Corte di Giustizia UE, 17 luglio 2008, C. 303-06
[…] La Corte ricorda che la Direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, definisce il principio della parità di trattamento come l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata, in particolare, sulla disabilità e si applica a tutte le persone per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione.
La direttiva contiene disposizioni volte a tener conto specificamente delle esigenze dei disabili, ciò non permette di concludere che il principio della parità di trattamento in essa sancito debba essere interpretato in senso restrittivo, vale a dire nel senso che esso vieterebbe soltanto le discriminazioni dirette fondate sulla disabilità e riguarderebbe esclusivamente le persone che siano esse stesse disabili. Secondo la Corte, la direttiva, diretta a combattere ogni forma di discriminazione, si applica non in relazione ad una determinata categoria di persone, bensì in base alla natura della discriminazione. Un’interpretazione che ne limiti l’applicazione alle sole persone che siano esse stesse disabili rischierebbe di privare la direttiva di una parte importante del suo effetto utile e di ridurre la tutela che essa dovrebbe garantire.
[…]
La Corte conclude dichiarando che la direttiva deve essere interpretata nel senso che il divieto di discriminazione diretta ivi previsto non è limitato alle sole persone disabili. Di conseguenza, qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore, che non sia esso stesso disabile, in modo meno favorevole rispetto ad un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità del figlio, al quale egli presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato nella direttiva.
Corte di Giustizia UE, 17 luglio 2008, C. 303-06