2) - Con decisione interlocutoria n. 3682 del 1° luglio 2005, ai cui contenuti ci si richiama, la Sezione ha disposto incombenti avendo ritenuto, in particolare, che - contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici - si dovessero acquisire, per la completezza istruttoria:
a) - una verifica effettuata, in contraddittorio tra le parti costituite, dal Prefetto di Crotone, o da un funzionario della prefettura da lui delegato, che accerti, nella sezione elettorale n. 4;
b) - l’esatto numero delle schede elettorali recanti espressione di voto per la lista n. 1 “Torre - Uniti per Verzino”;
c) - l’esistenza di una scheda recante la preferenza per il nominativo “ Spina”;
d) - gli atti, eventualmente anche in possesso di altre autorità, riferiti all’episodio che i ricorrenti affermano essere avvenuto nella sezione elettorale n. 2.
Espletata l’istruttoria, la causa è stata riportata in decisione.
Con memorie conclusionali le parti appellate ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.

DIRITTO

1) - Con la sentenza appellata il TAR ha in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del verbale di proclamazione degli eletti alla carica di Sindaco e di consigliere comunale del 15 giugno 2004, relativo alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Verzino, nonché dei verbali delle operazioni elettorali delle sezioni nn. 1, 2 e 4 e di tutte le operazioni elettorali svoltesi il 12 e 13 giugno 2004 per l’elezione del Sindaco.
I primi giudici hanno dichiarato inammissibili, per genericità, le prime tre censure, mentre hanno ritenuto infondate quelle che si appuntavano avverso il mancato annullamento delle operazioni elettorali (quanto meno in ordine alla sezione in cui si è verificato l’episodio) relative ad una sezione in cui un elettore - poi denunciato all’autorità giudiziaria - ha fotografato la scheda votata e la stessa, anziché essere annullata, è stata riposta, invece, nell’urna e poi conteggiata; nonché quelle che si appuntavano avverso il voto assistito.

2) - Per gli appellanti la sentenza sarebbe erronea in quanto le tre prime censure non sarebbero state affatto inammissibili perché tutt’altro che generiche, mentre le altre, al contrario di quanto ritenuto dal TAR, sarebbero state pienamente fondate.

3) - Con decisione interlocutoria n. 3682 del 2005 la Sezione ha disposto incombenti avendo ritenuto, in particolare, che, per la completezza istruttoria, si dovessero acquisire - contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici - i documentati chiarimenti precisati in fatto.
Dall’istruttoria ora detta è emerso, in particolare:
- che nella sezione n. 4 i voti effettivamente espressi a favore della lista “Torre” (antagonista della lista “Quercia”, cui fanno capo gli odierni appellanti) erano, effettivamente 153 e non 152 (come avrebbe dichiarato il presidente del seggio in sede di lettura ad alta voce dei voti riportati dalle singole liste);
- che, effettivamente, tra le schede utilmente scrutinate nella stessa sezione con voto per la lista “Torre”, ne è stata rinvenuta una recante, quale indicazione di preferenza, il nominativo “Spina” (scheda prodotta in copia);
- che vi è conferma in merito alla circostanza della denuncia di un elettore che ha fotografato la propria scheda;
- quanto al voto assistito, sono state versate in atti le disposizioni ministeriali in materia di votazioni;
- sempre in ordine al voto assistito è stata prodotta copia della pagina 24, paragrafo 18, del verbale della sezione 2.
Ritiene la sezione, tenuto anche conto dei detti esiti istruttori, che l’originario ricorso sia privo di consistenza, con la conseguente infondatezza dell’appello.

4) - La relazione istruttoria induce, anzitutto, all’infondatezza, in linea di fatto, della censura relativa al numero delle schede effettivamente votate, nella sezione n. 4, per la lista “Torre”, di appartenenza del candidato Sindaco poi risultato eletto; il numero di schede votate per tale schieramento risulta pari, infatti, a 153, così come correttamente indicato nel verbale di scrutinio; in tale situazione appare priva di ogni rilevanza la circostanza secondo cui il presidente del seggio, in sede di lettura, ad alte voce, del risultato elettorale di sezione, avrebbe affermato che alla detta lista sarebbero stati assegnati solo 152 voti di preferenza.

