Cassazione civile, sez. I, 25 maggio 2007, n. 12314
L’orientamento prevalente in giurisprudenza vuole che non sia sufficiente ai fini della prova dell’avvenuta riconciliazione tra coniugi separati e per gli effetti che ne derivano relativamente allo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 3, comma 2, lett. B L. 898/1970), che gli stessi abbiano ripristinato una forma di convivenza o, meglio, di coabitazione, essendo invece necessario il ripristino del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale, caratteristici della vita coniugale. (Cfr., ex multis, Cass. Civ. 19947/2005; 12427/2004; 3744/2001)
Nella sentenza in esame tuttavia la S.C. ha voluto conferire maggior rilievo all’elemento della ripresa coabitazione, quale elemento esteriore oggettivamente riscontrabile ed inequivocabilmente diretto a dimostrare la seria e comune volontà dei coniugi di ripristinare la comunione di vita, piuttosto che a quegli stati d’animo che, appartenendo alla sfera dei sentimenti, sono tanto più difficili da accertare in quanto permeati di soggettività.
In tale prospettiva si è ritenuto di doversi conferire al ripristino della coabitazione (che è altra cosa rispetto ad una vera e propria convivenza coniugale) quantomeno un valore presuntivo della volontà dei coniugi di voler superare il precedente stato di separazione in favore della ricostituzione del nucleo familiare.
Sulla scorta di tale ragionamento la Corte ha ritenuto altresì che spetta al coniuge interessato a negare l’avvenuta riconciliazione di dimostrare che, malgrado la coabitazione, per accordi fra le parti o per le modalità di svolgimento della vita familiare, la coabitazione stessa non integra una ripresa della convivenza e pertanto non si configura come un evento riconciliativo, idoneo ad interrompere il periodo di separazione.
Cassazione civile, sez. I, 25 maggio 2007, n. 12314