Quarant’anni fa, l’Italia aveva una dotazione complessiva di quasi 4mila km di autostrade, seconda solo alla Germania che ne aveva più di 6mila. Oggi il nostro Paese ha 6.600 km di autostrade, mentre la Germania ne ha quasi 13mila. In nove anni, pur rallentando molto gli investimenti, quest’ultima nazione ha costruito circa mille km di autostrade mentre noi solo 151.
E le ferrovie? Dei 16mila km di binario gestito dalla Rete ferroviaria italiana, solo mille sono ad alta velocità. E il Sud viaggia ancora in gran parte su monorotaia.
Quanto ai porti, poi, malgrado i quasi 800 attracchi, la situazione è paradossale: scarsi i collegamenti intermodali, latitanti le sinergie con le altre strutture, vincolati dalla vicinanza dei centri urbani e impossibilitati a crescere, quelli italiani “perdono” la sfida con i “grandi” del Nord. Intanto solo 3 delle 18 opere strategiche contenute nella Legge Obiettivo sono state realizzate, mentre la spesa per infrastrutture è in costante calo.
183mila km di strade
La rete stradale italiana (escludendo le strade comunali) ha una lunghezza di 183.705 km, dei quali il 4% sono autostrade, l’11% altre strade di interesse nazionale (Strade Statali) e l’86% strade regionali e provinciali.
La rete autostradale (6.630 km totali) ha una trama è molto fitta al Nord, soprattutto nella Pianura Padana. Man mano che si scende verso sud la maglia diventa sempre più rada e ci sono interi territori che non sono coperti, soprattutto nel Centro, dove ad esempio l’Umbria conta solo 59 km di autostrade su poco più di 5 mila km di rete complessiva.
Le strade statali (19.000 km) registrano una estensione nel Mezzogiorno doppia rispetto a quella degli altri territori. Il maggiore contributo è quello delle regioni peninsulari con oltre 51 mila km. Le rimanenti ripartizioni hanno un numero di km abbastanza simile tra loro.
In generale le strade regionali e provinciali superano l’80% in tutte le ripartizioni. Tuttavia, mentre Nord Ovest, Nord Est e Centro presentano una suddivisione della rete stradale nelle diverse classi piuttosto omogenea tra loro, nel Mezzogiorno vi sono intere regioni, come Sardegna, Basilicata o Molise, dove le autostrade sono completamente assenti o marginali.
Viabilità? Il Nord-Est paga pegno
Una indice del livello di isolamento di un’area è dato dal rapporto tra i km di rete stradale e superficie: più basso è il valore che si ricava, minore è il livello di accessibilità. In media l’Italia ha circa 61 km di strade ogni 100 kmq di territorio. Tuttavia, mentre il Centro ha la maggior dotazione di strade rispetto alla superficie (63,35 km per 100 kmq), il Nord Ovest la maggior densità di autostrade (3,27 km per 100 kmq) e quindi una accessibilità qualitativamente migliore e il Mezzogiorno un indice relativo alle altre strade di interesse nazionale (10,13 km per 100 kmq) che è quasi doppio di quello nazionale (6,40 km per 100 kmq), il Nord Est presenta il minore livello di accessibilità (52,98 km per 100 kmq), anche se l’indice della rete autostradale (2,39) è migliore di quello medio nazionale (2,20).
La rete soddisfa la domanda di viabilità? Il Nord è in sofferenza
L’indice di densità delle rete stradale rispetto alla popolazione calcola i km di strade disponibili ogni 10.000 abitanti. In Italia ci sono circa 30 km di strade ogni 10.000 abitanti. La miglior dotazione è quella del Mezzogiorno, con 37,15 km per 10.000 abitanti, seguito dal Centro con 31,14 km per 10.000 abitanti. Entrambe le ripartizioni del Nord mostrano invece una disponibilità di strade in rapporto alla popolazione inferiore alla media nazionale.
