Corte Costituzionale, 30 gennaio 2009, n. 20
Dopo innumerevoli pronunce dei giudici amministrativi anche la Consulta è chiamata ad affrontare la problematica della correzione degli elaborati scritti per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato.
Il giudizio riguarda la presunta illegittimità costituzionale dell’art. 22, nono comma, r.d.l. n. 1578 del 1933 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 36 del 1934, sostituito dall’art. 1-bis, del d.l. n. 112 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 180 del 2003 nonché degli articoli 17-bis, 22, 23 e 24, primo comma, del r.d. n. 37 del 1934.
Nelle norme suddette – che, in base all’oramai consolidato diritto vivente, non impongono alla commissione esaminatrice l’obbligo di una specifica modalità di motivazione delle determinazioni da essa assunte in merito – non si è tuttavia ravvisato il paventato contrasto costituzionale né con i diritti di difesa, né con il principio del contraddittorio.
La valutazione degli elaborati concerne un momento del procedimento amministrativo attinente al profilo sostanziale dei requisiti di validità del provvedimento di esclusione del candidato, diversamente i parametri invocati (artt. 24, 1 e 2 comma, 111, 1 e 2 comma, 113, 1 comma, e, con riferimento alle norme CEDU, art. 117, 1 comma, della Costituzione) attengono alle garanzie di carattere esclusivamente processuale.
Gli articoli 24 e 113, Cost., enunciano il principio dell’effettività del diritto di difesa, il primo in ambito generale, il secondo con riguardo alla tutela contro gli atti della pubblica amministrazione.
Il principio del giusto processo, consacrato nell’art. 111, Cost., è finalizzato ad assicurare che gli strumenti procedurali vigenti pongano accusa e difesa in una posizione di parità e offrano idonea tutela ai diritti sostanziali su cui si controverte nel processo.
Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Corte Costituzionale, 30 gennaio 2009, n. 20