FATTO
In data 8 maggio 2006 veniva presentata al Comune di Vasto dalle signore (omissis) domanda di permesso a costruire per lavori di demolizione e ricostruzione con cambio di destinazione d’uso di un fabbricato; in data 8 agosto 2007 vaniva proposta una nuova domanda di analogo contenuto da parte della ditta ricorrente.
La commissione comunale ambientale dava parere favorevole in data 18 settembre 2007, in data 8 ottobre 2007 inviava la pratica al Ministero dei beni ambientali, che ha espresso parere favorevole il 6 dicembre 2007. Nel frattempo, in data 17 novembre 2007 entravano in vigore normativa di salvaguardia per l’adozione della variante alle NTA del PRG, che hanno causato la sospensione del procedimento di cui al provvedimento impugnato del 21 dicembre 2007.
Lo SUAP in data 13 dicembre 2007 chiedeva il nulla osta al Comune per la volturazione e notizie sul parere ambientale; il Comune in data 18 dicembre 2007 comunicava il nulla osta alla volturazione ma comunicava altresì l’intervenuta normativa di salvaguardia per l’adozione della variante alle NTA del PRG.
Infine con il provvedimento impugnato del 21 dicembre 2007 la pratica è stata sospesa. La ditta insorge sia avverso la sospensione sia avverso le nuove norme tecniche di attuazione del PRG per i motivi di seguito compendiati:
1. Inosservanza delle nome sull’approvazione degli strumenti urbanistici, violazione dei principi di legalità e trasparenza. La variante non è meramente tecnica ma dissimula una variante generale al piano, di cui non sono stati rispettati i requisiti formali e sostanziali, tra cui una delibera programmatica e l’incarico ad un progettista. Manca poi una congrua motivazione.
2. Omessa valutazione dello stato di fatto, carenza di motivazione, ingiustizia manifesta, sviamento, in relazione alla nuova destinazione impressa ai terreni della ditta ricorrente.
3. Omesso aggiornamento degli elaborati grafici, violazione delle norme sul contraddittorio e dei principi di trasparenza. La variante ha comportato una modifica degli elaborati grafici che non sono stati pubblicati.
4. Illegittimità della modifica in tema di intervento diretto, violazione articolo 11 3° comma della lr 18 del 1983, carenza di presupposti, inidoneità della motivazione, perplessità, illogicità, ingiustizia e sviamento. La modifica in senso peggiorativo per il privato delle scelte precedenti necessitava di idonea motivazione.
5. Illegittimità delle nuove NTA in relazione alla normativa di piano, travisamento dei fatti e carenza di presupposti, difetto di istruttoria. La previsione di una unità minima di intervento appare illogica.
6. Illegittimità del comportamento omissivo del Comune in quanto le aspettative del privato sono state sacrificate.
7. Difetto di motivazione e istruttoria, difetto di presupposti, sviamento, illogicità, travisamento dei fatti, erronea interpretazione dei principi e della normativa di PRG.
8. A causa del comportamento del comune il provvedimento non è stato concluso in tempo; da ciò sarebbe derivato un danno ingiusto che va risarcito.
Con appositi motivi aggiunti parte ricorrente chiede un ulteriore risarcimento dei danni in relazione al finanziamento richiesto alla Regione Abruzzo in data 28 gennaio 2008.
Resiste in giudizio il Comune di Vasto che confuta le tesi di parte ricorrente.
La ditta ha ulteriormente illustrato le proprie tesi con memoria depositata il 21 febbraio 2009; anche il Comune ha depositato altra memoria in data 24 febbraio 2009.
Nel corso della pubblica udienza del 5 marzo 2009, dopo ampia discussione, parte ricorrente ha depositato con assenso della controparte un documento interno del Comune in cui l’Ufficio preposto esprime parere favorevole all’accoglimento delle osservazioni proposte dalla parte ricorrente.
Infine la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
La ditta ricorrente insorge sia avverso il comportamento omissivo e dilatorio del Comune in relazione alla domanda di permesso a costruire, sospesa a seguito delle misure di salvaguardia ex articolo 57 della lr 18/83, sia avverso la variante al PRG adottata con delibera del Consiglio comunale n. 87 del 23 ottobre 2007, per quanto concerne l’articolo 109 relativo alla zona D6. Chiede altresì il risarcimento dei danni subiti.
Le questioni sollevate in ricorso, illustrate nei numerosi, articolati e sovrabbondanti motivi, si possono raggruppare in quattro:
la prima riguarda l’intera variante al PRG e le modalità della sua approvazione;
la seconda concerne specificatamente l’articolo 109 delle nuove NTA;
la terza interessa l’illegittimità del ritardo del Comune a pronunciarsi sulla domanda di permesso a costruire;
la quarta investe il risarcimento dei danni sia per la mancata edificazione sia per la perdita del contributo regionale.
Quanto alla variante impugnata, il ricorrente sostiene che si tratterebbe di una variante generale sotto mentite spoglie, in relazione alla quale non sarebbero stati rispettati le relative disposizioni di legge.