5) - Con il secondo motivo d’appello si ribadisce, poi, la censura di primo grado relativa al mancato annullamento del voto di lista contenuto in una scheda recante crocesegno sul simbolo “Torre” (antagonista, si ripete, di quello “Quercia”, di appartenenza degli odierni appellanti) e contenente, come preferenza, l’indicazione “Spina”.
La censura si fonda su presupposti, in linea di fatto, che la verifica istruttoria ha confermato.
Secondo gli appellanti, invero, tra i candidati alle elezioni di cui si tratta non è compreso alcun candidato con il cognome Spina; ne conseguirebbe che lo stesso nominativo sarebbe stato apposto all’unico scopo di far riconoscere la scheda votata, con il conseguente, doveroso annullamento della stessa (e conseguente parità dei due schieramenti, separati da un solo voto, con conseguente rinnovazione delle elezioni).
La censura è priva di consistenza.
Come segnalato e documentato dagli appellati, nella data del 12 e 13 giugno 2004 si sono tenute, nel Comune di Verzino, non solo le elezioni comunali, ma anche quelle provinciali (oltre quelle europee); e uno dei candidati (per la lista Margherita) delle elezioni provinciali aveva, appunto (nello stesso collegio elettorale in cui si collocava il Comune di Verzino), il cognome di Spina; ciò fa ritenere che, nella specie, si è trattato, verosimilmente, solo di un mero errore materiale dell’elettore, che ben può aver confuso, nella pluralità delle schede (si votava, come detto, per tre differenti elezioni) tra nominativi di candidati e simboli delle differenti competizioni elettorali.
A norma dell’art. 69 del T.U. n. 570/1960 sono nulle, invero, le “schede votate in modo da far ritenere che l’elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto”; l’annullamento della scheda deve essere operato, quindi, allorché la stessa contenga elementi tali da far ritenere incontrovertibilmente che il medesimo elettore abbia inteso, in tal modo, farsi riconoscere; ed è vero che l’indicazione, tra le preferenze, di nominativi estranei alla competizione elettorale è stata ritenuta, da questo stesso Consiglio, valida ragione di annullamento della scheda (cfr., tra le altre, le decisioni della Sezione 2 settembre 2004, n. 5741; 12 aprile 2001, n. 2291; 5 marzo 2001, n. 1251; 18 agosto 1997, n. 923)
Non di meno, allorché la scheda, recante crocesegno sul simbolo di una lista, rechi, tra le preferenze, il nominativo del candidato di un’altra lista, la scheda stessa è valida, dovendo essere annullata, a mente dell’art. 57, settimo comma, del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, soltanto la preferenza (cfr., tra le altre, la decisione della Sezione 24 maggio 2004, n. 3360).
E poiché ciò che si è verificato nella specie è, nella sostanza, che l’elettore, anziché indicare il nominativo di un candidato alle elezioni comunali, ha indicato pur sempre il nominativo di un candidato, ma presentatosi alle contestuali elezioni provinciali, deve ritenersi, in un caso siffatto, che l’erronea indicazione nominativa sia solo il frutto di un’involontaria confusione e non, invece, segno volontario di riconoscimento della scheda, potendo trovare logica applicazione, in via analogica, il principio di salvezza riconducibile al citato art. 57, comma settimo, del T.U. n. 570/1960; sicché l’espressione erronea della preferenza in questione non può ritenersi motivo di annullamento della scheda che, perciò, correttamente è stata conteggiata.

