Cassazione civile, sez. unite, 9 aprile 2008, n. 9166
La sanzione disciplinare della sospensione irrogata per fatti commessi dal praticante avvocato può essere scontata anche dopo l’iscrizione all’albo degli avvocati
La sentenza in esame affronta e risolve svariate questioni di diritto delle quali almeno due risultano meritevoli di essere poste in rilievo.
In prima battuta viene affrontato il problema degli effetti del patteggiamento della pena nel procedimento disciplinare.
In linea con numerose precedenti pronunce, la S.C. ribadisce come, a norma degli artt. 445 e 653 c.p.c., così come modificati dalla l. 27 marzo 2001, n. 97, le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti abbiano efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità – e quindi anche nei giudizi disciplinari a carico di avvocati (o di praticanti avvocati, come nella fattispecie) – relativamente all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato, sottoposto anche a procedimento disciplinare, lo ha commesso (Cass. sez. un. n. 13975/2004, 18290/2004, 4893/2004).
A tal proposito viene altresì precisato come alla disposizione del codice deontologico forense (art. 5) che fa salva ogni autonoma valutazione sul fatto commesso in caso di imputazioni per violazione della legge penale, alla luce dei principi sulla gerarchia delle fonti, non possa attribuirsi altra portata che quella relativa alla valutazione della rilevanza disciplinare del fatto reato, non potendosi prescindere dall’avvenuto accertamento del fatto medesimo in presenza di un giudicato penale.
La seconda delle due questioni attiene alla possibilità che la sanzione disciplinare della sospensione inflitta al praticante avvocato non abilitato al patrocinio, per la quale la legge precisa che “ha per effetto l’interruzione della pratica”, possa essere scontata anche successivamente ovvero in seguito all’iscrizione all’albo degli avvocati.
Nella fattispecie infatti il ricorrente, dopo la proposizione del ricorso ma prima della decisione di secondo grado, era stato cancellato dall’albo dei praticanti e iscritto all’albo degli avvocati. Questi lamenta pertanto la maggiore afflittività della sanzione della sospensione allo stato di fatto.
Sul punto la Suprema Corte così argomenta:
«L’ordinamento disciplinare relativo alla professione forense è unitario, come si desume sia dal rinvio dell’art. 58 del r.d. n. 37/1934 per la disciplina dei praticanti alla complessiva normativa disciplinare dettata per gli avvocati, sia dal fatto che il praticantato ha la funzione di assicurare la preparazione all’esercizio della professione forense. Ne consegue che la sanzione della sospensione applicabile ai praticanti non è una sanzione diversa dalla sospensione prevista per gli avvocati. La sanzione è la stessa e sorge solo l’esigenza di precisare che durante il praticantato essa trova attuazione come sospensione della pratica e dell’eventuale esercizio del patrocinio, come specifica il secondo comma dell’art. 58 cit. (secondo cui “La sospensione ha per effetto l’interruzione della pratica. Durante la sospensione il condannato è privato dell’esercizio del patrocinio”).
Ciò implica, da un lato, che la sanzione della sospensione dall’esercizio professionale irrogata per fatti commessi dal praticante e in costanza di praticantato, può essere scontata anche dopo l’iscrizione del professionista all’albo degli avvocati, e, dall’altro, che la conferma (con eventuale modifica alla misura) da parte del CNF della sanzione della sospensione irrogata dal COA non implica il riferimento a una sanzione di tipo diverso e più grave di quella irrogata nella fase amministrativa del procedimento disciplinare, anche se nel frattempo l’interessato è stato iscritto nell’albo degli avvocati».
Cassazione civile, sez. unite, 9 aprile 2008, n. 9166