Corte di Giustizia UE, 25 febbraio 202, C. 129-20
Il congedo parentale spetta anche al lavoratore che era disoccupato al momento della nascita del figlio.
Le clausole 1.1, 1.2, 2.1 e 3.1 Lett. b), dell’accordo quadro sul congedo parentale (riveduto), che figura in allegato alla direttiva 2010/18/UE (…) devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione che il genitore interessato abbia occupato un impiego senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi immediatamente precedente l’inizio del congedo parentale.
Per contro, dette clausole ostano a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale allo status di lavoratore del genitore al momento della nascita o dell’adozione del figlio.
Riguardo alla condizione che il genitore occupi un impiego al momento della nascita del figlio o dei figli oppure dell’accoglienza del figlio o dei figli adottandi, la Corte sottolinea che il diritto al congedo parentale è un diritto individuale riconosciuto ai lavoratori di ambo i sessi per la nascita o l’adozione di un figlio, affinché il genitore possa averne cura fino a una determinata età (che non può essere superiore a otto anni). Essa precisa che la nascita o l’adozione di un bambino e lo status di lavoratore dei suoi genitori sono condizioni costitutive del diritto al congedo parentale ma che da dette condizioni non si può dedurre che i genitori del bambino per il quale tale congedo è richiesto debbano essere lavoratori al momento della nascita o dell’adozione di quest’ultimo.
La Corte ricorda altresì che la direttiva ha l’obiettivo di promuovere la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro e il trattamento sul lavoro nonché di migliorare la conciliazione tra vita professionale, vita privata e vita familiare dei genitori che lavorano. Essa precisa inoltre che il diritto individuale di ciascun genitore lavoratore al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un figlio riflette un diritto sociale dell’Unione che assume particolare importanza e che è stato peraltro sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Secondo la Corte, escludere i genitori che non lavoravano al momento della nascita o dell’adozione del proprio figlio equivarrebbe a limitare la possibilità per gli stessi di fruire di un congedo parentale in un momento successivo della loro vita in cui svolgono nuovamente un’attività lavorativa e del quale avrebbero bisogno per conciliare le loro responsabilità familiari e professionali. Una siffatta esclusione sarebbe contraria al diritto individuale di ciascun lavoratore di disporre di un congedo parentale. Inoltre, la duplice condizione imposta dalla normativa lussemburghese porta, in realtà, allorquando la nascita o l’adozione risale a più di dodici mesi prima dell’inizio del congedo parentale, a prolungare la condizione relativa all’anzianità lavorativa e/o aziendale, che non può superare un anno. Pertanto, la Corte conclude che uno Stato membro non può subordinare il diritto di un genitore al congedo parentale alla condizione che il genitore lavori al momento della nascita o dell’adozione del figlio.
Corte di Giustizia UE, 25 febbraio 202, C. 129-20