6) - Anche priva di consistenza appare la censura volta a contestare la regolarità delle operazioni elettorali nella sezione n. 2, ove è stata inserita nell’urna e conteggiata una scheda che, ad avviso degli appellanti, avrebbe dovuto essere, invece, preventivamente annullata (con ripetizione, se del caso, del voto da parte dell’elettore) in quanto la scheda votata era stata fotografata, mediante un telefono portatile, dall’elettore che, per ciò stesso, è stato anche denunciato.
E, invero, come rilevato dal TAR, nel caso in esame non si è verificata la fattispecie (la sola dedotta, in proposito, con specifico motivo di primo grado) relativa alla violazione del citato art. 69 del T.U. n. 570/1960, dal momento che la scheda votata non risultava, almeno nella parte esterna del piego, caratterizzata da segni di riconoscimento (e, comunque, una siffatta circostanza non è stata neppure ipotizzata dagli originari ricorrenti); mentre eventuali segni di riconoscimento interni ne avrebbero decretato, comunque, l’annullamento ai sensi delle norme invocate dagli interessati.
Se, quindi, la fotografia della scheda votata può apparire, in astratta ipotesi (e salve le valutazioni, in proposito, del giudice penale), sintomo della volontà dell’elettore di far conoscere a terzi la propria espressione del voto, non di meno tale volontà si è manifestata, nella specie, attraverso comportamenti che hanno lasciato indenne la scheda votata; scheda che, pertanto, una volta inserita nell’urna, non era riconoscibile e correttamente, quindi, il presidente del seggio non si è opposto a tale inserimento.
Né a conclusioni di segno opposto può indurre il richiamo fatto dagli appellanti alla decisione di questa Sezione n. 5692 del 31 ottobre 2001.
In tale occasione, infatti, la Sezione ha esaminato la fattispecie relativa alla fotografia della scheda votata da parte di un elettore, avendo ritenuto valida la disposta rinnovazione del singolo voto, giusta art. 50 del T.U. n. 570/1960 (che prevede solo che, “se l’espressione del voto non è compiuta nella cabina, il presidente dell’ufficio deve rifiutare la scheda presentatagli e se l’elettore, invitato, non si reca nella cabina, lo esclude dal voto, prendendone nota nel verbale”); si tratta, invero, di fattispecie normativa non attinente alla presente controversia e neppure posta a fondamento dei motivi di ricorso (e neanche avendo fatto oggetto di contestazione - ai fini della correttezza dell’operato del seggio elettorale - la circostanza se la fotografia sia stata scattata all’interno o all’esterno della cabina).

7) - Infondate appaiono, infine, anche le censure che investono il voto assistito.
In proposito la Sezione ha ritenuto (cfr. la decisione 15 marzo 2004, n. 1265, dai cui contenuti non vi è ragione di discostarsi) che la disciplina, al riguardo manchevole nell’originario testo dell’ultimo comma dell’art. 41 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, è stata completata con l’art. 9 della legge 11 agosto 1991, n. 271, il quale precisa che “detti certificati debbono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore”.
Il senso dell’espressione legislativa non lascia spazio a dubbi di sorta; ai fini del voto assistito il funzionario medico designato dai competenti organi dell’unità sanitaria locale deve svolgere il suo accertamento anche sull’attitudine dell’infermità fisica, da cui è affetto l’elettore, ad impedire (non solo, dunque, a renderla più gravosa) l’autonoma manifestazione del voto e di tanto deve dare “attestazione”.
Deve, pertanto, ritenersi ormai superata quella giurisprudenza che riconosceva ai certificati medici prodotti dall’elettore qualità di atti di certezza privilegiata solo per quanto attiene alla natura dell’infermità e non anche per quanto riguarda la specifica capacità invalidante delle medesime, così da vincolare il Presidente del seggio elettorale solo per quanto concerne la natura della malattia, ma non sulla portata pratica della stessa quale concreto impedimento all’espressione materiale del voto e ciò anche se nel certificato medico si attesti l’impossibilità all’espressione personale del voto (cfr. Cons. Stato, V Sez., 25 maggio 1987 n. 331; 15 maggio 1985 n. 214; 22 aprile 1985 n. 195; 20 giugno 1983 n. 251).
Appare, pertanto, condivisibile l’orientamento espresso dal giudice di primo grado secondo il quale il presidente del seggio elettorale non è tenuto in ogni caso alla cosiddetta prova empirica, volta ad accertare se l’impedimento lamentato dell’elettore rientri tra quelli elencati dalla legge o che la stessa permette di equiparare.
Tale accertamento, invero, è stato già fatto, nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, dal competente organo pubblico che, inoltre, si è assunto la responsabilità della relativa certificazione.
Cosicché non può ammettersi che, in un ambito dalla legge riservato ad altro organo, il presidente del seggio sovrapponga al giudizio professionale medico il suo - pur “prudente” - apprezzamento.
Egli potrà, in ogni caso, esperire tutti gli accertamenti e fare tutte le valutazioni che siano funzionali all’esercizio del potere, di cui è titolare, di consentire la modalità di voto in questione, fino a disattendere la certificazione esibita allorquando a sorreggere la sua decisione negativa sussistano elementi tali da indurlo a ritenere che questa sia falsa o che il giudizio medico, se non deliberatamente artefatto, sia evidentemente quanto meno non rispondente a canoni della scienza medica universalmente accettati.
In tal modo, non è stato escluso che, talora, per talune invalidità meno manifeste, il presidente del seggio possa verificare de visu se quella indicata nella certificazione medica sia effettivamente tale da inibire l’autonoma espressione del voto, richiedendo l’accompagnamento nella cabina dell’elettore; ma tanto non è richiesto allorché la certificazione medica attesti la sussistenza di invalidità in grado di inibire fisicamente l’espressione del voto stesso.
Su chi intenda contestare come illegittima l’ammissione dell’elettore al voto assistito incombe, allora, l’onere di dimostrare la sussistenza di siffatti elementi e, nella specie, questa dimostrazione non è stata data.
Nella specie, le certificazioni rilasciate (e contestate) riguardavano:
- nella sezione 1, un’elettrice con frattura al braccio: si tratta di fatto invalidante non dissimile - anche se transeunte - rispetto a quello dell’amputazione dell’arto, sicché non illogicamente il presidente del seggio si è astenuto da ogni ulteriore verifica rispetto a quanto certificato dal competente sanitario della ASL;
- nella sezione 2, due elettori erano afflitti, il primo, da tremori senili (esiti di ictus cerebri), il secondo da vasculopatia: anche in tal caso si tratta di infermità in grado di impedire una corretta e completa espressione del voto allorché assurgano, così come ritenuto, evidentemente, dal sanitario ASL, a elevato livello di gravità;
- nella sezione 4, due elettori erano afflitti da disabilità neuromotoria l’uno e da diminuzione del visus l’altro: anche in tal caso, trattandosi di invalidità in grado di incidere sulla mobilità degli arti e sulle capacità visive, competeva al sanitario pubblico certificare se il grado d’infermità fosse tale da inibire - per la sua oggettiva consistenza - il valido esercizio del voto.
In definitiva, le invalidità certificate erano tutte, astrattamente in grado - così come certificato - di inibire la capacità di autonoma espressione del voto, sicché correttamente il presidente del seggio si è astenuto da ulteriori apprezzamenti empirici.
Da qui l’infondatezza delle censure testé esaminate.

