SENTENZA
sul ricorso n. 4208/08 R.G. proposto da FAROUK SHAMS SALEM ATTIA domiciliato ex lege in Roma, presso la Segreteria del TAR e rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avv.ti Vanni Oddino e Marco Bertolino con studio in Alassio (Sv), Pr. Sibelli Bugliolo n. 3/16
CONTRO
– MINISTERO DEGLI ESTERI, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
– MINISTERO DEGLI INTERNI, in persona del Ministro p.t. – non costituito in giudizio;
– AMBASCIATA D’ITALIA – CANCELLERIA CONSOLARE A IL CAIRO, in persona dell’Ambasciatore p.t. – non costituita in giudizio
per l’annullamento, previa sospensione degli effetti, del provvedimento prot. n. 122 del 21 febbraio 2008 con cui l’Ambasciata d’Italia a Il Cairo ha respinto la richiesta di visto d’ingresso per turismo presentata dal ricorrente;
Visti gli atti e documenti contenuti nel fascicolo processuale;
Designato il dott. Michelangelo Francavilla quale relatore per la pubblica udienza dell’11 dicembre 2008;
Uditi gli Avvocati delle parti come da verbale;
Ritenuto, in FATTO, e considerato, in DIRITTO, quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 18 aprile 2008 e depositato il 6 maggio 2008 Farouk Shams Salem Attia ha impugnato il provvedimento prot. n. 122 del 21 febbraio 2008 con cui l’Ambasciata d’Italia a Il Cairo ha respinto la richiesta di visto d’ingresso per turismo presentata dal predetto.
Il Ministero degli Esteri, costituitosi in giudizio con memoria depositata il 24 maggio 2008, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero degli Interni e l’Ambasciata d’Italia a Il Cairo, benché ritualmente intimati, non si sono costituiti in giudizio.
All’udienza pubblica dell’11 dicembre 2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Farouk Shams Salem Attia impugna il provvedimento prot. n. 122 del 21 febbraio 2008 con cui l’Ambasciata d’Italia a Il Cairo ha respinto la richiesta di visto d’ingresso per turismo presentata dal predetto.
Con un’unica articolata censura il ricorrente lamenta il difetto d’istruttoria e di motivazione dell’atto impugnato prospettando, altresì, l’esistenza delle condizioni richieste dalla normativa vigente per il rilascio – in suo favore – del visto d’ingresso in Italia.
La censura in esame è infondata in quanto il dedotto difetto d’istruttoria e l’asserita illegittimità per l’esistenza delle condizioni necessarie per il rilascio del visto sono, in fatto, insussistenti come si avrà in prosieguo modo di affermare allorché si tratterà della legittimità sostanziale del provvedimento impugnato.
Il prospettato difetto di motivazione, poi, costituisce vizio di per sé inidoneo, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2° l. n. 241/90, a comportare l’annullamento giurisdizionale dell’atto impugnato stante la natura vincolata e la correttezza sostanziale dello stesso.
Proprio con riferimento specifico alla legittimità sostanziale del diniego di visto in questo giudizio gravato, il Collegio rileva che secondo l’art. 5 del trattato di Schengen, ratificato dall’Italia con la l. n. 388/93, per l’ingresso nel territorio dei Paesi contraenti lo straniero deve esibire “i documenti che giustificano lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il ritorno nel paese di provenienza”; tale condizione deve, in particolare, essere rispettata per il rilascio del visto uniforme di durata non superiore a tre mesi (artt. 10, 11 e 15 del trattato).
Nello stesso senso l’art. 4 comma 3° d.lgs. n. 286/98 prevede che per conseguire il visto d’ingresso lo straniero deve dimostrare “di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza”.
L’art. 5 comma 6° d.p.r. n. 394/99 stabilisce, inoltre, che al momento della domanda, oltre alla documentazione necessaria per il tipo di visto richiesto, lo straniero deve depositare quella concernente “la finalità del viaggio”.
