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Lo Stato Italiano deve recuperare l’ICI non versata dalla Chiesa

Redazionedi Redazione6 Novembre 2018Aggiornato il:6 Novembre 2018
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Corte di Giustizia UE, 6 novembre 2018, C. 622-16

La Corte di Giustizia UE ha annullato la decisione con cui la Commissione ha rinunciato a ordinare allo Stato italiano dell’IMU nei confronti della Chiesa Cattolica. L’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili costituisce una forma di aiuto illegale concesso dall’Italia alla Chiesa.

Con decisione del 19 dicembre 2012 (Decisione 2013/284/UE della Commissione), cui l’Italia ha dato esecuzione, la Commissione ha dichiarato che l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI ora IMU) concessa dall’Italia agli enti non commerciali (come gli istituti scolastici o religiosi) che svolgevano, negli immobili in loro possesso, determinate attività (quali le attività scolastiche o alberghiere) costituiva un aiuto di Stato illegale.
La Commissione non ne ha tuttavia ordinato il recupero, ritenendolo assolutamente impossibile. La Commissione ha affermato, inoltre, che l’esenzione fiscale prevista dal nuovo regime italiano dell’imposta municipale unica (IMU), applicabile in Italia dal 1° gennaio 2012, non costituiva un aiuto di Stato.

L’istituto d’insegnamento privato Scuola Elementare Maria Montessori («Scuola Montessori») e il sig. Pietro Ferracci, proprietario di un «bed & breakfast», hanno chiesto al Tribunale dell’Unione europea di annullare tale decisione della Commissione.
Essi hanno lamentato, in particolare, che tale decisione li ha posti in una situazione di svantaggio concorrenziale rispetto agli enti ecclesiastici o religiosi situati nelle immediate vicinanze che esercitavano attività simili alle loro e potevano beneficiare delle esenzioni fiscali in questione.
La Commissione ha obiettato che né la Scuola Montessori né il sig. Ferracci soddisfacevano le condizioni per rivolgersi ai giudici dell’Unione, previste dall’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»)
Con sentenze del 15 settembre 2016, il Tribunale ha dichiarato i ricorsi ricevibili, ma li ha respinti in quanto infondati.
La Scuola Montessori e la Commissione hanno proposto impugnazioni contro tali sentenze.
Con la sua odierna sentenza, la Corte di giustizia esamina per la prima volta la questione della ricevibilità – sulla base dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE – dei ricorsi diretti proposti dai concorrenti di beneficiari di un regime di aiuti di Stato contro una decisione della Commissione la quale dichiari che il regime nazionale considerato non costituisce un aiuto di Stato e che gli aiuti concessi in base a un regime illegale non possono essere recuperati. La Corte rileva che una decisione del genere;
i) è un «atto regolamentare», ossia un atto non legislativo di portata generale,
ii) che riguarda direttamente la Scuola Montessori e il sig. Ferracci e
iii) che non comporta alcuna misura d’esecuzione nei loro confronti. La Corte conclude, di conseguenza, che i ricorsi della Scuola Montessori e del sig. Ferracci contro la decisione della Commissione sono ricevibili.

Quanto al merito della causa, la Corte ricorda che l’adozione dell’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità. È pur vero che la Commissione non può imporre il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione, come quello secondo cui «ad impossibilia nemo tenetur» («nessuno è tenuto all’impossibile»).
Tuttavia, la Corte sottolinea che un recupero di aiuti illegali può essere considerato, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare unicamente quando la Commissione accerti, dopo un esame minuzioso, che sono soddisfatte due condizioni, vale a dire, da un lato, l’esistenza delle difficoltà addotte dallo Stato membro interessato e, dall’altro, l’assenza di modalità alternative di recupero.

Nel caso di specie, quindi, la Commissione non poteva riscontrare l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali limitandosi a rilevare che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero di tali aiuti attraverso le banche dati catastali e fiscali italiane, ma avrebbe dovuto anche esaminare se esistessero modalità alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale, di tali aiuti. In mancanza di un’analisi siffatta, la Commissione non ha dimostrato l’impossibilità assoluta di recupero dell’ICI.
Per tale ragione, la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale nella parte in cui esso ha convalidato la decisione della Commissione di non ordinare il recupero dell’aiuto illegale concesso con l’esenzione dall’ICI e annulla, di conseguenza, la decisione della Commissione.
La Corte ritiene, inoltre, che il Tribunale non abbia commesso errori di diritto dichiarando che l’esenzione dall’IMU, che non si estendeva ai servizi didattici forniti dietro remunerazione, non si applicava ad attività economiche e non poteva pertanto essere considerata un aiuto di Stato. A tale riguardo, la Corte richiama la propria giurisprudenza secondo cui le esenzioni fiscali in materia immobiliare possono costituire aiuti di Stato vietati se e nei limiti in cui le attività svolte nei locali in questione siano attività economiche.

Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Corte di Giustizia UE, 6 novembre 2018, C. 622-16

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