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Giurisprudenza Diritti fondamentali della persona Diritto urbanistico Edilizia

Il diritto al ricongiungimento rende effettivo il diritto all’unità familiare

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano3 Maggio 2023Aggiornato il:3 Maggio 2023
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Corte Costituzionale, 30 maggio 2008, n. 183

Il diritto al ricongiungimento familiare ex art. 17 L. 266/1999 rende effettivo il fondamentale diritto all’unità familiare per cui si giustifica la parziale compressione degli interessi della PA.

È stata sollevata questione di legittimità costituzionale in ordine all’art. 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266 (Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell’Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura) per violazione dell’art. 97 della Costituzione.
La norma impugnata stabilisce che «Il coniuge convivente del personale in servizio permanente delle forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, trasferiti d’autorità da una ad altra sede di servizio, che sia impiegato in una delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha diritto, all’atto del trasferimento o dell’elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato presso l’amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina».

Ad avviso del giudice rimettente la disposizione impugnata attribuisce al dipendente pubblico, coniuge di militare trasferito di autorità, un vero e proprio diritto soggettivo al ricongiungimento, per realizzare il quale il legislatore ha individuato diverse modalità possibili:
a) il trasferimento che «può avvenire d’ufficio, se attuato nell’interesse dell’amministrazione, o su domanda, se nell’interesse del dipendente, ed ha carattere di definitività»;
b) il comando o il distacco che hanno natura eccezionale e temporanea e prevedono che il dipendente resti nella pianta organica dell’amministrazione di provenienza, istituti normalmente utilizzati nell’interesse dell’Amministrazione ma che tuttavia, in base alla norma impugnata, vengono eccezionalmente applicati nell’interesse del dipendente.

Tale utilizzo “anomalo”, e “senza alcun limite”, secondo il rimettente, comprimerebbe irragionevolmente gli interessi dell’amministrazione di provenienza, che sarebbe costretta, per sostituire la persona comandata, ad assumere personale temporaneo per far fronte ad esigenze permanenti, dovendo altresì retribuire la persona comandata in aggiunta a quella che la sostituisce e sopportare un “divario permanente” fra la propria dotazione organica e il personale effettivamente in servizio.
Il giudice rimettente ritiene pertanto che un “equo contemperamento degli interessi in gioco” si realizzerebbe solo utilizzando esclusivamente l’istituto del trasferimento ai fini del ricongiungimento, oppure prevedendo la trasformazione del comando in trasferimento definitivo dopo un ragionevole lasso di tempo. Viene così giustifica la richiesta di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata, «nella parte in cui prevede il diritto, senza limite alcuno, del coniuge convivente del personale delle forze armate e di polizia, trasferiti d’autorità da una ad altra sede di servizio, che sia impiegato in una amministrazione pubblica ad essere impiegato per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina» per contrasto con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.

La Corte Costituzionale ha tuttavia escluso la sussistenza della prospettata violazione dell’art. 97 Cost. giacché l’istituto del ricongiungimento è diretto a rendere effettivo altro diritto di rango costituzionale (art. 29, secondo comma, Cost.) ovvero il «diritto all’unità della famiglia che si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare e costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana (sentenze n. 113 del 1998 e n. 28 del 1995) che, in mancanza di tale istituto, per il militare e la sua famiglia risulterebbe inevitabilmente compromesso a causa del particolare regime di mobilità che ne connota lo status.
Tale valore costituzionale può giustificare una parziale compressione delle esigenze di alcune amministrazioni (nella specie, quelle di volta in volta tenute a concedere il comando o distacco di propri dipendenti per consentirne il ricongiungimento con il coniuge), purché nell’ambito di un ragionevole bilanciamento dei diversi valori contrapposti, operato dal legislatore.
In particolare – osserva la corte – «se è vero che l’istituto del ricongiungimento sottrae un dipendente ad un’amministrazione, è vero altresì che esso attenua i disagi provocati dalla mobilità del dipendente di un’altra amministrazione», inoltre il comando o distacco non si assume a tempo indeterminato bensì è collegato al trasferimento d’autorità del coniuge e dura finché questo permane. «Deve ritenersi che la scelta del legislatore, costituendo un bilanciamento non irragionevole delle esigenze e degli interessi che vengono in rilievo, non si ponga in contrasto con l’art. 97 della Costituzione sotto il profilo del buon andamento».

Art.17 Legge 266/1999
Disposizioni concernenti il trasferimento del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia.

1. Il coniuge convivente del personale in servizio permanente delle Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale [di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224] nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, trasferiti d’autorità da una ad altra sede di servizio, che sia impiegato in una delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha diritto, all’atto del trasferimento o dell’elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato presso l’amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina.

Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Corte Costituzionale, 30 maggio 2008, n. 183

Disclaimer: Contenuti a scopo informativo e divulgativo che non sostituiscono il parere legale di un avvocato. Per una consulenza legale personalizzata contatta lo studio dell’avv. Gianluca Lanciano: Clicca e compila il form · WhatsApp 340.1462661 · Chiama 340.1462661 · Scrivi info@miolegale.it
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