Il Nord-Ovest è intasato
Il rapporto tra estensione della rete e veicoli circolanti dà un ordine del livello di congestione delle strade. In questo caso più alto è il valore dell’indice minore è l’affollamento. La media italiana è di 45 km per 10.000 veicoli, con il Mezzogiorno che mostra il minore livello di congestione (59,90 km per 10.000 veicoli) ed il Nord Ovest che è nel complesso il territorio con i maggiori livelli di traffico (32,28). Il Nord Est presenta, invece, la migliore dotazione di autostrade rispetto ai veicoli circolanti (1,87), mentre il Centro ha la minor percentuale di autostrade in rapporto ai veicoli circolanti (1,32).
Criticità: lento l’ammodernamento, troppe ruote in circolazione
Dai dati precedenti, è facile ricavare le principali criticità che interessano la rete stradale:
•Manca un’idea di crescita economica che riconosca il ruolo fondamentale degli investimenti in infrastrutture, non solo stradali ma nel loro complesso di reti e nodi.
•L’ammodernamento della rete viaria è fermo da anni, soprattutto nel comparto autostradale. La Legge Obiettivo aveva programmato interventi mirati a sopperire a questo deficit attraverso la predisposizione di uno specifico piano. Ma spesso tali interventi sono rimasti fermi a causa della mancanza di fondi.
•E’ evidente l’utilizzo prevalente della modalità stradale per le persone e per le merci, con gravi fenomeni di congestione sulle arterie viarie: in Italia viaggia su strada il 91% delle merci interne, mentre i passeggeri si muovono nell’82% dei casi con mezzi privati.
16mila km di ferrovia
La rete gestita da Rete Ferroviaria Italiana ha una estensione di 16.701 km di cui circa 60 km all’estero. I km di linee complementari, che rappresentano la maglia di collegamento dei bacini regionali e connettono tra loro le direttrici principali, sono il 56% della rete e sono presenti prevalentemente nelle regioni del Mezzogiorno. Le linee fondamentali (caratterizzate da un’alta densità di traffico e da una elevata qualità dell’infrastruttura) interessano le direttrici per i collegamenti nord-sud e trasversali tra Tirreno e Adriatico. Le linee a doppio binario sono il 45% del totale e risultano elettrificate nella quasi totalità (7.431 km). Le linee a trazione diesel sono tutte a binario singolo. Il Mezzogiorno ha la maggiore estensione di ferrovie (5.730 km), ma anche il maggior numero di km a binario singolo (pressappoco i 2/3) e circa il 41% della rete complessiva non è elettrificata. A seguire si incontra il Nord Ovest con 4.154 km. La ripartizione che presenta il maggior numero di km elettrificati è il Nord Est con l’80%, mentre il Centro è l’area che ha la rete a doppio binario più estesa (2.016 km pari al 58% della rete complessiva della ripartizione). In Italia, solo 8 regioni superano i 1.000 km di rete (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia). Le altre, invece, hanno una dotazione inferiore o uguale a 500 km (ad eccezione di Puglia e Calabria che sono intorno agli 800 km). Le differenze non sono quindi solo di tipo quantitativo, ma soprattutto di tipo qualitativo a seconda del numero di binari e del tipo di trazione.
Mentre la densità della rete rispetto alla superficie territoriale mostra un certo equilibrio nelle diverse macroripartizioni, in rapporto alla popolazione la variabilità, soprattutto qualitativa, è maggiore. In Italia ci sono 2,76 km di linee ferroviarie ogni 10.000 abitanti. Il valore più alto è quello del Centro (2,91 km di linee ogni 10.000 abitanti), dove, tra l’altro, vi è il più alto numero di km a doppio binario disponibili (1,70 km/10.000 ab.). Il Mezzogiorno presenta un indice complessivo in linea con il dato medio nazionale (2,74 rispetto a 2,76), ma risente del basso livello di infrastrutturazione che caratterizza alcune regioni, dal momento che offre meno di 1 km di linee a doppio binario ogni 10.000 abitanti e, in controtendenza rispetto alle altre aree, ha l’indice di disponibilità di km di binario singolo non elettrificato più elevato in assoluto.
1.000 km a 300 all’ora
La rete AV/bC si estende per circa 1000 km. Il progetto ha comportato la costruzione di 661 km di nuove linee e l’ammodernamento della “direttissima” Roma – Firenze (254 km). Attraversa 6 regioni e un territorio in cui vive e lavora oltre il 65% della popolazione.
Le criticità: rete disomogenea e di bassa qualità
Tra le principali criticità della rete ferroviaria italiana figurano:
•la distribuzione non capillare sul territorio;
•in molte zone del Paese il servizio poggia su reti non elettrificate e a binario unico;
•nel trasporto regionale l’utenza lamenta l’utilizzo di materiale scadente, vetusto e poco confortevole, perenni ritardi con grandi incertezze sui tempi di arrivo.
•la liberalizzazione nel nostro Paese si è dimostrata poco efficace per le modalità con cui è stata attuata. Da parte di molti operatori si lamenta la presenza di forti barriere all’entrata, imposte dal gestore della rete, a favore di Trenitalia;
•per quanto riguarda le merci, si continua a registrare da parte dello Stato una prevalenza di investimenti nel settore dell’autotrasporto. Secondo le statistiche Eurostat sulla rete italiana viaggia solo l’11% delle merci.
800 approdi marini, ma Genova, primo porto italiano nella classifica Ue, è decima
Lungo le coste della penisola ci sono 534 strutture tra porti commerciali e turistici, alle quali vanno aggiunte altre strutture utilizzate come ormeggi privati o di emergenza che portano il totale a circa 800. Negli ultimi anni si è registrata una crescita consistente del numero dei porti da attribuire principalmente all’aumento di strutture dedicate al diporto nautico. Il versante tirrenico è quello dove sono presenti il maggior numero di porti con circa 350 strutture. La ripartizione che offre una migliore dotazione è il Mezzogiorno con 285 porti, mentre se ne contano 165 al Nord e 84 al Centro. Ciò che varia è la tipologia di infrastrutture. Infatti al Meridione si trovano principalmente porti polifunzionali, specializzati nella offerta di più servizi che vanno da quelli commerciali per le merci ed i passeggeri a quelli turistici. Al Nord, invece, si trova un maggior numero di porti specializzati per il traffico da diporto (Marine).
I maggiori scali capolinea di attività commerciali presenti sul territorio nazionale, complessivamente hanno una dotazione di 1.674 accosti, per un’estensione totale di circa 375 km, dedicati alle diverse tipologie di traffico. La maggior parte degli accosti offre servizi per i passeggeri (383) e i movimenti RO/RO (275, utilizzano navi sulle quali è possibile imbarcare camion o autoveicoli, con o senza servizio passeggeri) e per le merci in colli (245) e sono dotati di binari ferroviari. Tuttavia solo un terzo di questi è collegato direttamente alla rete ferroviaria nazionale.
Viaggi e trasporti via mare: le difficoltà su cui intervenire
I principali problemi che interessano il trasporto via mare riguardano:
•Storicamente la maggior parte degli scali si è sviluppata inglobata nel tessuto urbano delle città, cosa che ha impedito (e impedisce) l’espansione nell’entroterra.
•Sono poche le attività logistiche a valore aggiunto, contrariamente a quanto avviene nei maggiori porti europei (Rotterdam, Amburgo, Barcellona).
•Scarsi collegamenti con le altre modalità di trasporto.
•Modeste sinergie con altre infrastrutture di nodo: ciascuna infrastruttura continua ad operare in maniera isolata e spesso in concorrenza con altre con le quali sarebbe proficuo creare delle integrazioni.
•La concorrenza dei porti atlantici. Tra i primi 10 porti europei per tonnellate di merci movimentate solo 4 si affacciano sul Mediterraneo (Marsiglia, Algeciras, Valencia, Genova, che è decima).
37 gli scali aeroportuali operativi
Il sistema aeroportuale italiano si basa su 37 scali operativi distribuiti in tutte le macro ripartizioni territoriali. Il maggior numero di scali si trova nelle regioni del Mezzogiorno con 14 aeroporti (38%).
Sull’Italia volano complessivamente 210 compagnie aeree tra compagnie di bandiera, compagnie europee, low cost e vettori charter.
Le compagnie di bandiera extraeuropee operano tutte su Roma Fiumicino ed in alcuni casi anche su Malpensa. L’insediamento dei vettori low cost in molti scali secondari a seguito di accordi con le società di gestione degli aeroporti e con gli enti locali ha determinato una organizzazione del settore che è ben lontana da un modello hub&spoke, concentrato sui due poli principali di Roma e Milano. Al contrario, i servizi nazionali danno vita ad una vera e propria ragnatela di collegamenti. Le strategie dei gestori aeroportuali e delle istituzioni del territorio per rendere le diverse destinazioni (turistiche, culturali, congressuali, di business) facilmente accessibili ed attraenti, si intrecciano dunque con gli interessi ed il tipo di offerta di trasporto rappresentato dalle compagnie low cost.
Competere in uno scenario caratterizzato dalla presenza dominante delle compagnie low cost significa:
•sviluppare con loro accordi di co-marketing e commerciali;
•programmare, realizzare, valorizzare e promuovere i canali di transfer dagli aeroporti;
•considerare nella programmazione dei transfer la necessità di coordinarli con i voli in provenienza dai principali bacini di interesse di ciascun territorio;
•investire negli aeroporti leader di mercato per ogni bacino di utenza;
•posizionare l’organizzazione di ciascun aeroporto sul trasporto low cost;
•sviluppare proposte turistiche in linea con le strategie delle low cost.
Le infrastrutture strategiche: finanziamenti al palo
Il Programma delle Infrastrutture Strategiche ha consentito di programmare molte opere già contenute nella Legge obiettivo. Il valore complessivo del Programma è pari a 231 miliardi di euro. Ad oggi, però, sono completate, appaltate e/o cantierate opere per 62 miliardi di euro e sono in corso di appalto opere per circa 6 miliardi di euro. Infine, sono in atto investimenti per 68 miliardi di euro.
L’Italia, anche se interessata dalla realizzazione di quattro dei progetti prioritari della rete trans-europea di trasporto (TEN-T), presenta uno stato di attuazione molto basso. I ritardi registrati si spiegano in parte con la mancanza di risorse finanziarie per la realizzazione delle opere di interesse strategico europeo. Per completare, a partire dal 2008, la realizzazione dei progetti prioritari, il fabbisogno è stimato in più di 60 miliardi di euro. Una parte di questo fabbisogno, pari a 10 miliardi di euro, deve essere coperta con fondi nazionali per permettere di realizzare le opere previste nel periodo 2008-2013, ma finora sono stati resi disponibili soltanto 7 miliardi di euro. E dopo il 2014, saranno necessari circa 50 miliardi di euro per il completamento delle infrastrutture ferroviarie di interesse europeo.
L’Italia, anche se interessata dalla realizzazione di quattro dei progetti prioritari della rete trans-europea di trasporto (TEN-T), presenta uno stato di attuazione molto basso. I ritardi registrati si spiegano in parte con la mancanza di risorse finanziarie per la realizzazione delle opere di interesse strategico europeo. Per completare, a partire dal 2008, la realizzazione dei progetti prioritari, il fabbisogno è stimato in più di 60 miliardi di euro. Una parte di questo fabbisogno, pari a 10 miliardi di euro, deve essere coperta con fondi nazionali per permettere di realizzare le opere previste nel periodo 2008-2013, ma finora sono stati resi disponibili soltanto 7 miliardi di euro. E dopo il 2014, saranno necessari circa 50 miliardi di euro per il completamento delle infrastrutture ferroviarie di interesse europeo.
Articolo tratto da: Unioncamere - Camere di commercio d’Italia