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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Civile e procedura civile
Civile e procedura civile Sentenze

Corte Costituzionale, 16 maggio 2008, n. 144

Redazionedi Redazione16 Maggio 2008
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SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli
669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, promosso dal
Tribunale di Chieti, nel procedimento civile vertente tra P. C. e E.
P. ed altri, con ordinanza del 29 settembre 2003 iscritta al n. 648
del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 aprile 2008 il Giudice
relatore Francesco Amirante.
1.- Nel corso di un procedimento di reclamo avverso un’ordinanza di rigetto della richiesta di accertamento tecnico preventivo, il Tribunale di Chieti ha sollevato, con ordinanza emessa il 29 settembre 2003 (pervenuta alla Corte il 24 maggio 2007), questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, degli articoli 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, nella parte in cui non consentono di proporre il reclamo contro le ordinanze di rigetto delle domande di istruzione preventiva.
Osserva il remittente che i procedimenti cautelari disciplinati dagli artt. 669-bis e seguenti cod. proc. civ. presentano la medesima ratio dell’istruzione preventiva. In entrambi i casi, infatti, il legislatore ha ritenuto di approntare una disciplina processuale idonea a garantire una tutela immediata del diritto, tutela che si esplica in via principale mediante l’anticipazione degli effetti della decisione di merito, ma anche tramite l’acquisizione delle prove suscettibili di dispersione nelle more dell’ordinario giudizio. Pertanto, se i provvedimenti di istruzione preventiva partecipano della natura cautelare dei provvedimenti anticipatori, non si ravvisa alcuna ragione per escludere l’estensione del regime del reclamo. Né varrebbe obiettare – secondo il giudice a quo – che la tutela cautelare sostanziale ha una funzione distinta, tesa all’anticipazione degli effetti della sentenza definitiva, mentre l’istruzione preventiva salvaguarda solo l’acquisizione probatoria: il remittente sottolinea al riguardo l’identità teleologica dei due strumenti processuali, posto che entrambi assicurano alla parte di non veder pregiudicato il proprio diritto dalla durata del processo. Quest’ultimo può essere irrimediabilmente leso sia nel caso di tardiva tutela sostanziale, sia anche nel caso in cui non si consenta al titolare di assumere quei mezzi di prova soggetti a dispersione o modificazione ed in assenza dei quali la proposizione dell’azione risulterà sfornita di supporto probatorio.
Se l’effetto negativo della pronuncia cautelare di rigetto è il medesimo, a prescindere dal fatto che a non essere accolta sia la domanda cautelare sostanziale piuttosto che quella istruttoria, ne conseguirebbe una palese disparità di trattamento, posto che nel primo caso l’ordinamento appresta il reclamo, mentre nel secondo non risulta esperibile alcuno strumento d’impugnazione.
L’indisponibilità di mezzi di impugnazione avverso l’ordinanza di rigetto del ricorso per istruzione preventiva comporta che il ricorrente potrà esclusivamente proporre l’azione ordinaria, esponendosi al concreto rischio che – nelle more del giudizio – la prova di cui si era chiesta l’assunzione anticipata non possa essere più acquisita al processo. Il problema non si pone, invece, nel caso di ordinanza ammissiva dell’istruzione preventiva, proprio perché il provvedimento risulta inidoneo a sortire effetti definitivi, essendo rimessa al successivo ed eventuale giudizio di merito ogni valutazione circa la rilevanza della prova.
Nell’argomentare la prospettata illegittimità costituzionale, il remittente osserva come la parità dei mezzi istruttori presupponga che entrambe le parti siano in grado di avvalersi delle prove a sostegno delle proprie tesi; proprio per tale ragione, infatti, l’ordinamento ha predisposto uno strumento che impedisce la dispersione incolpevole delle prove. Ciononostante, tale parità risulta inevitabilmente alterata qualora la parte richiedente l’istruzione preventiva, ove non venga messa in condizione di reclamare avverso l’erroneo diniego di assunzione anticipata della prova, veda definitivamente preclusa, nel giudizio di merito, la possibilità di avvalersi della prova stessa a seguito del concretizzarsi del rischio di dispersione paventato.
