FATTO
Il dr. F D L è proprietario di un fondo sito nel comune di Castellato, in località villa Zaccheo.
Detta proprietà è stata inserita dal predetto ente civico all’interno del progetto di completamento della viabilità verde pubblico attrezzato nella medesima località villa Zaccheo.
Egli impugna con il presente ricorso i seguenti atti ablatori inerenti alla predetta proprietà:
la deliberazione di giunta comunale n. 128 del 22.5.03, con la quale è stato approvato il progetto definitivo-esecutivo dei lavori, con approvazione valevole anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità;
la successiva determinazione del 12.8.03 a firma del settore tecnico del comune con la quale è stata disposta l’occupazione temporanea ed urgente degli immobili occorrenti per l’esecuzione dei lavori in questione;
l’avviso del responsabile del settore tecnico del comune in data 12.8.03 con la quale è stato comunicato al ricorrente che le operazioni di immissione in possesso dei beni espropriandi sarebbe iniziato il giorno 19.9.03.
Si deduce nel gravame che il ricorrente avrebbe avuto notizia dell’approvazione del progetto (e della contestuale dichiarazione di pubblica utilità ex art. 14 legge 109/1994) solo in occasione dell’avviso di immissione in possesso, senza che in precedenza gli sia stato notificato alcun atto partecipativo dell’intenzione del comune di espropriare parte della sua proprietà.
Quanto sopra avrebbe determinato la violazione dell’articolo 7 della legge 241, ben applicabile per costante giurisprudenza alle procedure ablatorie che precedono la dichiarazione di pubblica utilità delle opere; né tale omissione potrebbe giustificarsi con una presunta urgenza di realizzare l’opera pubblica, poiché solo l’urgenza qualificata (che non ricorrerebbe nella specie) potrebbe derogare alla prescritta partecipazione procedimentale.
Si è costituito il comune intimato che ha controdedotto, affermando che nella specie gli adempimenti partecipativi sarebbero stati effettuati attraverso forme di pubblicità alternative (pubblicazioni sul BURA, su quotidiani ed affissioni murali), per la difficoltà di procedere alle comunicazioni personali.
Alla pubblica udienza del 25.2.09, la causa è stata riservata a sentenza.
DIRITTO
L’oggetto del presente gravame riguarda una procedura ablatoria condotta dal comune di Castellalto, in ordine alla quale il ricorrente (proprietario di una delle aree interessate dall’opera pubblica) lamenta di non esser stato avvisato dell’inizio della procedura medesima, avendone avuto conoscenza solo a posteriori con la comunicazione di immissione in possesso.
Da parte sua, l’ente civico intimato ha eccepito di non aver omesso le fasi partecipative previste dalla legge 241/90, ma di aver fatto ricorso a forme di pubblicità alternative consentite dal 3^ comma dell’articolo 8 legge 241/90, proprio in relazione al gran numero di destinatari interessati dal procedimento in questione.
Puntualizza preliminarmente il collegio che per costante giurisprudenza, l’atto con il quale viene dichiarata (anche implicitamente) la pubblica utilità, l’indifferibilità e l’urgenza di un’opera deve necessariamente essere preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, ai sensi dell’invocato art. 7 della legge n. 241/90, con specifico e prioritario riguardo alla posizione dei proprietari delle aree, sulle quali vada ad incidere la realizzanda opera pubblica (cfr., per tutti, Cons. St., Ad. pl., 15 settembre 1999, n. 14 e 24 gennaio 2000, n. 2); ciò in quanto una partecipazione differita – successiva cioè all’approvazione del progetto quando a quest’ultimo si associ –come nella specie- la dichiarazione di pubblica utilità – sarebbe destinata ad intervenire in una situazione di fatto sostanzialmente irreversibile.
Va altresì premesso che resta consentito all’amministrazione di avvalersi di forme di pubblicità diverse dalla comunicazione personale, allorquando il progetto interessi numerose proprietà assai frazionate, la cui notifica individuale determinerebbe adempimenti gravosi con sostanziale blocco delle procedure. Da qui il legittimo ricorso al comma 3 dell’articolo 8 della legge 241/90 (secondo cui “qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima”). Sulla questione è ora più specificamente intervenuto l’art. 11 comma 2 del DPR 327/01 (anche se non applicabile ratione temporis ai fatti di causa), il quale dispone che allorché il numero dei destinatari sia superiore a cinquanta, la comunicazione è effettuata mediante pubblico avviso, da affiggere all’albo pretorio dei comuni nel cui territorio ricadono gli immobili da assoggettare al vincolo nonché su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale e, ove istituito, sul sito informatico della Regione o Provincia autonoma nel cui territorio ricadono gli immobili da assoggettare al vincolo.
