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Ambiente Protezione civile Diritto urbanistico Edilizia Sentenze

TAR Emilia Romagna Parma, sez. I, 9 giugno 2009, n. 440

Redazionedi Redazione9 Giugno 2009
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

FATTO e DIRITTO

Con ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005, in esito al rapporto stilato in data 4 aprile 2005 dalla Polizia municipale, il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti ingiungeva alla ricorrente la sospensione dei lavori e la demolizione di opere abusive realizzate in località Polledrara (fg. 27 mapp. 207).
Avverso tale provvedimento l’interessata ha proposto impugnativa (ricorso n. 259/2005), imputando all’Amministrazione di non avere tenuto conto delle sanatorie conseguite dai precedenti proprietari ai sensi della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, di non avere tenuto conto neppure della pendenza di più domande di condono edilizio presentate dalla nuova proprietaria in data 10 dicembre 2004 ai sensi dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 (conv. dalla legge n. 326/2003), di avere inoltre omesso la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990, di avere altresì mancato di indicare le ragioni dell’asserito carattere abusivo delle opere, di avere infine ignorato la circostanza che difettano nella fattispecie vincoli preclusivi della sanatoria edilizia. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.
Si è costituito in giudizio il Comune di Montelibretti, opponendosi all’accoglimento del ricorso.
L’istanza cautelare della ricorrente è stata respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 20 settembre 2005 (ord. n. 276/2005), ma poi accolta dal giudice d’appello (v. Cons. Stato, Sez. IV, ord. 7 febbraio 2006 n. 633).
Successivamente, essendo sopraggiunto il rigetto di sei domande di condono edilizio (v. determinazioni n. 3, n. 4, n. 5, n. 6, n. 7 e n. 8, tutte in data 3 gennaio 2006, a firma del Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti), la ricorrente ha proposto “motivi aggiunti”, ed ha in particolare richiamato i vizi dedotti con l’atto introduttivo della lite, nonché escluso la sussistenza di vincoli preclusivi della sanatoria.
Con autonomo ricorso (n. 71/2006) sono stati poi impugnati tre dei sei dinieghi di condono edilizio (determinazioni n. 3, n. 4 e n. 5, tutte in data 3 gennaio 2006, a firma del Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montelibretti), e ciò a mezzo di censure riconducibili a quelle già formulate con i “motivi aggiunti” inerenti l’altro ricorso.
Non si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale.
Con ordinanza n. 4/09 del 24 febbraio 2009 la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico del Comune di Montelibretti, che ha provveduto depositando gli atti in data 15 aprile 2009.
All’udienza del 26 maggio 2009, ascoltati i rappresentanti delle parti, i due ricorsi sono stati assegnati in decisione.
Ritiene il Collegio che, per evidenti motivi di connessione, i ricorsi possano essere riuniti ai fini di un’unica decisione.
Muovendo dalle questioni relative all’ingiunzione di demolizione, va innanzi tutto disattesa l’eccezione di inammissibilità per carenza di legittimazione attiva della ricorrente, la quale avrebbe adito il giudice amministrativo in proprio e non quale rappresentante della ditta omonima (v. memoria dell’Amministrazione comunale depositata il 10 agosto 2005). In realtà, seppure l’atto impugnato assume quale destinatario della misura la “… ditta Ravvolgi Antonella …”, non risulta l’esistenza di un’impresa intestataria dell’immobile, ed in ogni caso è noto che la ditta individuale non costituisce un soggetto di diritto autonomo rispetto al suo titolare, sicché ogni atto compiuto dallo stesso si identifica con quelli della ditta.
Nel merito, si presenta fondata, ed assorbente delle altre, la doglianza imperniata sull’omessa previa definizione delle domande di condono edilizio. Per costante giurisprudenza, infatti, è illegittima l’ordinanza di demolizione di opere abusive ove l’Amministrazione non si sia prima pronunciata sull’istanza di sanatoria in precedenza presentata dall’interessato (v., ex multis, TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 7 luglio 2008 n. 2056). Nella fattispecie, come è pacifico, il provvedimento repressivo dell’abuso è intervenuto quando ancora pendeva il procedimento avviato dalla ricorrente con le richieste di condono del 10 dicembre 2004; né, d’altra parte, rileva la circostanza che, all’esito del sopralluogo, la Polizia municipale avesse verificato che “… le opere edificate non sono conformi a quanto dichiarato nelle richieste di condono edilizio …” o che i lavori risultassero ancora in corso e quindi non ultimati entro il termine previsto dalla legge, attenendo tali aspetti al merito delle domande di condono, la cui definizione era comunque necessaria perché si potesse poi valutare se e quali misure sanzionatorie irrogare.
