Cassazione civile, sez. I, 20 giugno 2012, n. 10174
Un padre rifiuta di corrispondere in favore dell’ex moglie le spese di istruzione della figlia iscritta, senza il suo previo consenso, in un istituto privato anziché a quello pubblico sino ad allora frequentato. La ex moglie sosteneva che tale facoltà le era riconosciuta dalla sentenza di divorzio che disponeva a carico dell’altro coniuge, oltre il pagamento di un assegno mensile di mantenimento della figlia, anche l’obbligo di provvedere integralmente alle spese relative all’abbigliamento, l’istruzione, le cure mediche, senza prevedere a tal fine alcun previo accordo tra i genitori.
Per tale motivo al padre veniva ingiunto il pagamento di tali spese di istruzione, poi confermato sia in primo grado che in appello.
La Suprema Corte cassa la sentenza impugnata, affermando che il principio di bigenitorialità, affermato a livello internazionale dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176, che ha trovato attuazione in materia di separazione e divorzio attraverso la legge 8 febbraio 2006, n. 54, la quale ha modificato l’art. 155 cod. civ., introducendo l’istituto dell’affidamento condiviso, si sostanzia nell’effettiva compartecipazione di entrambi i coniugi alle scelte riguardanti la crescita e la formazione del figlio che va oltre la mera imposizione dell’obbligo di concordare le decisioni di maggior interesse, previsto dall’art. 6, quarto comma, della legge n. 898 del 1970 in riferimento all’ipotesi in cui i figli siano affidati ad uno solo dei genitori, con la connessa attribuzione di un diritto-dovere di vigilanza al genitore non affidatario.
La responsabilizzazione di entrambe le figure genitoriali, che il nuovo istituto dell’affidamento condiviso mira a garantire, può infatti realizzarsi solo nel caso in cui le decisioni di maggiore interesse per la prole siano prese di comune accordo tra i genitori nel rispetto del principio di codecisione di questi ultimi nella cura, nell’educazione e nell’istruzione dei figli. Infatti il principio di pari responsabilità, valido anche nel caso in
cui il giudice ritenga preferibile l’affido esclusivo, riceve
un’applicazione ancor più stringente in caso di affidamento condiviso.
Ragionando diversamente il contributo di uno dei coniugi potrebbe risolversi in una mera erogazione di denaro in favore del figlio, senza consentirgli di poter partecipare in maniera piena ed effettiva alla vita del minore.
Cassazione civile, sez. I, 20 giugno 2012, n. 10174