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TAR Toscana, sez. II, 23 dicembre 2010, n. 6860

Redazionedi Redazione29 Dicembre 2015
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

FATTO
Riferisce il ricorrente di gestire, in qualità di amministratore unico della società Omissis S.r.l., la piscina pubblica della Comune di Bucine.
A seguito dell’ispezione eseguita dal Dipartimento di prevenzione e sanità pubblica dell’Azienda Usl n. 8, i cui esiti sono trasfusi nella nota in data 19 agosto 2004 indirizzata all’amministrazione comunale, emergeva dall’analisi dei campioni d’acqua prelevati dalla piscina il superamento delle variazioni massime consentite dalla normativa vigente.
Conseguentemente, con i provvedimenti indicati in epigrafe il Sindaco del Comune ordinava al ricorrente di provvedere, entro 3 giorni, al ripristino dei parametri legali dell’acqua della piscina e, successivamente la sospensione immediata dell’attività di balneazione.
In data 28 agosto 2004 veniva, altresì, notificato al ricorrente un avviso di garanzia per il reato di cui all’art. 650 del codice penale.
Contro gli atti suddetti ricorrono il sig. T. e la società dal medesimo rappresentata chiedendone l’annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:
1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 l. n. 833/1978 e degli artt. 50 e 107 del d.lgs. n. 267/2000. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 2, dell’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003. Violazione dei principi generali regolanti esercizio del potere sindacale di ordinanza contingibile e urgente, con particolare riferimento al difetto del requisito dell’eccezionalità ed urgenza della situazione presupposta. Violazione del principio di tipicità e tassatività in materia di atti e provvedimenti amministrativi. Eccesso di potere per errore, travisamento difatti, difetto dei presupposti, carenza assoluta di istruttoria e difetto di motivazione. Sviamento di potere. Incompetenza.
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, nonché dell’art. 3 della medesima legge. Violazione del principio di leale collaborazione tra privato e pubblica amministrazione. Eccesso di potere per errore, carenza dei presupposti travisamento difatti. Carenza e perplessità della motivazione. Sviamento di potere.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale opponendosi all’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame vengono impugnati gli atti in epigrafe con cui il Sindaco del Comune di Bucine ha dapprima ordinato ai ricorrenti di provvedere, entro tre giorni dalla notifica, al ripristino dei parametri dell’acqua della piscina nei limiti previsti dalla normativa vigente e successivamente, stante l’inottemperanza all’ordinanza, ha disposto l’immediata sospensione dell’attività di balneazione nella piscina dai medesimi gestita.
Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di improcedibilità del gravame, avanzata dalla difesa di controparte, atteso che il ricorso è, nel merito, infondato.
Lamentano i ricorrenti, con il primo motivo, che non risulterebbero, nella fattispecie, i presupposti per l’adozione di provvedimenti contingibili e urgenti come delineati dall’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, Né sarebbe stato instaurato il necessario contraddittorio con la controparte.
La tesi non può essere seguita.
L’art. 50, comma 5, del Testo unico degli enti locali stabilisce che “in caso di emergenza sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale…”.
In verità non pare che, nella circostanza, il Comune di Bucine abbia inteso avvalersi di tali poteri che non risultano, in effetti, in alcun modo richiamati nel provvedimento impugnato. Per contro, come condivisibilmente evidenziato nelle difese di controparte, nell’emanare l’ordinanza contestata il Sindaco ha fatto piuttosto applicazione dell’art. 54, comma 2, del citato Testo unico (nella formulazione all’epoca vigente), a tenore del quale “il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini”.
Come risulta dalla documentazione in atti, nella fattispecie sussistevano, all’evidenza, i presupposti per l’utilizzo dei suddetti poteri. Infatti, dalle analisi effettuate dall’ARPAT sui campioni sia dell’acqua di immissione, sia su quella contenuta nella vasca della piscina, è emerso il mancato rispetto delle condizioni igienico-sanitarie minime previste dall’Accordo tra Stato e Regioni del 16 gennaio 2003 che, appunto, fissa i parametri relativi alla concentrazione di sostanze nocive per la salute all’interno delle acque destinate alla balneazione.
Dalle prefate analisi risultava, infatti, una concentrazione di coliformi e nitrati superiore di oltre il doppio rispetto alla soglia fissata dalla Tabella A del protocollo d’intesa sopraccitato.
Detta situazione era evidentemente idonea a porre in pericolo l’incolumità dei bagnanti, soprattutto considerando la frequenza dell’impianto da parte dei bambini abitanti nell’area interessata.
Ne consegue che sussistevano tutti presupposti per l’emissione di un’ordinanza contingibile ed urgente.
Per quanto attiene al diverso profilo di asserita illegittimità dedotto dai ricorrenti, si osserva che su tale aspetto il Giudice amministrativo ha da tempo fatto chiarezza, precisando che, nella fase dell’accertamento tecnico, in presenza di un interesse pubblico che può essere tutelato solo attraverso l’esercizio dei poteri sindacali extra ordinem, non sussiste per l’Amministrazione l’obbligo di instaurare un contraddittorio con gli interessati le cui eventuali controdeduzioni potranno essere vagliate successivamente (T.A.R. Toscana, sez. II, 20 gennaio 1999, n. 158; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 24 luglio 2003, n. 653).
Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, in quanto l’Amministrazione non ha fatto precedere l’ordinanza sindacale oggetto di gravame da rituale comunicazione di avvio del procedimento.
La doglianza si palesa priva di pregio, in quanto, come più volte chiarito dalla giurisprudenza, deve ritenersi sottratto all’obbligo di preventivo avviso di avvio del procedimento il provvedimento contingibile ed urgente, adottato per ragioni di tutela della salute pubblica ai sensi dell’art. 54 del d. lgv. n. 267 del 2000 (T.A.R. Lazio, sez. II, 20 gennaio 2006, n. 455; T.A.R. Abruzzo L’Aquila, 14 dicembre 2004, n. 1337).
D’altro canto, come argomentato con riferimento alla precedente censura, ricorrono nella specie i presupposti per l’applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990, per il quale “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere rigettato
Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in € 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)

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