In conclusione, il Tribunale esclude che l’estensione del reclamo ai provvedimenti di rigetto dell’istruzione preventiva possa conseguire all’interpretazione estensiva della sentenza n. 253 del 1994 di questa Corte, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non ammette il reclamo avverso le ordinanze di rigetto della domanda cautelare. A tale conclusione il remittente perviene rilevando come tale tesi condurrebbe ad una sostanziale disapplicazione dell’impugnato art. 669-quaterdecies cod. proc. civ.
La rilevanza risulterebbe infine dal fatto che, sulla base di quest’ultima disposizione, il reclamo andrebbe necessariamente dichiarato inammissibile, mentre, al contrario, l’eventuale declaratoria di incostituzionalità della norma ne determinerebbe l’ammissibilità.
2.- È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione, osservando, sotto il primo profilo, che l’accertamento tecnico preventivo, a differenza di tutti i procedimenti cautelari, ha ad oggetto l’istruttoria, cioè l’acquisizione di elementi che serviranno poi per decidere sulla ragione o sul torto, mentre tutti gli altri procedimenti cautelari hanno ad oggetto anticipazioni di tutela della posizione giuridica sostanziale. Le due situazioni non sarebbero, quindi, comparabili: mentre, infatti, il rigetto della domanda cautelare può determinare un pregiudizio (e ciò giustifica la reclamabilità), non altrettanto avviene per l’istruzione preventiva, che non esclude la possibilità di provare, nel futuro giudizio, il fondamento della domanda.
Quanto alla violazione degli artt. 24 e 111 Cost., l’Avvocatura rileva l’inesistenza del paventato ostacolo giuridico all’esercizio del diritto di difesa, in quanto l’attività probatoria resta piena e impregiudicata. La questione risulterebbe comunque inammissibile nella odierna sede perché riguardante una mera eventualità, visto che non si riferisce al procedimento a quo, ma ad altro, eventuale e futuro giudizio.
1.- Il Tribunale di Chieti, in composizione collegiale, adito con reclamo avverso un provvedimento di rigetto di un ricorso per accertamento tecnico preventivo (da effettuare su un immobile, che si assumeva dissestato in conseguenza di lavori eseguiti da condomini) ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, nella parte in cui non consentono di proporre il reclamo contro le ordinanze di rigetto delle domande di istruzione preventiva.
Il remittente premette che la disciplina dell’istruzione preventiva va inserita, secondo l’opinione largamente condivisa, nell’ambito di quella della tutela cautelare, la cui ragione generale consiste nell’approntare rimedi idonei ad evitare che la durata dello svolgimento del processo ordinario possa recare pregiudizio a chi ha ragione ed è parte essenziale della tutela giurisdizionale. Osserva, al riguardo, che, mentre l’art. 695 cod. proc. civ. dispone che sul ricorso per istruzione preventiva il giudice provvede con ordinanza non impugnabile, l’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. stabilisce che, delle disposizioni regolanti il procedimento cautelare uniforme di cui al capo III, sezione I, del libro quarto del codice di procedura civile, soltanto l’art. 669-septies è applicabile all’istruzione preventiva. Di conseguenza, non è applicabile la disposizione che, a seguito della sentenza di questa Corte n. 253 del 1994, prevede la reclamabilità anche dei provvedimenti di rigetto dei ricorsi in materia cautelare.
Il remittente sostiene che ragioni in parte analoghe a quelle che hanno giustificato la pronuncia di questa Corte, con la quale fu dichiarata l’illegittimità dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedeva la reclamabilità del provvedimento di rigetto della domanda cautelare, conducono a ritenere illegittima la norma censurata. Infatti, da un lato, anche in questo caso, con la possibile dispersione delle prove, il rigetto del ricorso diretto ad ottenere un provvedimento di istruzione preventiva può provocare un pregiudizio irrimediabile al ricorrente; dall’altro, la non reclamabilità dei provvedimenti di accoglimento non produce eguali danni al resistente. Infatti l’art. 698 cod. proc. civ. stabilisce, al secondo comma, che «l’assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito» e al terzo comma che «i processi verbali delle prove non possono essere prodotti nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso».
