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Diritto urbanistico Edilizia Sentenze

Consiglio di Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2134

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano16 Febbraio 2023Aggiornato il:16 Febbraio 2023
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Consiglio di Stato, sez. VI, 2015, 27 aprile 2015, n. 2134

SENTENZA

per la riforma
della sentenza 23 dicembre 2013, n. 832, del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati P., per delega dell’avvocato G. e C.

FATTO e DIRITTO

1.– I signori C. A. e M. E. hanno comunicato al Comune di Bologna l’inizio di attività consistente nella realizzazione di pannelli fotovoltaici a parziale copertura di un nuovo pergolato in legno, contestualmente realizzato sul terrazzo dell’abitazione e dotato di tenda parasole retrattile.
Il Comune, con atto del 29 luglio 2011, prot. 183908, ha dichiarato inefficace tale comunicazione e con ordinanza 2 gennaio 2013 ha disposto la riduzione in pristino dello stato dei luoghi. In particolare, l’amministrazione ha messo in rilievo che la tipologia di interventi posti in essere richiedono il rilascio di un permesso di costruire.
2.– Le parti hanno impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna che, con sentenza 23 dicembre 2013, n. 832, ha rigettato il ricorso.
3.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello. In particolare, con articolate censure si afferma che la normativa vigente non richiede il permesso di costruire né per i pergolati né per i pannelli fotovoltaici. A tale ultimo proposito si rileva come l’art. 6, comma 2, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico in materia edilizia) qualifichi come libera l’attività di installazione di detti pannelli su edifici esistenti o loro pertinenze.
La parte ha lamentato anche la violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento.
Infine, l’appellante ha chiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni subiti per non avere potuto ottenere gli incentivi economici previsti per l’installazione dei suddetti pannelli.
3.1.– Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, chiedendo il rigetto dell’appello.
3.2.– Il Consiglio di Stato, con ordinanza 4 agosto 2014, n. 5377, ha accolto la domanda cautelare e sospeso gli effetti della sentenza impugnata.
4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 2 aprile 2015.
5.– L’appello è fondato nei limiti di seguito indicati.
6.– In via preliminare è necessario ricostruire il quadro normativo e gli orientamenti giurisprudenziali rilevanti.
6.1.– L’art. 6, comma 2, lettera d), del d.p.r. n. 380 del 2001 dispone che sono soggetti a comunicazione di inizio lavori gli interventi consistenti, tra l’altro, nell’installazione di «pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444».
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti in esame prevedono che essi possono essere installati «su edifici esistenti e loro pertinenze», inclusi, pertanto, anche i pergolati.
L’art. 10 dello stesso decreto dispone, invece, che occorre il permesso di costruire per: «a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni».
6.2.– La giurisprudenza amministrativa, in mancanza di una definizione legislativa di pergolato, ha avuto modo di affermare che esso può essere inteso come un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5409). Si è, inoltre, precisato che «la nozione di pergolato non muta se alle piante si sostituiscono i pannelli fotovoltaici, sicché gli stessi devono essere collocati in modo tale da lasciare spazi per il filtraggio della luce e dell’acqua e non devono caratterizzarsi come copertura stabile e continua degli spazi sottostanti» (Cons. Stato, sez. I, 25 giugno 2014, n. 2162).
7.– Nella fattispecie in esame gli appellanti, come risulta dalla relazione tecnico-illustrativa dell’intervento, hanno realizzato sulla terrazza al primo piano del fabbricato «un pergolato in legno aperto ai lati e dotato di tenda parasole retrattile». Su tale pergolato è stato installato un impianto fotovoltaico a pennelli «costituito da otto pannelli (…) per un’area totale di metri quadrati 13».
Tale descrizione unitamente all’analisi delle foto e dei documenti depositati in giudizio induce a ritenere che l’intervento – in ragione del materiale impiegato, della sua struttura e della circostanza che essa, essendo aperta su tutti i lati, non determina aumento di volumetria – non rientra tra quelli per i quali la normativa di disciplina della materia richiede il permesso di costruire.
È bene aggiungere che quanto esposto non significa che le opere realizzate si sottraggono a forme di controlli pubblici ma implica esclusivamente che l’attività può essere posta in essere con un mera comunicazione senza dovere ottenere previamente il rilascio da parte del Comune del titolo abilitativo.
8.– Alla luce di quanto esposto l’appello è fondato nella parte in cui si constata la legittimità degli atti impugnati in primo grado.
9.– Deve, invece, essere rigettata la domanda di risarcimento del danno non avendo gli appellanti dimostrato il nesso di causalità tra il comportamento del Comune e la mancata percezione degli incentivi economici, nonché la entità concreta del danno subito. Gli appellanti si sono limitati ad affermare genericamente di non avere potuto ottenere detti incentivi e di avere subito conseguenze, patrimoniali e non patrimoniali, «per essersi visti coinvolti in una paradossale vicenda giudiziaria».
6.– L’amministrazione comunale è condannata al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese processuali dei due gradi di giudizio, che si determinano in euro 1,000,00 (mille), oltre accessori.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati in primo grado;
b) condanna l’amministrazione comunale al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese dei due gradi del giudizio che si determinano in euro 1.000,00 (mille), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)

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