FATTO
Il ricorrente vinceva la gara per l’affidamento in concessione del macello comunale e stipulava in data 27 febbraio 1998 il relativo contratto con il Comune. Al momento della consegna il ricorrente eccepiva l’esistenza di difetti strutturali. In data 16 settembre 2000 l’Ufficio servizio veterinario della ASL di Pescara sospendeva sine die l’attività del macello per carenze di natura igienico sanitaria.
La ASL gli imponeva poi alcune prescrizioni, che però erano di spettanza comunale. Dopo gli interventi effettuati dal Comune esso invitava il ricorrente in data 5 aprile 2001 a riaprire il macello. Il ricorrente peraltro con apposita nota evidenziava al comune la necessità di completare gli interventi per adempiere agli obblighi stabiliti dalla ASL. In data 10 maggio 2001 il Comune pronunciava la decadenza dell’Orsini dalla concessione del macello.
A seguito dell’illegittima chiusura del macello e della decadenza la ditta ricorrente ha subito seri e gravi danni .
Premette che la giurisdizione spetta al TAR a sensi dell’art. 33 del D. Lgs. 80/98, trattandosi di un servizio pubblico.
In ogni caso la decadenza sarebbe illegittima per difetto di presupposti e istruttoria, difetto di motivazione ed eccesso di potere. Secondo parte ricorrente la mancata ripresa di attività del macello è dipesa dal Comune e dalle sue inadempienze.
Il ricorrente conclude chiedendo il risarcimento del danno che quantifica in euro 952.100,23 oltre al danno non patrimoniale.
Resiste in giudizio il Comune.
Nel corso della pubblica udienza del 19 marzo 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Risulta depositata in causa la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1702 del 2007 – passata in giudicato – che ha rigettato la domanda del ricorrente volta a far dichiarare l’illegittimità della risoluzione del contratto da parte del comune e quindi sostanzialmente identica a quella fatta valere nel presente giudizio.
Da ciò l’inammissibilità del presente ricorso.
Inoltre l’impugnazione del provvedimento recante la decadenza dalla concessione del macello pubblico datato 10 maggio 2001 risulta palesemente tardiva. Ne consegue che le questioni della sua asserita illegittimità, da cui il ricorrente fa discendere il diritto al risarcimento del danno, sono tutte inammissibili.
La questione poi così come prospettata esula dalla giurisdizione amministrativa.
Invero, si controverte di un asseritamente illegittimo recesso del Comune da un contratto di appalto di servizi, questione questa che esula dalla giurisdizione amministrativa, la quale si estende alla sola fase pubblicistica anteriore alla stipula del contratto (Consiglio Stato a. plen., 30 luglio 2008 , n. 9). In altri termini, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la risoluzione del contratto stipulato con l’impresa risultata aggiudicataria di un appalto di servizi (Consiglio Stato , sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5071).
Quanto al risarcimento del danno che viene fatto discendere dal comportamento della pubblica amministrazione, indipendentemente rispetto all’annullamento del recesso, si tratta della annosa e controversa questione della pregiudizialità amministrativa. La prevalente giurisprudenza amministrativa ritiene che, perché possa essere accolta una domanda di risarcimento danni, sia indispensabile che il giudice abbia pronunciato un preventivo annullamento del provvedimento amministrativo o almeno che abbia accertato l’illegittimità di una condotta omissiva o commissiva della p.a. Pertanto, atteso il nesso di necessaria pregiudizialità intercorrente fra le due domande, l’infondatezza ovvero l’inammissibilità della domanda principale di annullamento degli atti impugnati, trae con sé anche quella della domanda subordinata risarcitoria che va anch’essa respinta (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 10 aprile 2007 , n. 3200).
Orbene, anche ove si addivenisse alla tesi ripetutamente espressa dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione sulla possibilità per l’interessato di proporre ricorso per ottenere il risarcimento del danno anche indipendentemente dall’impugnazione dell’atto amministrativo illegittimo che ne costituisce la causa, tuttavia va rilevato che nel caso in esame l’intero ricorso fa discendere il risarcimento dalla condotta illecita dell’amministrazione, sfociata nell’illegittimo recesso dal contratto. Orbene il giudizio sulla legittimità di tale recesso rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di una vicenda successiva alla stipula del contratto; non solo ma detto recesso posto in essere dal Comune è un provvedimento cristallizzato nel mondo giuridico, in quanto non più impugnabile.
Va poi osservato che il ricorso è stato proposto ai sensi dell’art. 33 del d.lg. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7 l. n. 205 del 2000, il quale è stato dichiarato parzialmente incostituzionale con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte cost. proprio in merito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Ne discende anche sotto tale profilo l’inammissibilità del gravame.
Per le su indicate ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile anche se, tenuto conto delle modifiche normative e giurisprudenziali successive alla proposizione del ricorso, vi sono ragioni sufficienti per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione di Pescara, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Compensa le spese e competenze del giudizio fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 19/03/2009 con l’intervento dei Magistrati:
(omissis)