Corte Costituzionale, 11 gennaio 2021, n. 1
È infondata la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 76, comma 4-ter, del DPR n. 115/2002, che prevede l’automatica ammissione al gratuito patrocinio della persona offesa da reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale
La Corte costituzionale, con sentenza n. 1 dell’11 gennaio 2021, ha giudicato non fondata la questione di legittimità che aveva investito l’art. 76, comma 4-ter, del DPR n. 115/2002 (Testo unico in materia di spese di giustizia), nella parte in cui si prevede l’automatica ammissione - a prescindere dai limiti di reddito di cui al comma 1 - al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis (maltrattamenti in famiglia, mutilazioni genitali, reati di violenza sessuale e stalking), nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600 -bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquiese 609-undecies c.p. (riduzione in schiavi, prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale ecc.)
La questione era stata sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli.
Secondo la Consulta la scelta effettuata dal legislatore di ammettere al gratuito patrocinio le persone offese da determinati reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, indipendentemente dalle relative condizioni reddituali, rientra nella piena discrezionalità del legislatore e non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento, considerata la vulnerabilità delle vittime dei reati in questione.
Della problematica dell’ammissione al Patrocinio dello Stato nel caso di persona offesa dai reati indicati dall’art. 76, comma 4-ter, del DPR n. 115/2002 si era già occupata la Suprema Corte di Cassazione (Cassazione penale, sez. IV, 20 marzo 2017, n. 13497), affermando il diritto della persona offesa da uno dei reati indicati nella norma a fruire del patrocinio a spese dello Stato per il solo fatto di rivestire tale qualifica, a prescindere dalle proprie condizioni di reddito, che, dunque, non devono neanche essere oggetto di dichiarazione o attestazione ai sensi del successivo art. 79, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 115 del 2002.
È parso evidente ai giudici di legittimità che la finalità della norma non può che essere quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio. Pertanto, in assenza di una disposizione legislativa espressa, il giudice adito ha l’obbligo (e non la facoltà) di concedere l’ammissione al gratuito patrocinio anche se il richiedente non ha allegato la dichiarazione sostitutiva di certificazione con la quale attesta la sussistenza delle condizioni di reddito in generale richieste per godere di tale beneficio. Il predetto comma 4-ter, infatti, non subordina il diritto in parola al possesso di redditi contenuti entro limiti massimi, per cui la produzione di tale attestato si ritiene sia del tutto superflua e la sua mancanza è inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.
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Corte Costituzionale, 11 gennaio 2021, n. 1