FATTO
Con la sentenza in epigrafe il TAR del Lazio ha accolto il ricorso proposto dalla prof. (omissis) avverso il silenzio serbato dalle Amministrazioni intimate sull’istanza notificata il 9 e 12 maggio 2006, avente ad oggetto la reintegra in tutte le funzioni didattiche, assistenziali e di ricerca spettanti ex lege alla istante medesima.
Riteneva il Tribunale che la mancata reintegra risultasse comprovata dalla valutazione, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c., del comportamento processuale tenuto dalla Direzione sanitaria.
Appella l’Azienda Policlinico Umberto I deducendo di aver già posto in essere i provvedimenti idonei a reintegrare la Cardillo nella funzione che le spettava in forza della sua posizione sostanziale in seno al Policlinico, essendosi perciò il TAR contraddetto rispetto alle precedenti pronunce cautelari, assunte in separato giudizio, dove aveva ritenuto adempiuto l’ordine di reintegrazione contenuto nell’ordinanza cautelare n. 528/06.
L’Azienda ribadiva la propria estraneità rispetto alle pretese avanzate dalla ricorrente, costituenti problemi personali infondatamente rivolti verso il Direttore della U.O.C. presso cui presta servizio assistenziale.
La sentenza, dunque, erra e non risulta risolutiva perché non considera che l’Azienda non potrebbe in ogni caso entrare nel merito delle singole strutture in cui la stessa si articola; l’appello fa quindi presente che il Direttore della U.O.C. è stato assolto in sede penale “per gli stessi fatti oggetto del ricorso in primo grado” e contesta la condanna sulle spese disposta nella sentenza di primo grado.
Quest’ultima è appellata altresì dall’Università degli Studi di Roma, “La Sapienza” che deduce i seguenti motivi:
1. Omessa pronunzia sull’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, stante l’inapplicabilità al caso di specie del procedimento relativo alla formazione del silenzio inadempimento.
2. Il TAR erra anche laddove ha ordinato all’Amministrazione un preciso obbligo di “facere” consistente nella reintegrazione effettiva nelle mansioni proprie della qualifica.
3. Omessa pronunzia circa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sotto il profilo della violazione del principio del “ne bis in idem”, in relazione alle ordinanze dello stesso TAR, in sede cautelare, nn. 528/06,, 4486/06 e 6658/06.
4. Omessa pronuncia circa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’Università resiste.
5. Infondatezza nel merito della pretesa della ricorrente, stante l’inapplicabilità degli artt. 2103 c.c. e 52 D.lgs. n. 165/2001, e considerato che, alla luce della specifica disciplina vigente, con riferimento alla figura dei ricercatori nessuna norma impone in loro favore l’attribuzione di specifiche funzioni didattiche o di ricerca.
In entrambi i giudizi d’appello così instaurati si è costituita la prof. Cardillo, deducendo, con ampia memoria, l’infondatezza delle proposte impugnazioni.
DIRITTO
È da accogliere il primo motivo dell’appello proposto dall’Università poiché, come condivisibilmente dedotto in tale sede, la procedura intesa alla formazione del c.d. “silenzio-inadempimento” riguarda le ipotesi in cui, di fronte alla formale richiesta di un provvedimento da parte di un privato, costituente cioè atto iniziale di una procedura amministrativa normativamente prevista per l’emanazione di una determinazione autoritativa su istanza di parte, la p.a. ometta di provvedere entro i termini stabiliti dalla legge.
E dunque, l’omissione dell’adozione del provvedimento finale assume il valore di silenzio-inadempimento (o rifiuto) solo nel caso in cui sussisteva un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, attivando un procedimento amministrativo in funzione dell’adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico.
Tale fattispecie non ricorre, nel caso in esame, perché, alla luce della “causa petendi” fattuale esposta nell’originario ricorso introduttivo, la ricorrente non sà indicare un provvedimento espresso, legalmente previsto e tipizzato in corrispondenza di un presupposto procedimento amministrativo funzionale alla sua adozione, di cui sarebbe mancata la tempestiva emanazione.
Ed infatti, pur facendo riferimento a non meglio precisati obblighi a provvedere inerenti alla “reintegra” nelle proprie funzioni assistenziali, didattiche e di ricerca, fa fondamentalmente riferimento a comportamenti materiali o a direttive informatizzate, del Direttore preposto alla U.O.C. in cui è incardinata, che avrebbero, complessivamente attivamente svuotato la sua posizione funzionale dei contenuti anzidetti.
Va allora sottolineato che l’obbligo di reintegra sancito dall’ordinanza cautelare di primo grado n. 528/2006, che tra l’altro si riferisce alle sole funzioni assistenziali, (di cui si era occupato il sospeso provvedimento prot. n. 32773 del 22 novembre 2005), si muove sul piano dei contenuti di tutela giurisdizionale della posizione lavorativa, cioè, nel senso che, da un lato, esso realizza un interesse corrispondente ad un diritto soggettivo pieno della ricorrente, e, dall’altro, non esiste un provvedimento amministrativo e corrispondente procedimento, autoritativo di “reintegra”.
La citata ordinanza n. 528/2006, quindi, implicava “ex se” solo l’adozione di atti puntuali, ove necessari, di natura paritetica, cioè materialmente intesi al pieno ripristino della situazione professionale corrispondente alla posizione di “Aiuto” presso il Servizio speciale di anatomia patologica urologia e di Dirigente di primo livello presso l’Unità operativa complessa di anatomia patologica D.
A fronte dei citati comportamenti materiali del Dirigente di quest’ultima struttura lamentati dalla ricorrente, dunque non si prospettava l’esigenza di adottare provvedimenti autoritativi, (che infatti la ricorrente non sa specificare), e quindi l’esperibilità di una procedura giurisdizionale speciale di rimozione del silenzio ai sensi degli artt. 2, comma 5, l.n. 241/90 e 21 bis l. n. 1034 del 1971, ma si apriva la via all’esperimento di un’azione di accertamento del violato diritto alla reintegra nelle proprie funzioni, da proporre con il rito ordinario, nel quale far constare l’illiceità dei comportamenti ostruzionistici e depauperanti posti in essere dagli organi dell’Amministrazione sull’ambito delle rispettive competenze, cumulando tale azione con la richiesta di tutela risarcitoria.
Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello dell’Università va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto in primo grado.
L’appello dell’Azienda Policlinico Umberto I va per conseguenza dichiarato improcedibile.
Giusti motivi, connessi alla peculiarità della fattispecie, consigliano di compensare le spese per entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, riunisce i ricorsi in epigrafe.
Accoglie il ricorso in appello n. 2116/2008 e dichiara improcedibile l’appello n. 2083/2008, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, l’8 aprile 2008 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
(omissis)