Medici ed esercenti la professione sanitaria, nel primo colloquio con il paziente, una volta acquisito il consenso al trattamento dei dati personali, devono raccogliere esclusivamente le informazioni sanitarie necessarie ad assicurare una corretta assistenza medica.
Le informazioni sulla sieropositività all’infezione da Hiv può essere raccolto dal medico, infatti, solo qualora sia ritenuto necessario in relazione all’intervento clinico da eseguire sul paziente e comunque con il suo consenso.
L’esigenza di raccogliere informazioni sull’Hiv fin dal momento dell’accettazione non può essere giustificata neanche dalla necessità di attivare specifiche misure di protezione per il contagio, poiché la normativa di settore prevede che tali misure siano adottate, nei confronti di ogni paziente, a prescindere dalla conoscenza dello stato di sieropositività.
Il Garante ha precisato, infine, che nel caso in cui il medico venga a conoscenza di un caso di Aids o di Hiv, oltre a rispettare specifici obblighi di segretezza e non discriminazione nei confronti del pazienze, ha l’obbligo di adottare ogni misura individuata dal Codice privacy per garantire la sicurezza dei dati sanitari.
Tanto ha stabilito il Garante privacy con un provvedimento generale in cui ha indicato i principi ai quali devono attenersi i medici nella raccolta di informazioni sulla sieropositività dopo aver affrontato il caso di uno studio dentistico che raccoglieva informazioni sull’Hiv mediante la distribuzione di un questionario al momento dell’accettazione dei pazienti. Allo studio è stato vietato l’uso dei dati raccolti.
Articolo tratto da: Garante per la Protezione dei dati personali