È stato peraltro autorevolmente puntualizzato che il ricorso agli strumenti pubblicitari di massa deve comunque assicurare l’effettiva partecipazione del privato al procedimento ablatorio mediante esplicita indicazione delle particelle catastali interessate e dei singoli proprietari incisi (come risultano appunto dal catasto). In buona sostanza, le richiamate disposizioni facoltizzano l’amministrazione ad avvalersi di forme di pubblicità diverse dalla comunicazione personale, ma tale scelta non può incidere sull’onere dell’individuazione del soggetto destinatario della comunicazione, né sul contenuto della stessa comunicazione, come definito dalla normativa richiamata, poiché “diversamente opinando, non si tratterebbe più di scegliere una forma di comunicazione, individuale o collettiva, bensì di consentire o meno l’effettiva partecipazione dell’interessato al procedimento” (CGA 902/08; cfr. anche C.S. 3885/06).
In buona sostanza, la surrogazione degli obblighi partecipativi attraverso forme generali di pubblicità rimane subordinata ad un duplice requisito legittimante, il primo relativo all’ “an” (effettiva difficoltà di procedere a notifiche individuali nei confronti dei singoli destinatari) e l’altro afferente al “quid” ed “quomodo” della pubblicazione, con specifico riguardo agli effettivi contenuti degli avvisi pubblici ed alla loro idoneità a consentire in concreto la partecipazione –non tanto della collettività quanto- dei diretti destinatari del provvedimento in fieri.
Nel caso di specie resta fuori di dubbio che l’amministrazione aveva tempestivamente disposto di sostituire le singole comunicazioni di avvio procedimentale con la pubblicazione della comunicazione stessa sul BURA, nonché con l’affissione in luoghi pubblici. Ciò emerge dalla delibera di giunta n. 127 del 14.5.02 con la quale è stato riconosciuto in primo luogo “…che ai sensi dell’art. 16 comma 2 della l. 109/1994 e ss.mm. occorre dare avvio del procedimento espropriativo e dare comunicazione agli interessati della volontà di procedere ad espropriazione, ai sensi dell’art. 7 della legge 241/90”; sulla base si tale premessa veniva peraltro considerato “…che i soggetti interessati alle procedure espropriative di cui sopra sono in numero rilevante e parte di esse corrispondono ad emigranti all’estero e pertanto la comunicazione agli stessi risulterebbe gravosa a questo ente in termini economico-temporali”, così da determinare l’ente medesimo al ricorso a forme alternative di pubblicità ex art. 8 legge 241/90, demandando “ai competenti uffici le relative procedure”.
In concreto sono state poi disposte le seguenti misure pubblicitarie:
-avviso pubblico all’albo pretorio dal 24.5.2002 al 9.7.2002 contenente l’oggetto del procedimento ablatorio nonché l’indicazione nominativa dei soggetti proprietari incisi dal progetto di opera pubblica viaria (ma senza indicazione del piano particellare);
-inserzione sul BURA del 5.7.02 nonché sul quotidiano “il Messaggero” del 29 maggio 2002, con espresso rinvio “all’elenco delle ditte interessate” depositato presso la casa comunale.
Dalle esposte premesse emerge l’infondatezza dell’unica censura sostanzialmente mossa dal ricorrente in ordine alla presunta omissione delle fasi partecipative previste dagli artt. 7 e segg. della legge 241/90, proprio perché –prima di procedere all’approvazione del progetto ed alla conseguente dichiarazione implicita di pubblica utilità delle opere- il comune ha deliberato nei modi sopra visti l’adempimento pubblicitario collettivo, previsto e consentito dall’art. 8 comma 3 della citata legge sul procedimento.
È invece rimasta priva di impugnazione (e di censura) l’attività deliberativa ed esecutiva con cui l’ente civico ha dapprima ravvisato i presupposti per derogare alle notifiche individuali, ed ha poi concretamente attuato le modalità della pubblicità alternativa.
Ne consegue dunque che il collegio non è chiamato a pronunciarsi sia in ordine all’ “an” che al “quid” ed al “quomodo” dell’opzione pubblicitaria prescelta dalla PA intimata per far fronte agli oneri di partecipazione, proprio perché il ricorrente –rinunciando anche alla proposizione di motivi aggiunti pur dopo il deposito da parte del patrocinio civico della relativa documentazione nel fascicolo di causa – nulla ha dedotto sulla legittimità della delibera di giunta 127/02, che ha ravvisato gli estremi per ricorrere alle pubblicazioni in luogo delle comunicazioni individuali, né sulle modalità ed i contenuti della disposta pubblicità alternativa, anch’essa documentata agli atti del giudizio.
In conclusione, il ricorso non può trovare accoglimento.
Sussistono ragioni per compensare integralmente le spese di lite.
P.Q.M.
Respinge il ricorso in epigrafe;
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 25/02/2009 con l’intervento dei Magistrati:
(omissis)