Dati diversi, diffusi da fonti autorevoli ci descrivono un quadro di precarietà economica e finanziaria che colpisce la piccola impresa e le famiglie. La Banca d’Italia in un recente studio ha quantificato in tre milioni le famiglie a cui è negato l’accesso al credito.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat, alla fine del 2006, il 4,2 per cento delle famiglie dichiara di non aver avuto denaro per comprare il cibo,il 10,4 per cento per pagare spese mediche, il 7,0 per cento per il trasporto, l’11,7 per cento per le tasse e il 16,8 per cento per l’acquisto di vestiti.
Le situazioni di difficoltà riguardano anche l’essersi trovati almeno una volta in arretrato con il pagamento dei debiti contratti per l’acquisto di mobili o altri beni a rate (13,1 per cento).
Il 9,4 per cento delle famiglie, inoltre, dichiara di essere rimasto indietro con il pagamento delle bollette di gas, luce e telefono e il 3,7 per cento con l’affitto mensile o il mutuo.
Le difficoltà sono particolarmente rilevanti per le famiglie del Mezzogiorno.
Secondo i dirigenti dei Consorzi fidi aumentano le richieste di credito d’esercizio a fronte di quelli per investimenti a segnalare una difficoltà delle piccole imprese a far quadrare i conti. Si segnala con sempre maggiore frequenza, una situazione di forte disagio che coinvolge imprese e persone una volta ritenute immuni da rischi.
Oggi, di fronte l’accentuarsi della crisi economica e finanziaria, alla perdita di redditività delle micro-piccole imprese, al crescere dell’indebitamento l’usura si è insinuata tra tutti gli strati sociali della popolazione rendendo particolarmente rischiosa l’attività della piccola impresa commerciale al dettaglio, dell’artigianato di vicinato, dei ceti più poveri, ma anche di quei soggetti sociali una volta ritenuti immuni da questa piaga.
Nell’arco di dieci anni, la criminalità che aveva una presenza marginale nel mercato usuraio, ha acquisito amplissime quote e sempre più numerosi sono i clan e le cosche che compaiono nelle cronache giudiziarie. Il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è sensibilmente aumentato in questi ultimi anni.
Ciò che è più preoccupante è che in molti casi il debito usuraio è stato contratto con associazioni per delinquere di tipo mafioso che svolgono precipua attività all’usura.
La ricerca del CNEL evidenzia come siano i commercianti a pagare il tributo più alto all’usura.
Una situazione che si è aggravata ulteriormente nell’ultimo periodo a causa della crisi che ha colpito il commercio al minuto e che ha condannato dal 2000 alla fine dello scorso anno 357.000 attività commerciali alla chiusura.
Passando ad una dimensione territoriale in Campania, Lazio e Sicilia si concentra un terzo dei commercianti coinvolti. Non va sottovalutata però il fatto che in rapporto al numero degli esercizi presenti è la Calabria con il più alto indice di rischio usura. La Campania detiene il record degli importi protestati (736.085.901 euro) seguita dalla Lombardia e dal Lazio. Il Lazio è invece in testa alla classifica per numero dei protesti lavati. Lo stesso Lazio (5,34%), la Campania (4,46%) e la Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto numero di protesti in rapporto alla popolazione residente. Napoli è la città nella quale lo scorso anno si sono registrati più fallimenti (7,2%) che rappresenta il 15% del totale nazionale. Tutti sintomi di una fragilità e debolezza che colpisce innanzitutto l’impresa minore.
Pescara, Messina, Siracusa, Catanzaro, Vibo Valentia sono le città in cui maggiore indice di “rischio usura” aggravata dalla pericolosità delle reti usuraie presenti. Infine la ricerca specifica meglio chi sono le vittime e gli strozzini ed è interessante conoscere che entrambi condividono lo stesso ambiente lavorativo, sociale ed hanno identici valori, mentre l’usura diviene sempre più un reato associativo sempre più professionalizzato.
Alla luce delle rilevazioni dalla ricerca emerge che la Legge antiusura (108/96) a più di 10 anni dalla sua promulgazione necessita di una profonda rivisitazione, per colpire maggiormente sul lato patrimoniale gli usurai e favorire il reinserimento sociale delle vittime; ciò anche per rendere la denuncia “più conveniente” ed invertire la tendenza di non-fiducia ormai in atto tra le vittime di questo odioso reato.
Articolo tratto da: CNEL Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro