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TAR Lombardia Brescia, sez. II, 15 gennaio 2010, n. 19

Redazionedi Redazione15 Gennaio 2010
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Considerato che sussistono i presupposti per una definizione immediata e in forma semplificata della presente controversia, alla stregua delle seguenti considerazioni:

A. L’ORDINANZA SINDACALE IMPUGNATA.

L’ordinanza 5 dicembre 2009, n. 312 del Sindaco del Comune di Trenzano reca come oggetto:

“disciplina delle riunioni pubbliche o in luoghi aperti al pubblico da parte di Associazioni, comitati, o enti che perseguano scopi culturali, religiosi o politici. Disposizioni congiunte in tema di ordine pubblico e di pubblica sicurezza”.

Dopo aver richiamato varie disposizioni (del T.U.L.P.S., il D.L. n. 92/2008 convertito nella legge n. 125 del 2008; il Decreto Ministro dell’Interno 5 agosto 2008), il Sindaco impone (punto 2) una serie di obblighi alle “associazioni di cui sopra”, tra cui, in particolare:

“d) i promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico … devono darne avviso almeno cinque gironi prima all’Autorità locale di pubblica sicurezza;

e) chi promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose aperte al pubblico fuori dai luoghi destinati al culto deve dare preavviso almeno trenta giorni prima della data fissata per lo svolgimento alla (medesima) Autorità;

f) tutte le riunioni devono essere tenute in lingua italiana”.

La violazione delle disposizioni di cui all’ordinanza viene, altresì, punita con la sanzione amministrativa di euro 500,00.

I ricorrenti impugnano, limitatamente alle lettere soprariportate, l’ordinanza e propongono, altresì, le ulteriori domande in epigrafe.

B. IN RITO

b.1. in punto di giurisdizione

I dubbi al riguardo prospettati fin dal decreto presidenziale provvisorio 4.1.2010, n. 1 (e su cui hanno dibattuto le difese scritte e orali delle parti costituite) vanno confermati e riaffermati in questa sede, con riferimento ad una delle tre domande proposte dai ricorrenti con la presente azione, e precisamente a quella (riportata sub “b” in epigrafe) di accertamento della violazione del diritto all’identità culturale e del diritto di riunirsi.

Detta domanda è supportata dalle prime quattro censure in ordine cronologico dedotte in ricorso e tutte fondate sul richiamo (diretto o intermediato da disposizioni legislative primarie) alle norme internazionali in materia di diritti dell’uomo (primo motivo) ovvero a norme costituzionali interne (artt. 2, 6, 8, 17, 19 e gli ulteriori menzionati all’art. 2 del T.U. sull’immigrazione n. 286/98: i successivi tre motivi).

Si tratta, con ogni evidenza, di norme poste direttamente a tutela di diritti soggettivi fondamentali e perfetti (libertà di riunione, libertà religiosa, libertà di manifestazione del pensiero), di talché la controversia sulla loro violazione o meno rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario: questo Giudice non può, dunque, conoscere della domanda di accertamento de qua.

A diversa conclusione occorre, invece, giungere per le residue censure, con cui si contesta il cattivo esercizio della funzione amministrativa sotto il rispettivo profilo dell’incompetenza ad assumere il provvedimento che ne è esplicazione (quinto e sesto motivo) e della violazione di norme di relazione (quelle poste dallo Statuto del Comune di Trenzano: settimo motivo): non solo infatti vengono, qui, formalmente dedotti tipici vizi di legittimità dell’atto amministrativo, ma la posizione fatta valere in giudizio dai ricorrenti è quella di chi rivendica il corretto esercizio dell’azione amministrativa, cioè propriamente di interesse legittimo.

Limitatamente a queste censure e alla relativa domanda annullamento (sub “a” in epigrafe) dell’ordinanza sindacale 5.12.2009, sussiste, pertanto, la giurisdizione del Giudice amministrativo, peraltro indicato, dalla stessa ordinanza, quale autorità giurisdizionale cui ricorrere.

b.2 sul contraddittorio.

Il Comune e le Associazioni intervenute ad opponendum eccepiscono, oltre al già visto difetto di giurisdizione, anche l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato.

L’eccezione va disattesa in quanto l’atto impugnato ha carattere generale e secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato, (cfr. sez. IV, 4 dicembre 2008, n. 5962):

– “per definizione, l’atto generale non riguarda specifici destinatari, che sia a priori che a posteriori non sono individuabili”;

– in quanto “la figura di controinteressato in senso formale, peculiare del processo amministrativo, ricorre soltanto nel caso in cui l’atto sul quale è richiesto il controllo giurisdizionale di legittimità si riferisce direttamente e immediatamente a soggetti, singolarmente individuabili, i quali, per effetto dell’atto, abbiano (già) acquistato, una posizione giuridica di vantaggio”;

– cioè “quell’attuale effetto vantaggioso, univoco e qualificato, che ne connota la posizione quale controinteressato” siccome portatore “di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente” (Consiglio di stato, sez. VI, 20 aprile 2009, n. 2378).

b.3 sull’intervento “ad opponendum”.

Nel corso della discussione orale svoltasi all’odierna Camera di Consiglio, la difesa dei ricorrenti ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità dell’intervento ad opponendum dispiegato da alcune Associazioni sotto il profilo della mancata produzione della previa deliberazione associativa in tal senso: al riguardo, la difesa della associazioni intervenute ha dichiarato a verbale la esistenza di tale espressa manifestazione di volontà, la cui materiale produzione è stata, tuttavia, ostacolata dalla ristrettezza dei tempi dell’incidente cautelare.

Tenuto conto della specialità e rapidità del presente rito immediato, nonché della loro posizione meramente adesiva ad una delle parti necessarie del processo, il Collegio non ravvisa ragioni per disporre l’estromissione dal giudizio delle suddette Associazioni.

C. NEL MERITO

c.1. Sulla direttiva 26 gennaio 2009 del Ministro dell’Interno per le manifestazioni nei centri urbani e nelle aree sensibili.

Con il quinto motivo, i ricorrenti deducono la violazione della menzionata Direttiva 26.1.2009, nell’assunto che tale atto attribuisca esclusivamente al Prefetto il potere di emanare appositi provvedimenti “per vietare la possibilità di riunirsi in determinati luoghi pubblici”.

La censura è fondata.

Invero, la stessa direttiva precisa nella propria premessa che “il diritto costituzionalmente garantito di riunirsi e manifestare liberamente in luogo pubblico costituisce espressione fondamentale della vita democratica e come tale va preservato e tutelato”.

Ne consegue che ogni limitazione di tale diritto (per ragioni di sicurezza e per la difesa di diritti pariordinati, quale quello di circolazione e di salvaguardia del patrimonio artistico) deve essere considerata eccezionale, sia con riferimento agli spazi da sottrarre all’esercizio di tale diritto (centri urbani e aree c.d. “sensibili”: rispettivi punti 2 e 3 della Direttiva), sia con riferimento ai soggetti pubblici che siffatte limitazioni possono imporre.

Ebbene al quarto e ultimo punto della Direttiva, il Ministro dell’Interno invita espressamente i (soli) Prefetti a stabilire regole (d’intesa con i Sindaci e sentito il Comitato prov. le per l’ordine e la sicurezza pubblica) per sottrarre alcune aree alle manifestazioni e prevedere forme di garanzia e regole per lo svolgimento delle stesse; e conclusivamente, afferma che “tali determinazioni (da condividere il più possibile con le forze politiche e sociali) troveranno forma in un apposito provvedimento del Prefetto, inizialmente anche in forma sperimentale”.

Stante il carattere eccezionale di queste disposizioni, esse non possono che essere interpretate restrittivamente, così dovendosi concludere per l’esclusiva competenza del Prefetto (pur nella necessaria intesa con i Sindaci) ad assumere provvedimenti di regolamentazione delle manifestazioni in luogo pubblico.

Ne consegue che laddove il Sindaco di Trenzano ha, invece, adottato una espressa disciplina delle riunioni in luogo pubblico nel proprio Comune ha illegittimamente provveduto in materia di esclusiva competenza e spettanza del Prefetto.

c.2. sull’art. 54 del T.U. n. 267/2000 e sul D.M.Interno 5 agosto 2008.

Con il successivo sesto motivo, i ricorrenti deducono analogo vizio di incompetenza del Sindaco, quanto alla regolamentazione del diritto di riunirsi in luoghi aperti al pubblico, con riferimento al menzionato art. 54 T.U.E.L. (come novellato dalla legge n. 125/2008, c.d. “pacchetto sicurezza”) e al successivo D.M. applicativo 5 agosto 2008.

Anche questa censura è fondata.

Infatti, i commi 1 e 4 di detto art. 54 indicano le funzioni (accresciute) del Sindaco quale Ufficiale del Governo e il successivo comma 4 bis stabilisce che “con decreto del Ministro dell’interno è disciplinato l’ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana”.

Orbene, dopo aver fornito, all’art. 1, tali definizioni, al successivo art. 2 il Decreto stabilisce che “ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, il sindaco interviene per prevenire e contrastare:

a) le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di violenza legati anche all’abuso di alcool;

b) le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana;

c) l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b);

d) le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico;

e) i comportamenti che, come la prostituzione su strada o l’accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l’accesso ad essi”.

Al riguardo, chiamata a dirimere (anche) un conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia di Bolzano in ordine al più volte citato decreto del Ministro dell’interno 5 agosto 2008, la Corte Costituzionale ha espressamente affermato (sentenza 1 luglio 2009, n. 196, capo 10.2.) che:

– “il decreto del Ministro dell’interno ha ad oggetto esclusivamente la tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati: non solo la titolazione del decreto-legge n. 92 del 2008 si riferisce alla «sicurezza pubblica», ma, nelle premesse al decreto ministeriale oggetto del presente giudizio, si fa espresso riferimento, come fondamento giuridico dello stesso, al secondo comma, lettera h), dell’art. 117 Cost., il quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, attiene appunto alla prevenzione dei reati e alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383 del 2005). Lo stesso decreto, poi, sempre nelle premesse, esclude espressamente dal proprio ambito di riferimento la polizia amministrativa locale”;

– “pertanto, i poteri esercitabili dai Sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, non possono che essere quelli finalizzati alla attività di prevenzione e repressione dei reati e non i poteri concernenti lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome”;

– “comunque, il rispetto del confine nei vari casi ed ambiti potrà essere oggetto di controlli giurisdizionali ad opera del giudice comune o di questa stessa Corte in sede di conflitto fra gli enti”.

Ne consegue che i poteri attribuiti ai Sindaci sono, ancora una volta, esclusivamente quelli di prevenzione e repressione dei reati nei casi espressamente indicati dalle lettera da a) ad e) dell’art. 2 del decreto (spaccio di stupefacenti, esercizio e sfruttamento della prostituzione, violenza legata ad abuso di alcool, danneggiamenti del patrimonio pubblico, ecc.), mentre non è ammessa alcuna interpretazione estensiva di detta elencazione, pena lo “sconfinamento” del Sindaco dai poteri così attribuitigli.

La disciplina delle riunioni in luogo aperto al pubblico esula da siffatta elencazione e ambito oggettivo, cosicché il provvedimento del Sindaco di Trenzano risulta, anche sotto questo profilo, affetto da incompetenza.

c.3. sulla settima e ultima censura.

In considerazione della natura assorbente del rilevato vizio di incompetenza, tale da determinare ex se l’annullamento dell’ordinanza sindacale nella parte impugnata, può prescindersi dall’esaminare la settima e ultima censura di violazione delle norme statutarie del Comune di Trenzano.

D. SULLA DOMANDA RISARCITORIA.

La consequenziale domanda di risarcimento del danno (non patrimoniale) non può, invece, trovare accoglimento, tenuto conto che l’Associazione ricorrente risulta costituita in data successiva a quella di emanazione dell’Ordinanza sindacale controversa e, in ogni caso, della immediatezza temporale con cui la presente pronuncia ne ha eliminato dal mondo giuridico la concreta operatività, così da assicurare una tutela reintegratoria pienamente satisfattiva, salva la sussistenza di specifici danni “intertemporali” che, tuttavia, non sono stati dedotti e neppure prospettati nel corso dell’odierna discussione orale.

E. SULLE SPESE

Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, tenuto conto del solo parziale accoglimento delle domande attore e della novità della questione trattata.

Tuttavia, il contributo unificato, anticipato da parte ricorrente nella misura di Euro 500,00 (euro cinquecento), va posto a carico del Comune di Trenzano, ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis d.lgs. 115/2002.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione seconda di Brescia, definitivamente pronunciando, così decide:

1) ACCOGLIE la domanda annullatoria proposta dai ricorrenti e, per l’effetto, annulla l’ordinanza sindacale in epigrafe nella parte impugnata (e cioè limitatamente alle prescrizioni di cui alle lettere “d”, “e” e “f” del punto 2);

2) DICHIARA INAMMISSIBILE, per difetto di giurisdizione, la domanda di accertamento sub b) in epigrafe;

3) RESPINGE la domanda di risarcimento del danno;

4) COMPENSA le spese di lite tra tutte le parti in causa;

5) CONDANNA il Comune di Trenzano al pagamento del solo contributo unificato, ai sensi e nella misura di cui in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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