Di qui l’annullamento dell’ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005, salve rimanendo le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.
Quanto, poi, ai sei dinieghi di condono edilizio – impugnati con “motivi aggiunti” -, va considerato che, nelle more del giudizio, tre di essi (determinazioni n. 3, n. 4 e n. 5 del 3 gennaio 2006) sono stati revocati dall’Amministrazione. Ne consegue, in parte qua, l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.
Per i restanti dinieghi (determinazioni n. 6, n. 7 e n. 8 del 3 gennaio 2006) la ragione ostativa alla sanatoria è stata individuata nel contrasto con l’art. 32, comma 27, lett. d), del decreto-legge n. 269 del 2003 (conv. dalla legge n. 326 del 2003), e cioè nella riconducibilità degli abusi alle opere che “… siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici …”, fattispecie corrispondente a quella prevista dall’art. 3, comma 1, lett. b), della legge Reg. Lazio 8 novembre 2004, n. 12. Secondo la ricorrente non sussisterebbe invece nessun «vincolo» che giustifichi il rigetto delle istanze, neppure con riferimento alla presenza – a circa 75 metri di distanza – di un corso d’acqua denominato “fosso Casacotta”, in quanto l’Amministrazione comunale ne avrebbe a suo tempo ridotto il vincolo idrogeologico ad una fascia di soli 50 metri. Sennonché – osserva il Collegio – la Giunta regionale del Lazio, in sede di ricognizione del vincolo paesistico delle fasce di protezione dei corsi d’acqua pubblica di cui all’art. 146, comma 1, lett. c), del d.lgs,. n. 490 del 1999, aveva in precedenza espressamente confermato il valore paesaggistico del “fosso Casacotta” ed escluso il declassamento richiesto dal Comune di Montelibretti (v. delib. Giunta reg. 22 febbraio 2002 n. 211, in suppl. ord. n. 1 al Bollettino reg. n. 18 del 29 giugno 2002), sicché le successive pronunce dell’Amministrazione comunale (delibb. n. 162 del 7 ottobre 2002 e n. 53 del 13 dicembre 2005) si pongono quale mere proposte di modifica del relativo regime vincolistico, che all’epoca di adozione degli atti impugnati era pertanto ancora ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 42 del 2004, nell’ambito cioè dei beni comprendenti i “fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna” (prescrizione in cui è stata trasfusa la disposizione di cui all’art. 146, comma 1, lett. c), del d.lgs,. n. 490 del 1999, sul punto a sua volta riproduttiva dell’art. 82, comma 5, lett. c), del d.P.R. n. 616 del 1977). Trattandosi insomma di opere realizzate a meno di 150 metri di distanza da un corso d’acqua rientrante tra quelli tutelati come beni di interesse paesaggistico, correttamente è stata negata alla ricorrente la sanatoria edilizia dell’intervento ivi effettuato.
In conclusione, il ricorso n. 259 del 2005 va accolto limitatamente all’impugnativa dell’ingiunzione di demolizione delle opere abusive, dovendo per il resto essere in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto.
Improcedibile, poi, è il ricorso n. 71 del 2006, in quanto proposto avverso gli stessi tre dinieghi di condono edilizio che si è visto essere stati “medio tempore” revocati. Anche in questo caso va evidentemente registrato il venir meno dell’interesse ad una pronuncia di merito.
Le spese di lite, stante la reciproca soccombenza delle parti, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così provvede;
– quanto al ricorso n. 259/2005, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 19 in data 11 maggio 2005 (salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione), mentre per il resto in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse e in parte lo respinge;
– quanto al ricorso n. 71/2006, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 26 maggio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

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