FATTO
Con il ricorso in epigrafe indicato, Maria Carola D’Alessandro impugna l’atto con il quale la Commissione di esame da Avvocato per l’anno 2004 ha deliberato la sua non ammissione all’esame orale all’esito del giudizio negativo espresso sulle prove scritte, con attribuzione del complessivo punteggio di 90/150 (26 per il parere di diritto civile, 29 per il parere di diritto penale e 35 per l’atto giudiziario), giudizio del pari impugnato.
Il ricorso deduce:
1) Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 17 bis R.D. 37/1934 (norme integrative e di attuazione del r.d.l. 1578/1933), 3 e 97 Cost.; 3 L. 241/90 e Circolare del 21.12.2004 adottata dalla commissione per gli esami di avvocato, nonché eccesso di potere per carenza d’istruttoria, di motivazione per contraddittorietà e illogicità manifesta di comportamento, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento: il giudizio sarebbe inficiato da chiara disparità di trattamento, quantomeno riferibile alla valutazione degli elaborati avvenuto nel giorno 8.3.2005, giacché la commissione avrebbe valutato in maniera sufficiente le prove sostenute dal candidato n. 571 (punteggio complessivo di 90, e 30 per ciascuna prova) benché questi non avesse affatto svolto la terza prova relativa all’atto giudiziario, lasciando il proprio foglio in bianco, laddove ha valutato non favorevolmente la prova della ricorrente che ha invece svolto tutti e tre gli elaborati;
2) Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 17 bis R.D. 37/1934 (norme integrative e di attuazione del r.d.l. 1578/1933) e L. 241/90 e 97 Cost., nonché eccesso di potere per carenza d’istruttoria, di motivazione per contraddittorietà e illogicità di comportamento: la valutazione è avvenuta sulla base del mero voto numerico, non idoneo a soddisfare il precetto di cui alla normativa richiamata in epigrafe.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.
Si costituiva il Ministero della giustizia instando per il rigetto dell’istanza cautelare e del ricorso stante la piena legittimità degli atti impugnati.
Il TAR adito respingeva la proposta istanza cautelare.
La difesa resistente depositava memoria.
All’esito della pubblica udienza del 28 gennaio 2009, il collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
La ricorrente impugna il giudizio negativo della Commissione di esame di avvocato per la sessione 2004 reso in relazione alle prove scritte da lei sostenute, che non le hanno consentito l’ammissione alla prova orale.
La ricorrente ha in particolare conseguito il punteggio di 26 per il parere di diritto civile, 29 per il parere di diritto penale e 35 per l’atto giudiziario; dunque un punteggio non sufficiente per due prove su tre (ex art. 17 bis R.D. 22.1.1934, n. 37).
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la disparità di trattamento in cui sarebbe incorsa la Commissione che avrebbe valutato sufficiente la prova complessivamente fornita dal candidato n. 571, attribuendogli la votazione di 30 per ciascuno degli elaborati, pur risultando che in realtà il predetto candidato non ha svolto affatto la terza prova limitandosi a consegnare il foglio recante la mera trascrizione delle tracce senza alcuno svolgimento; tanto a fronte della situazione di essa ricorrente che ha invece svolto tutti e tre i compiti.
In sostanza, la ricorrente lamenta che i propri elaborati non siano stati valutati secondo le modalità seguite per il giudizio espresso sulle prove del candidato n. 571 (due su tre).
Va in proposito ricordato che la valutazione di sufficienza complessiva deve necessariamente seguire alla valutazione favorevole su ciascuno degli elaborati svolti dal candidato (cfr. art. 17 bis citato), il che implica che il candidato svolga effettivamente tutti e tre gli elaborati.
Orbene, l’eventuale illegittimità commessa dall’organo amministrativo in favore di determinati concorrenti nel corso della stessa procedura (è il rilievo operato dalla ricorrente secondo cui la commissione avrebbe favorevolmente valutato la prova svolta dal candidato n. 571 senza che questi abbia svolto il terzo compito) non giustifica la pretesa del soggetto escluso a fruire di identico trattamento e non lo abilita a sollevare il vizio di disparità di trattamento.