2.- La questione è fondata.
Essa deve essere considerata unitariamente in riferimento a tutti i parametri evocati.
È opportuno premettere che questa Corte non ritiene oggetto di possibili dubbi i principi costantemente affermati della non necessaria previsione di un doppio grado di merito per la realizzazione del diritto di difesa e della parimenti non necessaria attribuzione di identiche facoltà a tutte le parti, purché sia ad esse assicurata la sostanziale parità di efficacia degli strumenti processuali predisposti, a seconda delle posizioni, con riguardo alla consistenza dei diversi interessi (sentenza n. 107 del 2007).
Da ribadire è, inoltre, il principio secondo cui il legislatore fruisce di ampi margini di scelte nella regolazione degli istituti processuali (sentenza n. 237 del 2007).
Tutto ciò premesso, si deve anche affermare che la disciplina del processo non si sottrae allo scrutinio di ragionevolezza (ordinanza n. 128 del 1999).
Con riguardo alla normativa censurata, si rileva anzitutto che essa fa parte della tutela cautelare, della quale condivide la ratio ispiratrice che è quella di evitare che la durata del processo si risolva in un pregiudizio della parte che dovrebbe veder riconosciute le proprie ragioni. Non si può dubitare che l’impossibilità di sentire in futuro nella sede ordinaria uno o diversi testimoni, così come l’alterazione dello stato di luoghi o, in generale, di ciò che si vuole sottoporre ad accertamento tecnico possano provocare pregiudizi irreparabili al diritto che la parte istante intende far valere.
Le analogie tra le ragioni che impongono la tutela cautelare e quelle che presiedono alla disciplina della istruzione preventiva sono state già più volte riconosciute da questa Corte, che ha anche sottolineato il rapporto che lega il diritto di esercitare l’onus probandi con la garanzia di cui all’art. 24 Cost. (sentenze n. 471 del 1990, n. 257 del 1996, n. 46 del 1997).
Se si ha riguardo alla reclamabilità dei provvedimenti di rigetto di istanze cautelari sostanziali, la non reclamabilità di quelli che respingono ricorsi per provvedimenti di istruzione preventiva si presenta quindi come un’incoerenza interna alla disciplina della tutela cautelare. La discrasia è ancora più puntuale e evidente rispetto al provvedimento di diniego di sequestro giudiziario per provvedere alla custodia temporanea di libri, registri, documenti, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, disciplinato dall’art. 670, secondo comma, del codice di procedura civile.
Né varrebbe obiettare che l’art. 669-septies cod. proc. civ. attribuisce al ricorrente, sussistendo determinate condizioni, la facoltà di riproporre l’istanza. Come questa Corte ha rilevato, la riproposizione della istanza al medesimo giudice che ha emesso il provvedimento di rigetto opera su un piano diverso da quello del reclamo e non assicura lo stesso livello di efficacia di questo (sentenza n. 253 del 1994).
La non impugnabilità dei provvedimenti sia di rigetto che di accoglimento non comporta tuttavia parità di tutela tra le parti. Mentre, infatti, il pregiudizio che può subire il resistente per effetto della concessione ed esecuzione di un provvedimento di istruzione preventiva non è definitivo, in quanto ogni questione relativa all’ammissibilità e rilevanza è rinviata al merito, il danno che può derivare al ricorrente da un provvedimento di rigetto può essere irreparabile.
Le norme impugnate vanno, quindi, dichiarate illegittime nella parte in cui non consentono di utilizzare lo strumento del reclamo, previsto dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ., avverso il provvedimento che rigetta l’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 del medesimo codice.

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli articoli 692 e 696 dello stesso codice.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2008.
Depositata in segreteria il 16 mag. 2008.

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