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Affari costituzionali Sentenze

Consiglio di Stato, sez. V, 30 agosto 2011 n. 4863

Redazionedi Redazione30 Agosto 2011
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8340 del 2010, proposto da: M.N., M.V., E.C., G.F., D.F., rappresentati e difesi dagli avv. P.F., G.T., con domicilio eletto presso Antonio Simonelli in Roma, via (omissis);
contro
Comune di Galeata, rappresentato e difeso dall’avv. L.M., con domicilio eletto presso F.G. in Roma, via (omissis);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA: SEZIONE II n. 04912/2010, resa tra le parti, concernente ELEZIONI COMUNALI SVOLTESI NEL COMUNE DI GALEATA IL 6 E IL 7 GIUGNO 2009
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Galeata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2011 il Cons. Eugenio Mele e
uditi per le parti gli avvocati Melloni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il presente appello verte in materia elettorale e si dirige contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna ha rigettato un ricorso ivi presentato avverso la proclamazione degli eletti delle elezioni svoltesi per il Comune di Galeata.
Gli appellanti, elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune di Galeata, rilevano alcune irregolarità sia nella formazione degli elenchi degli elettori ammessi al voto, sia delle operazioni elettorali e formulano i seguenti motivi di gravame: Errore nella indicazione delle parti e della regolare instaurazione del contraddittorio;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del codice di procedura civile; non essendosi pronunciato il giudice sul fatto che i documenti di identità di alcuni cittadini comunitari erano in lingua straniera;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 r 5 del d. lgs. n. 30 del 2007 e dell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale; avendo confuso il primo giudice il documento valido per il diritto di ingresso con quello valido per l’identificazione personale;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, lett. c), del d.P.R. n. 445 del 2000, dell’art. 3 del r.d. n. 773 del 1931 e dell’art. 35, comma 2, del d,P,R, n. 445 del 2000; in quanto i documenti di identità devono essere redatti esclusivamente in lingua italiana;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 38 del d.P.R. n. 445 del 2000; in quanto le sottoscrizioni dei documenti per essere valide devono essere accompagnate da una copia fotostatica di un documento di identità valido (cosa non possibile per un documento redatto in lingua straniera); Violazione e falsa applicazione degli artt. 46, 47, commi 2 e 3, e 48 del d.P.R. n. 445 del 2000; poiché le autocertificazioni degli elettori comunitari non prevedevano l’avvertenza delle conseguenze penali in caso di dichiarazione non veritiera e devono perciò essere considerate nulle;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 bis del d.P.R. n. 223 del 1967 e 1 e 3 del d. lgs. n. 197 del 1996; poiché due cittadini comunitari avevano presentato in ritardo la domanda di iscrizione nelle liste elettorali aggiunte e ciò nonostante sono stati ammessi al voto;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del d.P.R. n. 570 del 1960; essendo impossibile l’identificazione dei cittadini comunitari (almeno 14) votanti; Violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 570 del 1960 e pericolo di alterazione dei risultati elettorali; essendovi comunque delle omissioni, anche se non rilevanti in ordine al risultato, nel verbale nella sezione n. 3 del seggio elettorale.
Il Comune di Galeata si costituisce in giudizio e resiste all’appello, chiedendone la reiezione, controdeducendo puntualmente a tutti i motivi dell’appello e rilevando altresì la irrilevanza dell’ultimo motivo in ragione del fatto che nella sezione n. 3 hanno votato soltanto quattro cittadini comunitari, invocando all’uopo la prova di resistenza.
La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 1° febbraio 2011.
DIRITTO
L’appello è manifestamente infondato: non è dunque necessario, ai sensi dell’art. 95 comma 5 c.p.a., disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che erano parti in primo grado ma ai quali l’appello non è stato notificato.
