Cassazione civile, sez. II, 11 settembre 2024, n. 24396
In tema di antiriciclaggio, il responsabile della dipendenza bancaria è tenuto a compiere un'ampia valutazione dell’operazione
In tema di antiriciclaggio il responsabile della dipendenza bancaria è tenuto a compiere un’ampia ed approfondita valutazione che gli impone, in presenza di elementi che denotano l’anomalia dell’operazione, un approfondimento la cui omissione non può essere giustificata dal richiamo alla conoscenza personale del soggetto che l’ha posta in essere, ma deve estendersi alla provenienza del danaro, oltre che all’effettiva qualità e capacità economica dell’autore della/delle operazioni.
Al fine di ridurre i margini di incertezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali ed evitare forme di “arbitraggio normativo dirette a eludere gli obblighi di legge”, e per assicurare la “omogeneità di comportamento del personale degli intermediari”, la Banca d’Italia ha emanato “Istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio” (c.d. Decalogo, 12.01.2001). Con tali Istruzioni l’Istituto di vigilanza ha introdotto, tra l’altro, una casistica esemplificativa delle anomalie attinenti alla forma oggettiva delle operazioni bancarie, in esse ricomprendendo anche l’insieme di movimentazioni tra loro funzionalmente ed economicamente collegate, in presenza delle quali operazioni pur di per sé neutre, potendo dissimulare una attività di riciclaggio, vanno rapportate alla capacità economica od all’attività del cliente, ed impongono all’operatore dell’intermediario l’effettuazione di specifiche indagini per valutare, in base alle altre notizie di cui dispone in virtù delle propria attività, la loro effettiva natura sostanziale.
Detta valutazione, anche se costituisce il risultato di un apprezzamento soggettivo, deve avere natura impersonale, come evidenziato dalla necessità e sufficienza che essa “induca a ritenere.., che il denaro, i beni o le utilità.., possano provenire” da delitto e, conseguentemente, la nozione di sospetto, nel quale essa si deve concretizzare per imporre l’adempimento all’obbligo di segnalazione dell’operazione, va individuata tenendo conto che la segnalazione ha la funzione di mero filtro, attraverso il quale l’Ufficio Italiano dei Cambi esercita sul fatto un’ulteriore attività di approfondimento, che può concludersi anche con un’archiviazione in via amministrativa. Pertanto, e con specifico riferimento ai soggetti di cui al primo comma dell’art. 3 della legge n. 197/1991, si è affermato (cfr. Cass. n. 23017 del 2009, cit.) che, poiché il potere di valutare le segnalazioni e (se le ritenga fondate) di trasmetterle spetta solo al “titolare dell’attività” (ossia all’organo direttivo della banca), il “responsabile della dipendenza” deve segnalare al suo superiore ogni operazione che lo induca a ritenere che l’oggetto di essa possa provenire da reati attinenti al riciclaggio, sulla base di elementi oggettivi riferibili all’operazione stessa o alla capacità economica e all’attività del cliente.
La segnalazione delle operazioni non è, quindi, subordinata alla evidenziazione dalle indagini preliminari dell’operatore e degli intermediari di un quadro indiziario di riciclaggio, e neppure alle esclusioni in base a un loro personale convincimento della estraneità delle operazioni a una attività delittuosa, ma si fonda su di un giudizio obiettivo sulla idoneità di esse, valutati gli elementi oggettivi e soggettivi che la caratterizzano, a essere strumento di elusione delle disposizioni dirette a prevenire e punire l’attività di riciclaggio (Cass. n. 20647 del 2018, cit.; conf. Cass. n. 9089/2007; Cass. n. 8699/2007).
Cassazione civile, sez. II, 11 settembre 2024, n. 24396