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Famiglia Successioni Giurisprudenza

Assegnazione casa coniugale con figli maggiorenni: la domanda va riproposta in sede di divorzio

Redazionedi Redazione16 Aprile 2019Aggiornato il:16 Aprile 2019
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Cassazione civile, sez. I, 11 aprile 2019, n. 10204

In caso di separazione dei coniugi con figli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti è necessario che il coniuge presso il quale i figli vivono riproponga espressamente la domanda di assegnazione della casa coniugale in sede di divorzio.
Non rileva il fatto che detta parte risulti già assegnataria dell’immobile in forza di statuizioni assunte in sede di separazione, non potendo il giudice stabilire d’ufficio l’assegnazione dell’immobile, se non incorrendo in un vizio di extrapetizione.
A tale riguardo, spiega la Corte, l’art. 6, comma 6 della Legge n. 898 del 1970 stabilisce il criterio, di carattere sostanziale, sulla base del quale il giudice deve provvedere all’assegnazione della casa coniugale. La norma contiene una disciplina analoga a quella generale prevista nell’art. 337 sexies del Codice Civile.
La giurisprudenza di legittimità ha integrato il parametro legislativo ancorando il godimento della casa familiare esclusivamente al regime di affidamento e collocamento dei figli minori. Per quelli maggiorenni non autosufficienti è necessaria la prosecuzione della coabitazione del genitore assegnatario e del figlio del predetto immobile (Cass.1545 del 2006; 18440 del 2013; 25604 del 2018). Nessuna delle due norme contiene indicazioni utili in relazione alla necessità che la statuizione sull’assegnazione della casa familiare debba essere fondata sulla formulazione di una domanda, in ossequio al principio dispositivo, o possa essere adottata anche officiosamente in funzione del rilievo pubblicistico dei diritti in gioco.
L’esegesi testuale delle norme e l’elaborazione giurisprudenziale postulano l’indisponibilità e l’irrinunciabilità del diritto al godimento della casa familiare in capo al genitore affidatario in relazione ai figli minori.
Vi è dunque una rilevante differenza tra figli minorenni e figli maggiorenni ma non ancora autosufficienti.
Quanto ai figli minorenni l’art. 337 ter c.c., comma 2 impone al giudice di adottare i provvedimenti relativi ai figli minori con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale degli stessi. L’assegnazione della casa familiare ne costituisce una componente essenziale. Ne consegue che il giudice, ove sia identificabile un immobile destinato al nucleo familiare e si ponga, concretamente, la questione dell’assegnazione, in funzione dell’interesse dei minori è tenuto a sollevare officiosamente la questione relativa al provvedimento da adottare.
Quanto ai figli maggiorenni il successivo art. 337 septies c.c. prevede che il giudice “possa” disporre, valutate le circostanze, in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il pagamento di un assegno periodico.
Ne consegue che nel caso di figli maggiorenni l’assegnazione della casa è condizionato alla proposizione della domanda, da parte di uno dei genitori verso l’altro o, in via concorrente, del figlio stesso, in quanto con il raggiungimento della maggiore età, l’obbligo di mantenimento dei figli non costituisce più un effetto automatico conseguente al vincolo di genitorialità, ma risulta condizionato all’accertamento della peculiare condizione di non indipendenza economica degli stessi dettata dall’impegno verso il raggiungimento di un preciso obiettivo professionale, ben potendo l’inesistenza di tale condizione fattuale essere fatta valere in giudizio dal genitore che si oppone al versamento dell’assegno. (Cass.5088 del 2018).
In questo mutato contesto della condizione giuridica complessiva del figlio maggiorenne rispetto a quella del figlio minore, non può prescindersi dalla formulazione
In definitiva le domande relative al mantenimento e all’assegnazione della casa familiare in presenza di figli minorenni o, diversamente, in presenza di figli maggiorenni non autosufficienti, sono fondate su presupposti diversi.
È necessario, di conseguenza, che la domanda di assegnazione della casa familiare venga proposta in sede di giudizio di divorzio dalla parte che risulti già assegnataria della stessa come da statuizioni assunte in sede di separazione, non potendo il giudice provvedere d’ufficio all’assegnazione dell’immobile proprio in relazione alla diversa connotazione della posizione giuridica, soprattutto in termini di autodeterminazione individuale, che caratterizza il figlio maggiorenne, ancorché non autosufficiente, rispetto al minore.

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Cassazione civile, sez. I, 11 aprile 2019, n. 10204

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