Cassazione civile, sez. V tributaria, 25 febbraio 2009, n. 4502
A norma dell’articolo 22 del DPR 633/1972 – Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, devono essere conservate ordinatamente, per ciascun affare, gli originali delle fatture ricevute oltre che delle lettere, e dei telegrammi nonché le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture emesse.
La succitata norma ha carattere speciale rispetto al regime ordinario della prova documentale dettato dal codice civile, che equipara la copia all’originale se non ci sia espressa contestazione sulla conformità (art. 2712 c.c.).
Se pure è ammessa la trasmissione per via elettronica (fax o email) della documentazione fiscale, il fax o la mail vanno stampati direttamente dal loro supporto elettronico e così conservati, non avendo la loro successiva copia fotostatica eguale valore probatorio.
Se è vero che il documento che incorpora la fattura trasmessa a mezzo fax è sostanzialmente una copia dell’originale, è altrettanto vero che l’originale del fax offre maggiori garanzie perché non può esser frutto di un fotomontaggio, almeno da parte del ricevente.
Non solo, il legislatore ha peraltro imposto l’obbligo di conservare il supporto elettronico fino al momento della stampa, proprio per evitare il rischio di manipolazioni (a monte come a valle), insito in ogni riproduzione meccanografica non confrontabile con l’originale.
Ne deriva che il contribuente che produca la copia fotostatica di un documento fiscale, seppure originariamente ricevuto a mezzo fax, che non risulti smarrito o distrutto per cause allo stesso non imputabili, non solo produce un documento che non ha lo stesso valore probatorio della stampa originale, ma anzi si presenta come una documentazione sospetta.
Cassazione civile, sez. V tributaria, 25 febbraio 2009, n. 4502