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Guide di diritto Penale Procedura Penale

Revenge porn: reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

Avv Maria D’Angelodi Avv Maria D’Angelo4 Settembre 2023Aggiornato il:4 Settembre 2023
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Indice dei contenuti ⇣
Revenge Porn: reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti con lo scopo di umiliare la vittima.
Articolo 612 ter del codice penale “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”
Revenge porn: reato plurioffensivo
La condotta integrante la fattispecie di reato
Consenso della vittima e reato di revenge porn
Come si denuncia il revenge porn?
Revenge porn, come fare una segnalazione al Garante Privacy

Revenge Porn: reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti con lo scopo di umiliare la vittima.

Il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, previsto dall’art. 612 ter del Codice Penale e comunemente noto come revenge porn, punisce chiunque diffonde, a seguito di realizzazione diretta, sottrazione o acquisizione e senza consenso, video o foto intimi, inizialmente realizzati con il consenso dell’interessato e destinati a rimanere privati.
La norma è stata introdotta dalla Legge 69/2019 cd. Codice Rosso recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
Lo scopo di tale fattispecie di reato, già conosciuta e punita in altri paesi quali Regno Unito, Francia e Germania, è quello di ostacolare la sempre più frequente pratica della porno vendetta (revenge porn), avente spesso come unico scopo quello di screditare ed umiliare la reputazione della vittima.

Articolo 612 ter del codice penale “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”

L’art 612 ter c.p., introdotto dall’art. 10 della legge 19 luglio 2019 n. 69, descrive minuziosamente le condotte tipiche di chi commette il reato della porno vendetta:

Art. 612 ter Codice Penale
Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Revenge porn: reato plurioffensivo

Tale fattispecie di reato viene collocata all’interno del Titolo XII sui “delitti contro la persona” – Capo III “dei delitti contro la libertà individuale” – Sezione III “dei delitti contro la libertà morale”.
Definito reato plurioffensivo, esso tutela principalmente la libertà fisica e morale delle vittime (spesso donne), il loro onore, la loro reputazione e privacy, nonché la libertà di vivere liberamente la propria vita sessuale, senza timore di divenir oggetto di squallidi ricatti.

La condotta integrante la fattispecie di reato

L’autore del reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è chi essendo in possesso dei contenuti sessualmente espliciti, li diffonde, pubblica o comunque cede a terzi soggetti senza il consenso delle persone ritratte.
Non commette dunque il reato chi ha realizzato la foto o il video a contenuto sessuale o chi dette foto o video abbia semplicemente ricevuto. La norma punisce la diffusione illecita di tali contenuti, sottoponendo alla stessa pena sia chi ha diffuso il materiale perché lo aveva realizzato, (ad esempio il fidanzato che scatta alcune foto intime alla fidanzata e poi le pubblica), sia chi sia entrato in possesso di tali contenuti ed a sua volta contribuisca alla diffusione.
Le pena – da uno a sei anni di reclusione oltre alla multa da euro 5.000 a euro 15.000 – è la medesima sia  per chi ha realizzato o sottratto le immagini compromettenti e le ha diffuse si per chi, ricevendo o acquistando le immagini o i video  li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di danneggiarli.

Consenso della vittima e reato di revenge porn

L’assenza del consenso del soggetto ritratto nelle immagini o video è uno dei requisiti necessari per la configurazione del reato di revenge porn.
Ne consegue che se la vittima abbia scientemente accordato la pubblicazione del video, il divulgatore materiale non potrà essere punito (sempre che il fatto non costituisca più grave reato).
Il consenso dell’avente diritto vale ad escludere non tanto il reato bensì lo stesso fatto tipico, in ciò differenziandosi dalla scriminante di cui all’art. 50 c.p. I requisiti del consenso appaiono in ogni caso i medesimi: deve essere libero, attuale, spontaneo e non coartato, non viziato da errore, violenza o dolo. Il consenso deve poi essere certamente espresso (non tacito o presunto) e manifestato da persona capace di intendere e volere.

Come si denuncia il revenge porn?

Secondo l’art. 612 ter c.p., comma 5, il reato di revenge porn è punito a querela della persona offesa, entro il termine di sei mesi (dalla conoscenza del fatto), trattandosi di un reato contro la libertà sessuale.
In caso di remissione di querela (esclusivamente processuale e quindi dinanzi al giudice), si procederà comunque d’ufficio nel caso in cui i fatti siano stati commessi in danno di un soggetto in condizioni di inferiorità fisica o psichica o in danno di donna incinta.
Si procederà altresì d’ufficio quando, ad esempio, il reato di revenge porn sia connesso ad altre fattispecie anch’esse perseguibili d’ufficio, quale ad esempio la morte della vittima o la sua minore età.

Revenge porn, come fare una segnalazione al Garante Privacy

Il reato di revenge porn è stato ulteriormente regolamento dal d.l. 139/21, che ha introdotto nel cosiddetto codice in materia di protezione dei dati personali l’art. 144 bis.
Tale norma prevede che chiunque (compresi i minori), abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere stati oggetto di cessione, pubblicazione o diffusione attraverso senza il suo consenso ha facoltà di segnalare il pericolo al Garante Privac.
Sul sito del Garante è presente un’apposita area per effettare le segnalazioni raggiungibile al seguente indirizzo https://servizi.gpdp.it/diritti/s/revenge-porn-scelta-auth
Il Garante potrà quindi adottare i provvedimenti previsti dall’articolo 58 del GDPR Regolamento UE 679/2016. I gestori delle piattaforme digitali destinatari dei provvedimenti del Garante conservano il materiale oggetto della segnalazione a soli fini probatori e con misure indicate dal Garante stesso idonee a impedire la diretta identificabilità degli interessati.
Quando il Garante, a seguito della segnalazione di cui al comma 1, acquisisce notizia della consumazione del reato di cui all’articolo 612-ter del codice penale, anche in forma tentata, nel caso di procedibilità d’ufficio trasmette al pubblico ministero la segnalazione ricevuta e la documentazione acquisita.

Disclaimer: Contenuti a scopo informativo e divulgativo che non sostituiscono il parere legale di un avvocato. Per una consulenza legale personalizzata contatta lo studio dell’avv. Gianluca Lanciano: Clicca e compila il form · WhatsApp 340.1462661 · Chiama 340.1462661 · Scrivi info@miolegale.it
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