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Corte Costituzionale, 25 luglio 2008, n. 296

Redazionedi Redazione11 Ottobre 2016
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SENTENZA

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 15, primo comma, dell’allegato al regio decreto-legge 11 ottobre 1934, n. 1948 (Nuovo testo delle condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle ferrovie dello Stato), convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911 (Conversione in legge del r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, concernente l’approvazione di nuove «Condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato») e riprodotto dall’art. 17 del decreto ministeriale del 13 dicembre 1956 (Approvazione del nuovo testo delle Condizioni e Tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie dello Stato), promosso con ordinanza del 31 luglio 2007 dal Giudice di pace di Roma nel procedimento civile vertente tra R.G. e Trenitalia s.p.a. ed altra, iscritta al n. 34 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti l’atto di costituzione di Trenitalia s.p.a. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 giugno 2008 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l’avvocato Fabio Cintioli per Trenitalia s.p.a. e l’avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ordinanza del 31 luglio 2007, il Giudice di pace di Roma – nel corso di giudizio per il risarcimento dei danni materiali subiti in conseguenza di un furto avvenuto a bordo di una vettura letto sulla tratta Lecce-Milano – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, primo comma, dell’allegato al regio decreto-legge 11 ottobre 1934, n. 1948 (Nuovo testo delle condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle ferrovie dello Stato), convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911 (Conversione in legge del r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, concernente l’approvazione di nuove «Condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato»), e riprodotto nell’art. 17 del decreto ministeriale 13 dicembre 1956 (Approvazione del nuovo testo delle Condizioni e Tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie dello Stato), per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Riferisce il remittente che la norma citata – subordinando obbligatoriamente la proposizione dell’azione giudiziaria alla preventiva presentazione del reclamo in via amministrativa – imporrebbe la necessità di accogliere l’eccezione di inammissibilità della domanda, sollevata da Trenitalia s.p.a., per avere l’attore omesso di presentare il preventivo reclamo amministrativo nelle forme previste, ma che tale norma è incostituzionale in quanto «costituisce una condizione di proponibilità fortemente lesiva del diritto di difesa, nonché un ingiustificato privilegio dell’Ente (tanto più che oggi questo è stato privatizzato) in relazione al principio di uguaglianza delle parti del contratto, considerata la natura tipicamente privatistica del rapporto instaurato con il contratto di trasporto ferroviario».
La questione di costituzionalità, non superabile per via interpretativa, sarebbe inoltre rilevante in quanto la norma denunciata, ove venisse dichiarata incostituzionale, non potrebbe essere applicata nel giudizio a quo, con conseguente reiezione dell’eccezione preliminare avanzata dalla difesa di Trenitalia s.p.a. e prosieguo dell’esame del merito del giudizio stesso.
2. – Si è costituita in giudizio Trenitalia s.p.a., chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
La questione sarebbe innanzitutto inammissibile per avere il rimettente indicato la norma di legge impugnata in maniera perplessa e priva di congrua motivazione, nonché per essere state impugnate una norma di rango legislativo ed una di rango regolamentare, senza una precisa indicazione del rapporto intercorrente tra esse.
La questione sarebbe altresì infondata in quanto la Corte costituzionale ha affermato che il diritto di difesa non è un valore assoluto, essendo sottoposto al contemperamento con altri valori costituzionali. Pertanto, il previo esperimento di un reclamo non si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, purché se ne dimostri la ragionevolezza e purché sia sorretto da corrispondenti ragioni di ordine costituzionale, quali ragioni di economia processuale e la salvaguardia di interessi generali non contrastanti con i diritti costituzionali di azione e di difesa.
Nel caso di specie, l’onere di esperire il reclamo preventivo sarebbe coerente con la finalità di livello costituzionale di assicurare la ragionevole durata del processo, perché eviterebbe un sovraccarico dell’apparato giudiziario, sarebbe imperniato su limiti e modalità assolutamente ragionevoli e non gravose, non essendo soggetto a termini di decadenza, sarebbe strumentale ad un interesse generale impersonato dal concessionario del servizio pubblico di trasporto ferroviario che è gravato dagli oneri del servizio universale, e sarebbe altresì strumentale alla tutela del consumatore, al quale viene offerta la possibilità della soddisfazione immediata delle sue ragioni senza dover attendere i tempi lunghi del processo. Il giudice rimettente avrebbe dunque dovuto procedere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma e rendersi conto che si trattava semplicemente di una condizione di mera procedibilità dell’azione. Inoltre, al legislatore sarebbe consentito di regolare in modo non rigorosamente uniforme i modi della tutela giurisdizionale a condizione che non siano vulnerati i principi fondamentali di garanzia ed effettività della tutela medesima, come anche la più recente legislazione, sia italiana che dell’Unione europea, starebbe a testimoniare. Inoltre, la disciplina impugnata, dando vita ad un istituto avente finalità deflattiva, andrebbe altresì favorevolmente valutata alla luce del fondamentale canone della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 della Costituzione.
3. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Secondo la difesa erariale, la questione sarebbe innanzitutto inammissibile per avere il rimettente descritto in maniera insufficiente la fattispecie, non risultando se il viaggiatore abbia riportato un danno alla persona.
La questione sarebbe altresì infondata in quanto l’onere di preposizione del reclamo preventivo non si tradurrebbe in uno svantaggio per la parte privata, risolvendosi, al contrario, in una modalità di soddisfazione della pretesa sostanziale più pronta e meno dispendiosa. Inoltre, la natura di servizio pubblico propria dell’attività di trasporto ferroviario non sarebbe contraddetta dall’assunzione da parte dell’ente esercente della forma di società per azioni e renderebbe non irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di prevedere a carico della parte privata il previo esperimento del reclamo amministrativo.