8) - Gli appellanti contestano la sentenza appellata anche nella parte in cui disattende la censura - sempre relativa al voto assistito - con la quale, in primo grado, si era dedotta l’illegittima ammissione al voto assistito di un elettore che aveva scelto, come accompagnatore, un candidato alle elezioni.
Ritiene la Sezione (cfr., sul punto, la decisione della Sezione 13 aprile 1999, n. 421, dai cui contenuti non vi è regione di discostarsi) che tale censura sia infondata.
L’art. 41 del testo unico n. 570 del 1960 prevede che l’elettore possa esercitare il diritto di voto facendosi aiutare da “un elettore della propria famiglia o, in mancanza, di un altro elettore, che sia stato volontariamente scelto come accompagnatore, purché l’uno o l’altro sia iscritto in un qualsiasi Comune della Repubblica”; la norma, quindi, individua le modalità mediante le quali un elettore può esprimere il proprio voto c.d. assistito.
Il presidente del seggio deve strettamente attenersi alle prescrizioni di tale norma e rispettare le formalità ivi previste; la norma non gli consente, invero, di incidere sulla scelta dell’accompagnatore, liberamente espressa dall’elettore invalido, non accordando, la norma stessa, rilievo alla circostanza che l’accompagnatore sia anche candidato nelle elezioni.
Allorché il legislatore ha inteso dare rilievo al rapporto di parentela con un candidato alle elezioni, lo ha fatto espressamente, vietando, in particolare (art. 41 cit., comma settimo) che i certificati medici possano essere rilasciati dai “funzionari medici designati dai competenti organi dell’unità sanitaria locale” che siano candidati o parenti fino al quarto grado di candidati.
Lo stesso presidente del seggio, così come il giudice amministrativo, non può ritenere che la qualità di candidato nella competizione elettorale sia incompatibile con la funzione di accompagnatore; in sede interpretativa, non può crearsi un vulnus al principio per il quale l’elettore accompagnato possa scegliere l’elettore accompagnatore “liberamente” (art. 41, cit.) e senza sindacato di sorta sulla persona sulla quale ha riposto la propria fiducia

9) - Da tutto quanto precede discende l’infondatezza dell’originario ricorso, con il conseguente rigetto del presente appello.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe nei termini precisati in motivazione.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 novembre 2005, con l’intervento dei signori:
(omissis)

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