La questione su cui ruota la presente controversia è quella dell’ammissione al voto di cittadini comunitari, da iscriversi in liste elettorali aggiunte, relativamente alla quale sostengono gli appellanti che questi sono stati ammessi nelle liste mediante identificazione di un documento di identità rilasciato da un’autorità straniera, e perciò incompatibile con la normativa nazionale, che vuole che i documenti identificativi dei cittadini elettori siano rilasciati in lingua italiana e da un’autorità italiana.
Ora, però, la normativa che concerne l’esercizio del diritto di voto dei cittadini comunitari residenti nella Repubblica italiana, e cioè il decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197, non individua alcuna specificità in ordine alla documentazione di identità dei soggetti da ammettere al voto, per cui vi è, al riguardo, piena libertà di forme, purché, naturalmente, il documento possa individuare con la necessaria esattezza il soggetto.
Peraltro, è anche ampiamente giustificato che il cittadino dell’Unione europea, residente in Italia, ma non in possesso della cittadinanza italiana, sia sprovvisto di un documento di identità rilasciato in Italia, trattandosi, nella più gran parte dei casi, di soggetti ancora da poco tempo nel territorio italiano, ed in ogni caso, non può ignorarsi che, ai sensi degli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 30 del 2007, i documenti rilasciati dai paesi di origine, nell’ambito dell’Unione europea, sono validi per la libera circolazione nell’ambito degli stessi paesi dell’Unione europea e, come tali, assumono necessariamente e conseguentemente una efficacia in ordine alla identificazione del soggetto titolare degli stessi.
Per la stessa ragione, e cioè per la sostanziale identità dei documenti rilasciati da uno dei paesi dell’Unione europea, va disattesa la censura circa la presentazione, in sede di seggio elettorale, del documento di identificazione personale. Respinte le censure in ordine alla ammissibilità nelle liste elettorali aggiunte dei cittadini comunitari muniti di un documento di riconoscimento rilasciato da unotato dell’Unione diverso dall’Italia, perde consistenza la censura circa l’ammissione al voto di 2 cittadini comunitari (4 in verità, ma solo due votanti) non ancora iscritti nelle liste elettorali.
Infatti, al di là della loro legittimità, sulla quale il Collegio non si sofferma, la prova di resistenza (7 voti di differenza fra le due liste) è ampiamente rappresentativa della inutilità di un eventuale accoglimento della censura, per cui, anche se la stessa potesse essere favorevolmente scrutinata, gli effetti di tale accoglimento sarebbero irrilevanti per il risultato relativo al provvedimento di proclamazione degli eletti, permanendo sempre ben cinque voti di differenza fra le due liste. Anche la censura in ordine ad alcune piccole irregolarità riscontrate nei verbali nella sezione n. 3 non appaiono rilevanti, trattandosi di irregolarità formali che non incidono per nulla né sulla legittimità degli stessi, né sull’esito delle elezioni, né può essere sostenuto che perfino alcune piccole irregolarità formali possono determinare pericolo di inquinamento dei risultati elettorali.
Relativamente al primo motivo dell’appello, relativo al fatto che la sentenza del Tribunale amministrativo regionale non ha indicato nell’epigrafe della sentenza tutti i nominativi dei soggetti controinteressati, si tratta, all’evidenza di un errore materiale, che va corretto in sede di appello, ove vengono indicati i soggetti controinteressati pretermessi, da aggiungersi a quelli già inseriti nella sentenza di primo grado, e precisamente: D.C., I.C.D., I.R.C., I.T., I.V.T., M.A., M.A., P.M., P.V., P.A., P.C., P.G., P.M., R.S.D., S.S., S.J.S., S.L., S.M., S.C., S.D., T.D., T.E., T.O.S., T.C., V.E.L., V.I. (…), V.I. (…), V.A., V.I., V.P.M.. Tali nominativi vanno aggiunti nell’epigrafe della sentenza di primo grado. L’appello è, però, infondato e va, conseguentemente, respinto. Le spese di giudizio possono, però, in considerazione anche della novità della questione, essere integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
corregge la sentenza di primo grado, nei sensi indicati in motivazione, mandando alla segreteria del Tar dell’Emilia-Romagna- sede di Bologna, sez. II, per gli adempimenti di rito; rigetta l ‘appello. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2011 con
l’intervento dei magistrati:
(omissis)

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