La censura – ad avviso di questo Collegio – non può essere condivisa. Invero, da una semplice lettura della variante e della relazione allegata, emerge come essa non riguarda né la zonizzazione e nemmeno gli elaborati grafici, ma unicamente le norme tecniche e attuative, in sostanza adeguandole alla normativa sopravvenuta e alla pianificazione sovraordinata.
Quanto alla motivazione, va rammentato che secondo il costante orientamento della giurisprudenza, le scelte effettuate dalla Amministrazione in sede di variante ad uno strumento urbanistico non necessitano di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti per l’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al P.R.G. In altri termini, nell’emanare nuove previsioni urbanistiche, l’Amministrazione ha l’onere di fornire una specifica motivazione sulla destinazione di singole zone solo quando tale destinazione incida, in senso peggiorativo, su situazioni meritevoli di particolari considerazioni o per la singolarità del sacrificio imposto al privato o per la preesistenza di legittime aspettative in quest’ultimo ingenerate (cfr. per tutti e da ultimo, Cons. St., sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4712).
Deve, inoltre, ricordarsi che la stessa giurisprudenza ha anche costantemente affermato che le scelte effettuate dall’Amministrazione all’atto dell’approvazione del piano regolatore generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto in via generale al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo a meno che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. Poiché, infatti, l’Amministrazione comunale fruisce di un’ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio, le scelte effettuate non sono sindacabili da questo Giudice, salvo però che risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o siano manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio.
Nel caso in esame, dalla relazione allegata alla variante emergono con sufficiente chiarezza le ragioni giustificative in particolare l’esigenza di limitare l’edificabilità e altresì la necessità di adeguare la normativa alle disposizioni sopravvenute.
Venendo alla posizione specifica di parte ricorrente, se è esatto che l’iter approvativo del permesso a costruire si trovava in fase avanzata, tuttavia la precedente domanda del 2006 era stata sostituita e novata da quella del 2007, e inoltre – argomento decisivo – la nuova normativa non impedisce affatto l’edificazione anche se la subordina ad alcune prescrizioni. In sostanza non ci trova in una di quelle situazioni generanti una particolare aspettativa e che come tali avrebbero richiesto una puntuale motivazione.
Quanto al parere favorevole all’accoglimento delle osservazioni depositato in causa da parte ricorrente, esso prova solo che dal punto di vista dell’opportunità il Comune, nei suoi uffici tecnici, non sarebbe alieno dall’accogliere le osservazioni medesime, ma non corrobora certo la tesi dell’illegittimità della scelta pianificatoria, anzi ne conferma la natura ampliamente discrezionale e meritale sottratta al giudizio di legittimità.
Venendo ora alla seconda questione, riguardante specificatamente l’articolo 109 delle NTA che impone l’adozione di un piano per comparto anziché l’intervento diretto, si tratta di una scelta discrezionale dell’amministrazione che non impedisce affatto l’edificazione, anche se ovviamente la limita. La scelta deriva dalla carenza di infrastrutture primarie nella zona, come emerge dalla relazione (pagina 2 e 3). Quanto alla scelta di adottare il lotto minimo essa risulta conforme al dettato della LR 16 del 2003 articolo 12; va poi ribadito che l’edificazione non viene affatto inibita.
Quanto al comportamento omissivo tenuto dal Comune, si rileva come la prima domanda di permesso a costruire datata 8 maggio 2006 non si è conclusa per una carenza di documentazione imputabile alla richiedente; la seconda domanda (la stessa ricorrente la definisce a pag. 4 del ricorso introduttivo come “nuova domanda”) risale all’8 agosto 2007, e a tutta evidenza sostituisce la domanda precedente. Le vicende di cui alla prima istanza quindi non rilevano affatto nella presente controversia.
Orbene, su tale seconda domanda di permesso a costruire il Comune si era pronunciato con il parere favorevole della commissione paesaggistica comunale in data 18 settembre 2007, poi inviato alla Sovrintendenza in data 8 ottobre 2007.
Non sembra invero che i tempi tecnici del Comune per l’esame e trasmissione della pratica siano stati cosi illegittimamente lenti dal provocare danni, in quanto lo stesso ricorrente ammette che le norme di salvaguardia sono entrate in vigore il 19 novembre 2007. Considerato che la Sovrintendenza ha sessanta giorni per esaminare la pratica (salvo il silenzio assenso) e considerato altresì che comunque il permesso a costruire doveva essere successivamente rilasciato dallo Sportello unico, non risulta affatto imputabile al Comune alcun ritardo colpevole in relazione alla obbligatoria applicazione delle misure di salvaguardia. In altri termini, i tempi riguardanti la pratica in oggetto non risultano affatto colpevolmente dilatori.
In considerazione che non vi è alcun ritardo imputabile al Comune la domanda di risarcimento del danno appare quindi priva di giuridico pregio, anche nelle articolazioni di cui ai motivi aggiunti.
Per quanto detto il ricorso risulta infondato e va rigettato, laddove le spese di giudizio, secondo la nota regola, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione di Pescara, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Condanna la parte ricorrente a corrispondere al Comune di Vasto la somma di euro 3.000 (tre mila) a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre agli oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 05/03/2009 con l’intervento dei Magistrati: (omissis)