Secondo, poi, il punto 20 dell’allegato al decreto del Ministro degli Affari Esteri del 12/07/00 il visto d’ingresso per ragioni di turismo è subordinato al deposito di documentazione comprovante:
“a) adeguati mezzi finanziari di sostentamento, non inferiori all’importo stabilito dal Ministero dell’interno con la Direttiva di cui all’art. 4, comma 3, del testo unico n. 286/1998;
b) il titolo di viaggio di andata e ritorno (o prenotazione) ovvero la disponibilità di autonomi mezzi di viaggio;
c) la disponibilità di un alloggio (prenotazione alberghiera, dichiarazione di ospitalità, ecc.)”.
La direttiva del Ministero dell’Interno del 01 marzo 2000 quantifica gli importi dei mezzi di sussistenza necessari per il rilascio del visto d’ingresso per turismo graduandoli in relazione alla durata del soggiorno.
Dalle disposizioni ora richiamate si evince che lo straniero che richiede il visto d’ingresso per turismo non deve solo dimostrare la disponibilità dei mezzi necessari ad assicurarne la sussistenza per la durata del soggiorno ed il ritorno in patria ma, più in generale, deve esibire quegli atti indispensabili a comprovare “lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto” (art. 5 del trattato di Schengen e art. 4 comma 3 d.lgs. n. 286/98).
A tal fine, pertanto, l’interessato deve comprovare all’amministrazione competente l’esistenza delle condizioni che giustificano le finalità del soggiorno e, nella fattispecie, trattandosi di visto d’ingresso per turismo caratterizzato da necessaria temporaneità (confermata dalla durata dello stesso mai superiore a novanta giorni), dei presupposti dai quali si possa ragionevolmente ritenere l’interesse dello straniero a fare rientro nel Paese d’origine onde scongiurare il c.d. “rischio migratorio”.
Le condizioni in esame possono essere desunte, tra l’altro, dall’esercizio di attività economiche o, ancora, dal possesso di fonti di reddito o altre circostanze atte a comprovare che nel Paese di provenienza lo straniero abbia il centro della sua vita affettiva e dei suoi interessi economici e, per tale via, a dimostrare la natura temporanea del soggiorno in Italia e il probabile ritorno nel Paese di provenienza.
Nella fattispecie in esame nessuna delle condizioni in esame è stata comprovata dall’interessato.
In particolare, dalla documentazione trasmessa dall’Ambasciata d’Italia a Il Cairo con nota del 19 maggio 2008 si evince che l’amministrazione ha negato il visto ritenendo sussistente il c.d. rischio migratorio in quanto il ricorrente non è titolare, nel Paese di provenienza, di fonti di reddito tali, per natura ed entità, da palesare la probabilità del suo rientro in patria avendo l’interessato prodotto solamente “un libretto tasse vuoto, rilasciato in data 1 febbraio 2008, per vendite generiche”.
Alla luce delle circostanze in esame, pertanto, l’amministrazione ha del tutto legittimamente ritenuto esistente nella fattispecie il c.d. rischio migratorio con conseguente mancanza, in capo al ricorrente, dei requisiti necessari per l’ingresso in Italia il che palesa la correttezza, nel merito, del provvedimento impugnato.
Per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Il ricorrente, in quanto soccombente, deve essere condannato a pagare, in favore del Ministero degli Esteri, le spese del presente giudizio il cui importo viene liquidato come da dispositivo.
Nessuna statuizione, poi, deve essere emessa in relazione alle spese concernenti il rapporto giuridico processuale instauratosi tra il ricorrente e le altre parti stante la mancata costituzione di queste ultime;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale Del Lazio – Sede di Roma, Sezione Interna I Quater:
1) respinge il ricorso;
2) condanna il ricorrente a pagare, in favore del Ministero degli Esteri, le spese del presente giudizio il cui importo si liquida in complessivi euro cinquecento/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge;
3) dichiara non luogo a provvedere in relazione alle spese concernenti il rapporto giuridico processuale instauratosi tra il ricorrente e le altre parti intimate;
4) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio dell’11 dicembre 2008.