TAR Lazio Roma, sez. I, 1 aprile 2016, n. 3989
Il TAR Lazio (sentenza n. 3989/2016) ha accolto il ricorso del Coordinamento della Conciliazione Forense per l’annullamento dell’art. 14-bis del Decreto del Ministro della Giustizia del 18 ottobre 2010 n. 180 così come introdotto dall’art. 6 del Decreto del Ministro della Giustizia n. 139/2014.
Detta norma si occupa di disciplinare direttamente l’incompatibilità ed i conflitti di interesse del singolo mediatore, affermando che:
«1. Il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali.
2. Non può assumere la funzione di mediatore colui il quale ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti è assistita o è stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato la professione negli stessi locali; in ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 815, primo comma, numeri da 2 a 6, del codice di procedura civile.
3. Chi ha svolto l’incarico di mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali».
La legge delega (d.lgs. n. 28/2010) delimitava in maniera chiara e specifica gli “spazi di manovra” lasciati alla decretazione ministeriale, di natura regolamentare e, quindi, di rango secondario e subordinato. In tali spazi non vi era alcuna traccia del tema dell’incompatibilità e/o del conflitto di interessi del soggetto che assiste la parte nel procedimento di mediazione ovvero dell’imparzialità del mediatore stesso. Ed infatti, nella stesura originaria del d.m. Giustizia n. 180/2010 non vi era alcun cenno alle incompatibilità del singolo mediatore, introdotte solamente nel 2014.
Spetta, dunque, ai singoli organismi di mediazione il compito di dotarsi di un codice deontologico e di un regolamento, riservando al ministero la semplice attività di vigilanza, così come peraltro previsto dall’art. 7 comma 3 del DM 180/2010 secondo cui è il regolamento (ovvero l’atto contenente l’autonoma disciplina della procedura di mediazione e dei relativi costi, adottato dall’organismo di mediazione) a stabilire le cause di incompatibilità allo svolgimento dell’incarico da parte del mediatore e disciplina le conseguenze sui procedimenti in corso della sospensione o della cancellazione dell’organismo dal registro.
Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
TAR Lazio Roma, sez. I, 1 aprile 2016, n. 3989