Considerato in diritto
1. – Il Giudice di pace di Roma dubita della legittimità costituzionale dell’art. 15, comma primo, dell’allegato al regio decreto-legge 11 ottobre 1934, n. 1948 (Nuovo testo delle condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle ferrovie dello Stato), convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911 (Conversione in legge del R.D.L. 11 ottobre 1934, n. 1948, concernente l’approvazione di nuove «Condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato»), nella parte in cui, salvo il caso di danno alla persona del viaggiatore, non prevede che possono essere promosse contro l’Amministrazione le azioni basate sulle disposizioni dello stesso regio decreto se l’avente diritto, non abbia presentato reclamo in via amministrativa e non siano trascorsi 120 giorni dalla presentazione del reclamo stesso, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, in relazione al principio di uguaglianza delle parti, considerata la natura tipicamente privatistica del contratto di trasporto ferroviario; nonché per violazione dell’art. 24 della Costituzione, in quanto, come rilevato dalla Corte costituzionale con la sentenza di accoglimento n. 40 del 1993, tale norma costituirebbe una condizione di proponibilità fortemente lesiva del diritto di difesa.
2. – L’eccezione, sollevata da Trenitalia s.p.a., di inammissibilità della questione per avere il remittente impugnato un regolamento e non la legge, non è fondata. Il giudice a quo, infatti, ha impugnato l’art. 15, primo comma, dell’allegato al regio decreto legge n. 1948 del 1934, ed ha solo aggiunto e precisato che tale disposizione è riprodotta da un successivo regolamento del 1956 (che è esattamente identico alla legge del 1934), senza in alcun modo esporre di voler impugnare il regolamento, o la legge e il regolamento congiuntamente.
3. – Parimenti non fondata è l’eccezione proposta dalla difesa erariale secondo cui il rimettente avrebbe descritto in maniera insufficiente la fattispecie, non risultando se il viaggiatore abbia riportato un danno alla persona. Il rimettente dice chiaramente che l’attore ha citato in giudizio Trenitalia «al fine di ottenere il risarcimento dei danni materiali subiti in conseguenza di un furto ad opera di ignoti»: è dunque evidente che l’attore chiede solo i danni relativi al furto del bagaglio, non altro.
4. – Nel merito, la questione è fondata.
4.1. – Questa Corte, con la sentenza n. 40 del 1993, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 58 del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 (Revisione delle condizioni per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato), nella parte in cui, in tema di trasporto ferroviario delle merci, non prevedeva l’esperibilità dell’azione avanti gli organi della giurisdizione ordinaria in mancanza del preventivo reclamo in via amministrativa.
A sostegno della pronuncia – nel richiamare la diversità esistente fra la norma impugnata e l’art. 443, primo comma, del codice di procedura civile, secondo cui la domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie non è procedibile se non quando siano stati esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il componimento dei procedimenti stessi – la Corte ha affermato che l’art. 58 del d.P.R. citato integra «una condizione di proponibilità che menoma fortemente il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione», nonché «un privilegio ingiustificato, come tale lesivo del principio di uguaglianza stabilito dall’art. 3 della Costituzione». Ed ha concluso che «l’adeguamento della norma impugnata ai principi costituzionali, secondo quanto ampiamente motivato nella sentenza n. 15 del 1991, non può non seguire il modello già tratteggiato con la sentenza n. 530 del 1989, rimettendo all’interessato la scelta tra il preventivo esperimento del reclamo in via amministrativa (fatta salva, nel contempo, la successiva attivazione dell’impugnativa innanzi al magistrato) oppure l’immediato ricorso all’azione giudiziaria».
Queste stesse considerazioni stanno alla base della dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 15, primo comma, allegato al r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911, attesa l’identità sostanziale tra il trasporto di cose spedite (disciplinato dalle norme in tema di trasporto di cose) e il trasporto di cose portate dal viaggiatore con sé, (disciplinato dalle norme in tema di trasporto di persone).
Siffatte conclusioni sono, peraltro, conformi alle altre decisioni di questa Corte in tema di cosiddetta “giurisdizione condizionata”, dalle quali emerge che il principio generale è quello dell’accesso immediato alla giurisdizione ordinaria, che può essere ragionevolmente derogato da norme ordinarie, di stretta interpretazione (sentenza n. 403 del 2007), solo in presenza di “interessi generali” o di pericoli di abusi (sentenze nn. 403 del 2007 e 82 del 1992) o di interessi sociali (sentenza n. 251 del 2003) o di superiori finalità di giustizia (sentenza n. 406 del 1993); circostanze che sono state ravvisate nel caso di controversie nascenti da rapporti di lavoro (sentenza n. 82 del 1992) o di assicurazioni obbligatorie (sentenza n. 251 del 2003), ma che non possono certo ravvisarsi nel caso di controversie con le Ferrovie, come non sono stati ravvisati in tema di attivazione di linea telefonica (sentenza n.403 del 2007) e in tema di ricorsi alle poste (sentenza n. 15 del 1991).

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 15, primo comma, dell’allegato al regio decreto-legge 11 ottobre 1934, n. 1948 (Nuovo testo delle condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle ferrovie dello Stato), convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911 (Conversione in legge del r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, concernente l’approvazione di nuove «Condizioni e tariffe per il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato»).

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