Cassazione civile, sez. I, 11 novembre 2010, n. 22909
«La sentenza impugnata ha accertato che i coniugi T.V. avevano proceduto all’adozione ex legge 183 del 1984 dei tre fratelli J., K. ed A. A.; e che successivamente il Tribunale per i minorenni di Napoli con decreto del 29 novembre 1999 ha disposto l’apertura della procedura di abbandono per gli stessi, stabilendone l’allontanamento dagli istituti presso i quali erano collocati, nonché l’affidamento a cura del Dipartimento della Polizia Municipale di Napoli ad una casa famiglia con retta a carico del Comune di residenza, e sospendendo, infine, la potestà di entrambi i genitori adottivi, peraltro giudicati in sede penale responsabili di gravi condotte nei confronti dei tre minori.
Ora è noto che dal fatto della procreazione sorge in modo necessario un complesso di diritti e di doveri reciproci fra genitore e figlio fra cui appare qui fondamentale il dovere dei genitori, sancito dal combinato disposto degli artt. 30 Cost., 147, 148 e 155 cod. civ., di mantenere ed educare i figli. E d’altra parte l’art. 27 legge 184/1983 dispone che “per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti”, e conseguentemente l’art. 48, 2° comma impone all’adottante l’obbligo di mantenere, istruire ed educare l’adottato, conformemente a quanto prescritto dall’articolo 147 del codice civile: perciò equiparando anche sotto questo profilo i suoi doveri a quelli del genitore naturale, e correlandoli esclusivamente allo status di genitore adottivo.
È egualmente pacifico che l’obbligo di mantenimento dei genitori – tanto naturali quanto adottivi – verso i figli, di contenuto più ampio e comprensivo di quello alimentare, si sostanzia tanto nell’assistenza economica, quanto nell’assistenza morale di costoro (Cass. 6197/2005; 3974/2002); e non cessa per il raggiungimento della maggiore età da parte di essi, ovvero per altra causa, ma perdura – anche indipendentemente dalla loro età – fino a quando i figli non vengono avviati ad una professione, ad un’arte o ad un mestiere confacente alla loro inclinazione e preparazione e rispondente, per quanto possibile, alla condizione sociale della famiglia.
Pertanto, come hanno rilevato la più qualificata dottrina e la giurisprudenza di questa Corte anche più lontana nel tempo (Cass. 38/1976) l’obbligo del mantenimento posto dalla menzionata normativa prescinde dalla potestà dei genitori e sopravvive ad essa in varie ipotesi, come dimostra quella, appena evidenziata, del figlio che abbia raggiunto la maggiore età; ovvero proprio le fattispecie di impedimento o di decadenza del genitore naturale o adottivo dalla suddetta potestà genitoriale (artt. 330 e 260 cod. civ.): in conformità del resto alla più moderna concezione dell’istituto che si concreta nell’attribuzione a quest’ultimo (o ad entrambi i genitori) non di un diritto soggettivo, bensì di un munus (di diritto privato) comportante un potere, nella sua più limitata accezione di potere-dovere, di curare determinati interessi privati e pubblici del minore. Sicché ove detto ufficio non venga di fatto esercitato, ovvero venga sospeso o addirittura revocato ex art. 330-333 cod. civ., la reazione dell’ordinamento è soltanto quella di porre rimedio all’anomalia, apprestando le opportune misure onde consentirne il regolare funzionamento; o, per converso, limitando oppure escludendo del tutto i poteri di rappresentanza nonché di amministrazione che lo stesso comporta.
Il che trova conferma proprio nella menzionata legge 184/1983, posto che l’art. 5 apporta una deroga all’obbligo del mantenimento da parte dei genitori nel solo caso di affidamento familiare, ponendolo a carico dell’affidatario; e che l’art. 50, per converso, nell’ipotesi di cessazione della potestà da parte dell’adottante o degli adottanti, non dispone affatto il contestuale venir meno del loro obbligo di provvedere al mantenimento dei figli adottivi, che continua ad essere regolato dal combinato disposto del precedente art. 48 e dell’art. 147 cod. civ., ma devolve al Tribunale per i minorenni il potere “di emettere i provvedimenti opportuni circa la cura della persona dell’adottato, la sua rappresentanza e l’amministrazione dei suoi beni, anche se ritiene conveniente che l’esercizio della potestà sia ripreso dai genitori”; e dispone che in tal caso si applichino le disposizioni dell’art. 330 e ss. cod. civ.».
Cassazione civile, sez. I, 11 novembre 2010, n. 22909