Nel caso di specie, invero, l’attività della Commissione è vincolata dalla legge quanto alla considerazione di tutti e tre gli elaborati svolti e non può da essa discostarsi.
Ove sia dimostrato il fatto denunciato dal soggetto, “sono evidentemente altre le vie giudiziarie che egli è legittimato a percorrere per ottenere che l’illegittimità riscontrata sia rimossa e i responsabili siano sanzionati, anche se da esse egli non è in grado di ricavare il vantaggio personale al quale illegittimamente aspira” (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, n. 2781/2007).
Il motivo è dunque infondato.
Con il secondo motivo, la ricorrente contesta la valutazione negativa risultante dal mero voto numerico, senza ulteriore specificazione dei criteri e della ragioni che abbiano in tal senso orientato la Commissione.
Al riguardo il Collegio deve richiamare il principio costituente jus receptum nella giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo il quale nella procedure concorsuali o, come nel caso, di specie, idoneative, il giudizio espresso alla commissione esaminatrice, costituendo espressione della specifica competenza ad essa riconosciuta e degli ambiti di discrezionalità tecnica alla stessa riservati, può essere sindacato in sede di legittimità solo sotto il profilo della manifesta illogicità e della contraddittorietà ictu oculi rilevabile.
Va dunque ribadito il principio costantemente affermato per cui, con riferimento alle censure che si risolvono contro la insufficienza della mera motivazione numerica, n assenza di una normazione ad hoc, è del tutto valida l’attribuzione di un mero punteggio numerico, in quanto motivazione sintetica, ma comunque significativa, ed idonea a rendere palese la valutazione compiuta dalla commissione (cfr. Cons. di Stato, sez.IV, 14 aprile 2006, n. 2127; 14 gennaio 2005, n. 110, e, da ultimo, Cons. di Stato. sez.IV, n. 2190/2008, 540/2008 e 294/2008, ex pluris), anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della L. n. 241/90, ed anche qualora non siano rinvenibili sull’elaborato segni grafici o glosse di commento a margine dell’elaborato (cfr. TAR Sardegna, sez. I, 24 dicembre 2004, n. 1933).
In linea di principio spetta dunque alla commissione in via esclusiva la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico (Cons. di Stato, sez.IV, 30 maggio 2007, n. 2781).
Nel caso di specie, occorre segnalare che la Commissione si era previamente dotata di criteri di valutazione (cfr. Circolare 21 dicembre 2004), in base ai quali procedere alla valutazione degli elaborati.
Orbene, l’esame della valutazioni effettuate dai singoli commissari (cfr. verbale dell’8 marzo 2005) evidenzia che tutti e cinque si siano sostanzialmente allineati su punteggi identici o estremamente vicini (per l’elaborato A – parere di diritto civile, tutti i commissari hanno attribuito il punteggio 5, a parte uno che ha assegnato il punteggio 6; per l’elaborato B – parere di diritto penale, tutti i commissari hanno attribuito il punteggio 6, a parte uno che ha assegnato il punteggio 5; per l’elaborato C – atto giudiziario, tutti i commissari hanno assegnato il punteggio 7), dal che non è possibile rilevare alcuna diversità di giudizio né alcun macroscopico errore logico, potendosi, al contrario, argomentare che le valutazioni, provenienti da soggetti altamente qualificati professionalmente, sono state concordi nell’attribuzione del punteggio, di sufficienza come di insufficienza.
In particolare, nessun componente ha sollecitato valutazioni più approfondite per l’attribuzione di un voto diverso da quello in corso di verbalizzazione, sicché la determinazione unanime di tutti i componenti, in quanto dotati, come detto, di particolare professionalità implica l’estrinsecazione di una ponderata scelta condivisa e di per sé insindacabile in sede giurisdizionale (cfr., da ultimo, Cons. di Stato. sez.IV, n. 4512/2008).
Non vi è dunque spazio per rilevare un eventuale vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, stanti le ragioni “sostanziali” evidenziate dal Consiglio di Stato, nella richiamata pronuncia n. 4512/2008.
Il ricorso va pertanto respinto, giacché infondato.
Le spese possono compensarsi, tenuto conto della risalenza del ricorso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale, L’AUQILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 28/01/2009 con l’intervento dei Magistrati: