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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Amministrativo Enti locali
Amministrativo Enti locali Sentenze

TAR Campania Salerno, sez. II, 10 aprile 2008, n. 547

Redazionedi Redazione10 Aprile 2008
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

SENTENZA

(art. 21 bis l. n. 1034/1971)
sul ricorso n. 233/2008 Reg. Gen., proposto da M.L., rappresentato e difeso dagli avv.ti Annabella Messina e Laura Messina, ed elettivamente domiciliato in Salerno alla via Crispi n. 1/7 presso lo studio dei procuratori;
contro
Comune di cava dei Tirreni, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuliana Senatore e Marina Tosini ed elettivamente domiciliato in Salerno al Largo Sinno n. 1 presso l’avv. Marina Tosini;
per l’annullamento
del silenzio-rifiuto formatosi sulla diffida depositata il 13-4-2007 (prot. n. 18830), per ottenere la predisposizione e la sottoscrizione del contratto di locazione del locale destinato a bar di pertinenza dell’area mercatale di Viale Marconi, ovvero, esplicitando le ragioni dell’eventuale recesso dalle relative trattative, per ottenere la revoca della delibera di G.C. n. 451 del 7-7-2005, con contestuale quantificazione e corresponsione al ricorrente del relativo indennizzo;
di ogni altro provvedimento connesso, presupposto o conseguente ed, in particolare, della nota interlocutoria del dirigente del 1° settore n. 28628 del 25-5-2007;
VISTO il ricorso con gli atti e documenti allegati;
VISTI gli atti di costituzione in giudizio del Comune intimato ;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI tutti gli atti della causa;
RELATORE alla camera di consiglio del 28-2-2008 il Dott. Francesco Mele e uditi altresì, per le parti, gli avvocati presenti come da verbale di causa ;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 7-2-2008 e depositato il 13-2-2008 il signor M.L. proponeva ricorso giurisdizionale avverso il silenzio-rifiuto formatosi sulla diffida depositata il 13.4.2007 presso il Comune di cava dei Tirreni, intesa ad ottenere la predisposizione e la sottoscrizione del contratto di locazione del locale destinato a bar di pertinenza dell’area mercatale di Viale Marconi, ovvero, esplicitando le ragioni dell’eventuale recesso dalle relative trattative, la revoca della delibera di G.C. n. 451 del 7-7-2005, con contestuale quantificazione e corresponsione al ricorrente del relativo indennizzo.
Lamentava violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento.
Instauratosi il contraddittorio, l’amministrazione intimata si costituiva in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
La causa veniva decisa e trattenuta per la decisione alla camera di consiglio del 28-2-2008.

DIRITTO

Ritiene in primo luogo il Collegio che il ricorso in trattazione sia ammissibile, controvertendosi in materia di interessi legittimi e non di diritti soggettivi.
La richiesta del M., diretta ad ottenere la predisposizione e la sottoscrizione del contratto di locazione, trova fondamento nella deliberazione di G.M. n. 451 del 7-7-2005, la quale, per espressa previsione, costituisce “mero atto di indirizzo ai sensi dell’art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000”.
Tale natura esclude che la determinazione assunta dall’organo comunale abbia potuto costituire il rapporto locatizio, rimettendosi alla successiva attività degli uffici la determinazione dei rispettivi diritti ed obblighi gravanti sulle parti.
Vi è piuttosto lo svolgimento di un procedimento amministrativo, di fronte al quale il privato vanta una posizione giuridico soggettiva di interesse legittimo di tipo pretensivo.
Passando ora alla trattazione del merito del ricorso, ritiene il Tribunale che questo sia fondato e vada accolto, sussistendo in capo al Comune intimato un obbligo di provvedere non adempiuto.
Quanto all’obbligo di provvedere, va in primo luogo tenuto presente il disposto dell’articolo 2 della legge n. 241/1990, secondo il quale la p.a. deve concludere il procedimento con provvedimento espresso; tale obbligo sussiste nei casi di procedimento ad iniziativa privata tipizzata (“ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza”) e di procedimento ad iniziativa di ufficio ( quando esso “debba essere iniziato di ufficio”).
Va, poi, evidenziato che l’originario orientamento restrittivo della giurisprudenza, in base al quale il silenzio può formarsi solo ove un obbligo giuridico di provvedere derivi da una norma di legge, da un regolamento o da un atto amministrativo (cfr. Cons. Stato, A.P., 10-3-1978, n. 10; VI, 27-3-1984, n. 180) è stato sottoposto a rivisitazione critica da parte di pronunzie più recenti, le quali hanno affermato che tale obbligo non deve necessariamente derivare da una disposizione puntuale e specifica, ma può desumersi anche da prescrizioni di carattere generico e dai principi generali regolatori dell’azione amministrativa.
Sicché esso può originare dal rispetto del principio di imparzialità, quando, ad esempio, si chieda il riesame di un atto inoppugnabile (situazione che ordinariamente non determina l’esistenza di un obbligo di provvedere), nel caso in cui, in ragione di un mutato orientamento dell’amministrazione, sia stata modificata in melius la posizione di altri soggetti che si trovino in situazioni analoghe (cfr. Cons. Stato, IV, 14-11-1986, n. 730).
Può trovare fondamento nel principio di buon andamento dell’azione amministrativa, nel caso in cui l’amministrazione, con il suo comportamento, abbia ingenerato un qualche affidamento in capo al privato, sia che il procedimento amministrativo non sia stato ancora avviato, sia che lo stesso abbia avuto inizio a seguito della istanza dell’interessato (cfr. TAR Abruzzo, 16-7-1990, n. 360; TAR Lazio, 26-1-1991, n. 83).
Una ulteriore fonte dell’obbligo di provvedere è stata, infine, individuata nel principio di legalità dell’azione amministrativa.
In conclusione, può affermarsi che oggi, a prescindere dall’esistenza di una specifica disposizione normativa impositiva dell’obbligo, la giurisprudenza ritiene il medesimo sussistente in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento (cfr. Cons. Stato, V, 15-3-1991, n. 250); quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) di quest’ultima (cfr. Cons. Stato, V, 22-11-1991, n. 1331).
Nella fattispecie portata all’esame del Collegio l’obbligo di conclusione del procedimento deriva certamente dallo stesso comportamento tenuto dall’ente locale.
Il richiamato atto di indirizzo, di cui alla deliberazione di G.M. n. 451/2005, evidenzia, infatti, la volontà dell’ente di esaminare ed esitare la richiesta del privato ed ha fondato il legittimo affidamento di questi alla conclusione del procedimento.
Più precisamente, per quanto in premessa esposto, esiste un obbligo di concludere il procedimento con atto espresso e motivato ( a prescindere dal contenuto del medesimo).
Trattandosi, invero, di attività discrezionale dell’amministrazione, l’ordine di questo Tribunale, conseguente all’accoglimento del ricorso, va limitato al mero esercizio dell’attività provvedimentale, non essendovi spazio in questa sede per la definizione della pretesa sostanziale vantata; quest’ultima è, invero, rimessa al momento successivo (ed eventuale) della impugnativa del provvedimento espresso, ove non satisfattorio degli interessi di cui il privato è titolare.
Va, infine, evidenziato che all’accoglimento del ricorso (nei sensi sopra specificati) non osta la circostanza che l’Amministrazione abbia comunicato note interlocutorie, evidenziando che l’assunzione di una decisione definitiva necessitava del conforto di un parere legale, richiesto ai competenti uffici del Comune.
Tale attività, infatti, una volta decorso il ragionevole termine di durata del procedimento, lascia comunque sussistere un inadempimento all’obbligo di provvedere, il quale ultimo vede il suo naturale soddisfacimento nel provvedimento finale (conclusivo del procedimento) che alla data di discussione del presente ricorso non risulta essere stato adottato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Salerno (Sezione II), definitivamente giudicando sul ricorso proposto da M.L. , lo accoglie e, per l’effetto:
–dichiara l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sulla diffida depositata il 13-4-2007 ;
–ordina all’amministrazione intimata di provvedere sull’istanza del ricorrente, con atto espresso e motivato, nel termine di giorni trenta dalla comunicazione in via amministrativa ovvero dalla notificazione della presente sentenza.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di lite, che si liquidano in complessivi euro 1000 (di cui 300 per spese), oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’ Autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno, nella Camera di Consiglio del 28-2-2008;
con la partecipazione di:
(omissis)

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